Uno sviluppo bioniano in psicoterapia infantile: il "Gioco-Rappresentazione"
Elena Bonassi
Introduzione
Chi ha esperienza di bambini quasi sicuramente nel suo lavoro ne ha incontrati alcuni che presentano difficoltà ad apprendere, anche gravi, le quali non originano da un danno cerebrale e che non hanno, apparentemente, alcuna causa chiaramente identificabile e comprensibile.
La teoria circa le origini del pensiero elaborata da Bion ha ampliato grandemente la comprensione di questi problemi per i quali ha offerto una chiave di lettura psicogenetica e psicodinamica molto preziosa.
Come è noto secondo questa teoria loperare trasformativo della "funzione alfa" rende possibile lo sviluppo sia dei pensieri che dei sentimenti e delle emozioni a partire dagli elementi beta che sono una "materia" non ancora utilizzabile per le operazioni di pensiero.
Usando una metafora tratta dalla chimica si potrebbe dire che gli elementi beta sono come il petrolio "greggio e spesso" e che gli elementi alfa sono come la benzina, divenuta un liquido volatile, trasparente e adatto a far funzionare il motore senza rovinarlo.
Questa trasformazione può avvenire utilmente e senza danni solo in un laboratorio dotato dellattrezzatura e delle caratteristiche necessarie. Nello sviluppo umano il primo "laboratorio dei pensieri" è la mente della madre, giacché la mente nascente del bambino non ha ancora le caratteristiche necessarie per poter contenere lincandescenza e la forza dirompente del mondo protoemozionale primitivo.
Se, per qualche motivo, la funzione alfa della mente materna è gravemente carente, una delle possibili conseguenze è la psicosi, che potremmo vedere come unesplosione dellofficina dei pensieri, unaltra è la "stupidità" che potremmo vedere come la conseguenza di un arresto di tutti i lavori dellofficina, compresa la costruzione della stessa officina.
Il questa situazione direi che oltre a non essere possibile lo sviluppo dei pensieri, neppure è possibile lo sviluppo di una mente che li pensi.
Si dice, dei bambini che si trovano in questa situazione, che sono "addormentati" ed in effetti , come la bella nella favola, aspettano, senza saperlo, e purtroppo spesso invano, di essere svegliati.
Il loro risveglio dipende dal verificarsi di incontri interpersonali, uno tra i quali è la psicoterapia in cui possano avvenire gli sviluppi e le trasformazioni necessari.
Si dice che lo strumento elettivo della trasformazione è la particolare attitudine della mente che definiamo funzione alfa. Ma quali sono i fattori di cui si compone ed attraverso i quali opera la "funzione alfa"?
Vorrei portare un piccolo contributo in questo ambito attraverso la riflessione sul lavoro psicoterapeutico da me svolto con un bambino pseudoinsufficiente mentale.
(Materiale clinico omesso)
Discussione
Dunque possiamo chiederci che cosa ha funzionato. Penso che nelle "rappresentazioni viventi" la mia mente è il mio corpo abbiano funzionato come uno spazio dove emozioni troppo "crude" potevano essere "cucinate" e diventare "digeribili".
I piccoli koala non sanno ancora digerire le foglie delleucaliptus: le mamme koala le masticano, le predigeriscono con la saliva e le danno al piccolo che, così le può mangiare.
Assistere alla rappresentazione dei sentimenti è stato per Roberto come assaggiare un cibo reso più digeribile dal fatto di vedere che i loro effetti non sono davvero devastanti.
È necessaria la trasformazione del contenuto, ma è altrettanto necessaria la costruzione di un contenitore, cioè di una struttura mentale, di una "forma mentis" capace di contenere i pensieri.
Penso che nelle rappresentazioni Roberto abbia potuto riceverne gli effetti: la sensazione del contenimento e della comprensione associata al vedere come si fa a "capire" (capire deriva dal latino capere e vuol dire tenere dentro).
Forse è importante poter "vedere" prima ancora che "sentire" come sono fatte le emozioni e quali effetti producono sulle persone.
Penso anche che la mia mente e il mio corpo abbiano funzionato come unincubatrice che ha permesso lo sviluppo, in un luogo protetto, di un potenziale emotivo ancora informe e non sperimentato da Roberto.
Egli lo proiettava in me, come potrebbe fare un proiettore cinematografico che manca di una buona messa a fuoco e manda immagini senza contorno, di forma indefinita, di colore incerto e quindi non comprensibili.
Rappresentare unemozione dentro i confini di un corpo, con i mezzi espressivi propri e specifici di una particolare persona è mettere a fuoco limmagine. La messa a fuoco è unoperazione indispensabile per vedere.
Roberto guardava scorrere il film della sua vita (e quella delle altre persone) come se fosse una pellicola sfocata senza capirla, senza poter conoscere il significato delle storie di cui era linconsapevole ed attonito protagonista. Vedere è, assieme al respirare, una delle prime attività che il bambino compie appena nasce, ma è attraverso gli occhi della mente della madre che egli può incominciare a mettere a fuoco il proprio mondo emozionale. Ciò gli consentirà più tardi, di veder chiaro in sé stesso, nei propri sentimenti e di condividere quelli degli altri.
Credo che il processo di significazione primaria, sul quale si fonda la salute della mente umana, non possa prescindere dalla funzione del "mettere a fuoco".
Ripenso allintensità e al modo con cui Roberto mi guardava, proprio come qualcuno che mette a fuoco le immagini e poi può capire di che cosa si tratta, e al commento del Dott. Ferro (che è stato il supervisore del mio lavoro e che mi ha dato un aiuto preziosissimo) a cui Roberto pareva un apprendista pittore che va "a bottega", come si usava fare, per imparare a dipingere.
Invero una persona arrabbiata, triste o felice è come un quadro vivente da guardare, è una rappresentazione complessa, piena di sfumature e particolari da osservare per imparare, e lapprendimento del bambino, come Bion ci ha insegnato, non riguarda solo lo sviluppo cognitivo.
Unultima considerazione concerne il rapporto tra "contenitore" e "contenuto". Contenuti "forti" possono danneggiare la mente se questa è un contenitore fragile: vedere emozioni violente contenute da altri senza danni irreparabili offre unimmagine di relazione L +K possibile, come sono possibili, in un laboratorio ben attrezzato, reazioni chimiche anche pericolose o esplosive. Forse è così che Roberto ha sperimentato che poteva arrabbiarsi senza "scoppiare".
Credo che il mio lavoro con Roberto, senza che ciò corrispondesse ad una scelta teorica precostituita, abbia finita per essere un lavoro centrato più sul "contenitore" che sui "contenuti", più sul come poter arrivare a pensare i pensieri che sui pensieri stessi.
Di fatto mi sembra che nel rapporto terapeutico avvengano trasformazioni che riguardano i contenuti (come la trasformazione beta-alfa) ma anche ci sia una trasformazione, che in qualche caso è quasi una costruzione "ex-novo" dellimmagine del contenitore, grazie alla quale un contenuto può diventare contenibile ed un pensiero pensabile.
Vorrei dire: "conosci te stesso", ma anche "conosci ciò con cui conosci"
Bibliografia
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