Il concetto di rovesciamento della prospettiva: un esempio clinico

Annalisa Ferretti

Intendo collegare la mia esperienza con Luca, un bambino autistico di dieci anni che ho avuto in analisi per cinque anni,con la concettualizzazione bioniana del rovesciamento della prospettiva, per tentare di comprendere il nodo relazionale che blocca sial’analisi che la sua crescita; ho cercato di collegare questa idea con quella di organizzazione patologica e ho formulato alcune ipotesi circa la natura dell’identificazione proiettiva che potrebbe essere in gioco in questo tipo di condizione clinicae di relazione analitica.

L’analisi, condotta con cinque sedute alla settimana,ha portato cambiamenti rilevanti nella vita di Luca: a scuola impara e ha ottimi risultati; a casa, ascolta e accede ad alcune richieste dei genitori, che a loro volta sono aiutati dal fattodi avere più contatto con lui attraverso la comunicazione guidata introdotta dalla maestra. La vita della famiglia è più normale e aperta, possono andare insieme in vacanza,al ristorante o in visita agli amici. Luca, se guidato e accompagnato,va a ginnastica, in piscina e a cavallo, guarda la televisione, fa i compiti, gioca a calcio con il papà . Tuttavia l’autismo continua a dominare i suoi rapporti col mondo e con se stesso.

Nei primi anni dell’analisi avevo in mente soprattuttol’idea di rappresentare per Luca un oggetto che non tiene il bambino, da cui a sua volta il bambino si tiene lontano nel terrore di risperimentare carenze di base delle funzioni primarie dell’oggetto. Il riferimento teorico era principalmente l’elaborazione sull’autismo sviluppata da FrancesTustin (1975), la quale lo concepisce come un fallimento dello sviluppo legato a un corrispondente fallimento nella funzione dell’oggetto di tenere il bambino, che ha portato quest’ultimo a sperimentare una separazione così precoce da diventare perdita non solo dell’oggetto ma anche di parti e aspetti basilari del sé : sul piano clinico, il "bottone andato" del paziente della Tustin, o la "rete con un buco" del paziente di Ann Alvarez (1993) mi sembravano non lontani dall’angoscioso "via giù " che per moltissimo tempo è stata l’unica espressione di Luca.

Tuttavia, gradualmente mi sono accorta che ogni progresso era seguito da un movimento all’indietro di tale violenza, che ho cominciato a cercare di comprendere la dinamica di una reazione terapeutica negativa così marcata. Ho utilizzato il concetto di Bion di rovesciamento della prospettiva immaginandolo clinicamente come una relazione primaria dominata dal non capire, (per usare il linguaggio di Bion: un relazione-, in cui il legame è -K), in cui c’è una mamma che non capisce il bambino; quello che sente il bambino, è un oggetto che respinge attivamente le sue proiezioni; respingendolo lo schiaccia verso l’annullamento della sua esperienza,e nega la sua esistenza.

Si può immaginare come, se questo stato di cose tra mamma e bambino non viene modificato da un aiuto o da un supporto esterno (il papà , i nonni, il pediatra, il neuropsichiatra, ecc), l’unica via di scampo per il bambino sia quella che Anna Freud ha chiamato l’identificazione con l’aggressore.Il bambino può cioè essere spinto ad assumere il punto di vista dell’oggetto che lo respinge, e respingere a sua volta il bambino.

Bion parla di una possibile funzione -, in cui il rapporto tra i due termini non genera sviluppo e crescita, ma al contrario produce progressiva spoliazione, e un effetto di reciproco depauperamento di ciascuna componente sull’altra; analogamente, viene postulata l’esistenza di una funzione -Ps--D, una Ps--Drovesciata, che porta a cicli di disintegrazione progressiva fino a creare condizioni cliniche di stupor: il tipo di relazione primaria messa in atto nell’analisi da Luca sembra poter essere concepito in questi termini, mentre quello che ho chiamato il trionfo dell’autismo, il trionfo della frammentazione del fraintendimento, produce stati clinici che sembrano collegabili alle condizioni di stupor di cui parla Bion

Il riferimento alla prospettiva reversibile enunciatada Bion può gettare un po’ di luce su una questione fondamentale e altrimenti misteriosa: come è possibile unapprendere così irrilevante per lo sviluppo emotivo e relazionale,per la crescita umana? Le teorie sulla nascita e lo sviluppo del simbolo, e quindi del linguaggio, non riescono a rendere conto di questa scissione, che è invece citata spesso come una caratteristica della condizione autistica (gli idiots savants per esempio).

Bion dice che "la capacità da parte del paziente di apprendere ma non di usare le teorie analitiche sta nel non far corrispondere alle preconcezioni realizzazioni chesi avvicinino ad esse.. l’elemento non saturo rimane nonsaturo..": Luca scrive perchè coltiva l’illusione onnipotente che non è lui a scrivere, ma non può usareil linguaggio perchè l’atto di parlare lega insieme corpo e mente, nei termini di Bion "fa corrispondere" pensiero parola e suono in una integrazione intollerabile per il distacco dalla propria realtà necessario a Luca.

Il rovesciamento della prospettiva (o prospettiva reversibile)può quindi essere pensato come una forma di identificazione proiettiva che identifica il sè con l’oggetto che lo nega. Forse la struttura indicata come "guscio" dalla Tustin (1975) descrive con un’ immagine vivida eprecisa proprio questa stratificazione pietrificata di un Sè appiattito per estrema difesa sotto un oggetto che lo annienta: sotto, perchè la struttura guscio è tenuta dinamicamente insieme anche dalla sottomissione masochistica all’oggetto che annienta, e dall’identificazione sadica con esso, evidente per esempio nella masturbazione, in cui si direbbe che Luca si unisca nella fantasia ad una sorta di crudele uccisione del bambino in un clima di orgia sadomasochistica.

Questa struttura delle relazioni primarie sembra dotata di grande coesione e resistenza al cambiamento; e appare capace di costituire un tipo di organizzazione patologica estrema, dominata da un sistema di relazioni narcisistiche onnipotenti e tenuta in piedi da un sistema di difese particolarmente rigide e non adattive, che escludono il bambino dal contatto e lo chiudono in un "rifugio della mente" (Steiner, 1996)in cui tutto è permesso, che diventa purtroppo una trappola mortale.

In quest’ottica, la relazione di base è con un oggetto narcisistico, cioè non separato dal sè , originariamente inadeguato, o insufficiente o deludente, sul quale è stata proiettata tutta la distruttività , fino a renderlo un oggetto interamente dominato e controllato dalle proiezioni che contiene e radicalmente cattivo.

Dal punto di vista della realtà esterna di Luca, certamenteci sono stati fallimenti nelle funzioni dei suoi oggetti, ma il problema è l’uso difensivo che il bambino ne ha fatto e ne fa per chiudersi dentro una organizzazione così gravemente patologica che esclude il contatto con altri aspetti,non fallimentari, dei suoi oggetti; anche il contatto con me,che in qualche modo ha nel corso degli anni un suo sviluppo, resta però bloccato in un aspetto fondamentale: Luca continua a non fare uso del linguaggio, non parla, e questo continua a significare che non siamo separati, e che io non ho la possibilità di essere diversa dall’oggetto che non vuole sentire la voce di Luca e che rifiuta la sua esistenza. E questo non è solo espresso, è continuamente agito, e reitera giorno dopo giorno il rifiuto del bambino. Il legame con questo oggetto inchiodato al suo fallimento è un legame -K, nei termini di Bion: tra un oggetto che non capisce e non riconosce il bambino e la sua esistenza, o meglio, che non vuole riconoscerli; e un bambino che sopraffatto da un terrore mortale, per sopravvivere, ha svuotato il suo sè , e ha rovesciato la prospettiva, identificandosi con l’oggetto che lo nega, assumendo e facendo propria la negazione della propria esistenza: questo dà luogo a un’ identificazione proiettiva negativa o a rovescio, e a una relazione-. E’ un legame de-generatore di significato e di pensieri;in termini figurati, il buco nero del paziente della Tustin (1975),il pozzo senza fondo del paziente di Ann Alvarez (1993) ; il bambino assume la prospettiva dell’oggetto che annulla, aderendoad essa: "Tu non vedi, non senti, non riconosci nessun bambino? Io allora nego di essere un bambino, qui non c’è nessun bambino, questo non è un bambino": la condizione autistica di Luca è una negazione della suaesistenza emotiva e personale. In questo modo tutta l’angoscia viene evitata, e questa struttura in cui una forma estrema di identificazione proiettiva porta ad uno svuotamento del sè finisce per costituire un rifugio, perchè offre la possibilità di evitare il confronto con qualsiasi realtà spiacevole o frustrante abolendo il sè , il soggetto.

Il problema dal punto di vista dello sviluppo è che ognidifficoltà viene affrontata con lo stesso sistema assolutoe viene a mancare la possibilità di differenziare le normali frustrazioni della vita quotidiana dall’esperienza dell’oggetto che annulla il bambino. Il rovesciamento della prospettiva, permette però di coltivare in cambio l’illusione di essere dotato del potere di cancellare o sospendere la vita. Questa illusione funziona anche al contrario, come fantasia, condivisa da Luca e dai suoi genitori, di un risveglio improvviso, di una trasformazione istantanea e repentina, come il rospo della favola che diventa principe, come Pinocchio che diventa bambino. E questa fantasia che presenta la guarigione sempre possibile e a portata di mano, magica e perfetta, sempre rimandabile e sempre rimandata,gioca contro la penosa gradualità dei lentissimi progressi che Luca è in grado di fare.

I legami all’interno della struttura patologica sono-K, -L e -H, non capire, non amare, non odiare: non entrare in relazioni affettive e significative nè col mondo nè con se stessi; questo è attuato conservando la relazione conun oggetto che fraintende e nega l’esistenza del bambino,che a sua volta fraintende sistematicamente l’oggetto,e spoglia di significato ogni gesto, ogni attività . Secondo me l’insistenza sul versante concreto e corporeo dell’esperienza ha a che fare con questa spoliazione del significato emotivo e mentale delle relazioni e del mondo. L’aderire all’oggetto che annienta diventa lo strumento mentale per togliere significato all’esperienza, ridotta al solo aspetto corporeo: è il contesto che da senso ed è il contesto che viene costantemente cancellato. In termini relazionali, potrebbe corrispondere a "tu mi tratti come una cosa, io divento una cosa".

Le sedute sono state, e sono tuttora, dominate dal fatto che Luca comunica quasi solo attraverso l’azione, il comportamento,la postura: è un linguaggio interamente agito, che quasi mai ha accesso alla rappresentazione simbolica. Questo ha molte conseguenze,la piùsemplice e evidente è la mia partecipazione alla messa in atto di una relazione narcisistica tra oggetti parziali che nega il nostro essere due e diversi, e ci comprende entrambi in una sola entità : lui agisce e io parlo, lui è il corpoe io la mente.

La possibilità di lavorare con un bambino che non usa quasi mai la comunicazione verbale, nè quella simbolica del gioco, ma prevalentemente quella agita della messa in atto, si basa sull’esplorazione di questa via di comunicazione che Betty Joseph ha portato avanti a partire dal 1975, quando è uscito il suo primo lavoro su questo tema. La comunicazione attraverso l’agito, al centro dell’ interesse degli autori postkleiniani degli ultimi anni, implica che nella relazione transfert-controtransfert vengano non solo rappresentate ma anche messe in atto concretamente le relazioni primarie con gli oggetti del mondo interno, grazie all’identificazione proiettiva. Per questa via, contenuti mentali, parti del sè e degli oggetti sono direttamente trasmessi dentro il vissuto dell’analista, che li trova al proprio interno, come sentimenti ed esperienze proprie. Osservandosi con cura, l’analista può avere informazioni su questo livello di comunicazione sotterranea col paziente. Questo lavoro di esame e riflessione sul proprio controtransfert, quando ha successo,permette di uscire dal ciclo della ripetizione di schemi relazionali arcaici e offre possibilità nuove.

(Materiale clinico omesso qui)

 

Conclusioni provvisorie.

Questo è il nostro punto di arrivo attuale: ma sono passati quattro anni e mezzo, Luca ha dieci anni e il suo sviluppo è spaventosamente lento: non ha ancora accettato l’educazione alla pulizia, non usa il linguaggio parlato, non gioca,non comunica spontaneamente; tutte le attività che riesce a fare sono in qualche modo guidate, come la scrittura; lasciato a se stesso, torna a immergersi nei fili strappati.

Forse l’ aiuto che posso offrire a questo bambino è cercare di raccogliere i messaggi nella bottiglia dal mondo in cui vive; posso inviargliene a mia volta, e questo forse l’ha aiutato a gettare un ponte di comunicazione su cui possono ora avvenire un po’ di scambi. Posso contare sulla speranza che le occasioni in cui si sente capito configurino lentamente un cambiamento nella sua relazione primaria con il suo oggetto.Ma ho spesso la sensazione che la sua difesa autistica - il rovesciamentodella prospettiva - in cui io torno ad essere l’oggetto che lo annienta, e a cui lui aderisce con gusto sadomasochistico,riduca e limiti quel poco di spazio potenziale necessario perchè la nostra relazione possa esistere.

Torniamo così all avviluppamento mortale di Luca e delsuo oggetto, in cui noi non abbiamo in realtà una relazione,ma un agito comune: il semplice fatto che io continui a parlare mentre lui resta in silenzio, rappresenta la mia partecipazione alla messa in atto di una fantasia in cui lui e io siamo una cosa sola, un oggetto narcisistico onnipotente a cui non si può che aderire, totalmente e senza residui; poco importa se divolta in volta è Luca il tiranno e io l’umile arredo,o viceversa; è un equilibrio che può oscillare e rovesciarsi senza mai cambiare configurazione. E penso sempre di piùche Luca per comunicare con me non usi la scrittura per non rinunciarea questo agito comune, in cui lui è il corpo e io la mente e la voce che gli appartengono. Credo che questo potrebbe essere il terreno del nostro lavoro futuro.

Un’ultima ipotesi: forse uno degli effetti della prospettiva rovesciata è quello di trasmettere "non comprensione": contagia con il non capire, che se non può essere contenuto emotivamente, viene presto giustificato razionalmente con il non si può capire; per esempio,sono in voga molte teorie che sostengono che l’autismo non si può capire perchè non è una particolare, strana,malata e disperata relazione con se stessi e col mondo, ma un evento biologico, una questione di proteine o di mediatori neurochimici. Tuttavia, anche se sto sostenendo, sulla base della mia esperienza,che si può , a prezzo di molta fatica e difficoltà , capireun bambino autistico come Luca, ho cercato di mostrare anche che la possibilità di aiutarlo a uscire dall’autismo è ridotta. Penso che nella genesi dei disturbi autisici c’è quasi sempre una concomitanza di fattori relazionali e di circostanze esterne che fanno precipitare il crollo autistico;forse, potrebbe essere utile una informazione attenta sui rischi che traumi di varia natura (malattie, lutti, separazioni, trasferimenti,ecc) possono concorrere a devastare una relazione fragile tra una madre e un neonato, o un lattante, e rendono molto consigliabile provvedere un aiuto e un sostegno pronto e attento per questa coppia in difficoltà .


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