Università degli Studi di Torino
Facoltà di Psicologia
Anno accademico 2001-2002

Corso di Psicosomatica

Materiali per il corso a cura degli studenti:

I disturbi dell'alimentazione

a cura di Roberta Panzeri


Ultimo aggiornamento: lunedì 13 aprile 2015 17.26

Il DSM IV considera come facente parte del quadro diagnostico dei disturbi alimentari due categorie di malattia caratterizzate da alterazioni del comportamento alimentare: anoressia nervosa e bulimia nervosa.

Caratteristico dell'anoressia nervosa è il rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del peso minimo ideale; la bulimia nervosa è invece caratterizzata da ricorrenti episodi di abbuffate seguite dall'adozione di mezzi inadeguati per controllare il peso (vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci), il digiuno o l'attività fisica praticata in maniera eccessiva. Tipico di entrambi i disturbi è la presenza di un'alterata percezione del peso e della propria immagine corporea.

I disturbi dell'alimentazione sono tra le patologie psichiatriche che, negli ultimi anni, hanno ricevuto maggiore attenzione da parte dei ricercatori che operano in campo della salute. Mentre un tempo esse erano diagnosticate piuttosto raramente, l'anoressia e la bulimia sono oggi comunemente diagnosticate e sono divenute nei paesi occidentali un'importante problema di salute pubblica. Entrambi i disturbi seguono un decorso cronico con frequenti ricadute e conducono spesso a complicanze di ordine medico portando a volte fino alla morte. La portata di questo problema di salute pubblica è sottolineato dal tasso di incidenza tra 1% e 2% dell'anoressia e della bulimia nervosa tra le adolescenti e le giovani donne, la popolazione a maggior rischio per lo sviluppo di tali disturbi. E' dimostrato che negli ultimi decenni il tasso di incidenza dell'anoressia nervosa tra le ragazze di età compresa tra i 15 e i 24 anni è in continuo aumento; mentre sia bulimia che anoressia rimangono rari tra i ragazzi.

Data l'importanza del rapporto mente-corpo, i disturbi dell'alimentazione rappresentano un modello interessante dell'interazione tra fattori genetici, psicologici e socioculturali e, per quanto non si possa ancora affermare che l'eziologia sia nota, esistono oggi dati significativi sui fattori di rischio e di mantenimento del disturbo. La genetica, gli aspetti biologici e neuroendocrini dei disturbi dell'alimentazione sono ancora poco conosciuti; gli studi sulla familiarità psichiatrica e gli studi sui gemelli sembrano indicare una vulnerabilità su base genetica, che probabilmente interagisce con altri fattori di tipo psicologico, socio-culturale e familiare nel determinare l'insorgenza del disturbo secondo un modello di tipo multifattoriale.

L'ipotesi eziologica di tipo multifattoriale può ben essere integrata all'interno di una teoria che concettualizza i disturbi dell'alimentazione come disturbi dell'autoregolazione, la cui caratteristica principale è una menomazione della regolazione degli affetti. Se gli individui hanno la capacità di regolare i propri affetti, questi hanno a loro volta la capacità di regolare il pensiero e il comportamento. Le emozioni disregolate sfuggono al sistema auto-regolatore e auto-organizzatore dell'individuo e possono alterare un qualsiasi altro sistema biopsicosociale. Taylor formula il concetto di alessitimia come un costrutto di personalità che riflette un disturbo importante nella regolazione degli affetti, costituendo un fattore di rischio rilevante per il prodursi di malattie psicologiche e somatiche. L'alessitimia è un disturbo dell'elaborazione degli affetti che interrompe o interferisce con i processi di auto-organizzazione e riorganizzazione dell'organismo, i quali fanno parte di una sconosciuta terza area di coinvolgimento, posta tra la fisiologia del corpo e i processi cerebrali della mente. Gli affetti sono un interfaccia tra corpo e mente, e contemporaneamente li comprendono olisticamente entrambi. L'alessitimia non è solo un disturbo della personalità ma anche un deficit secondario a un trauma e una conseguenza dei fallimenti dell'attaccamento e delle relazioni primarie, inoltre la regolazione degli affetti gioca un ruolo decisivo nello sviluppo cerebrale del bambino.

Le prime autrici che si sono occupate a fondo dei disturbi dell'alimentazione e che sono giunte contemporaneamente a conclusioni cliniche e terapeutiche simili sono H. Bruch e M. Selvini Palazzoli; il problema centrale secondo loro riguarda un difettoso senso del sé, coinvolgendo un'ampia gamma di deficit dello sviluppo concettuale, dell'immagine e della consapevolezza del corpo e dell'individuazione. Le idee della Bruch e della Selvini Palazzoli sono in accordo con le scoperte della moderna psicologia evolutiva sottolineando il ruolo fondamentale delle interazioni dinamiche tra il bambino e i suoi caregivers primari nello sviluppo della personalità e nell'organizzazione delle strutture neurofisiologiche. Il disturbo regolatorio primario è una menomazione della capacità di elaborare e regolare cognitivamente le emozioni; questa menomazione può riflettere un deficit costituzionale o essere acquisita attraverso l'esperienza di un legame affettivo difettoso in un ambiente di crescita inadeguato. Al fine di compensare il sottostante disturbo della regolazione affettiva i pazienti con disturbo dell'alimentazione sviluppano secondariamente dei comportamenti alimentari patologici; anche altri comportamenti impulsivi non legati al cibo ma spesso associati ai disturbi del comportamento alimentare (abuso di sostanze, promiscuità sessuale e cleptomania) sono considerate modalità difensive per regolare gli affetti disforici. Le interviste cliniche hanno rivelato che gli schemi di comportamento impulsivo fluttuavano ed erano di solito intercambiabili, e che ogni comportamento era associato con un'analoga sensazione di perdita di controllo e le descrizioni fatte dalle pazienti facevano pensare che i comportamenti avessero funzione di ridurre o bloccare affetti sgradevoli o dolorosi. In accordo con il concetto di disturbi dell'autoregolazione degli affetti si ipotizza che l'anomalia alla base sia un'incapacità di regolare gli impulsi in modo flessibile. Impegnati in una instancabile ricerca della magrezza, le pazienti anoressiche possono perdere peso riducendo semplicemente l'assunzione di cibo o possono periodicamente abbuffarsi e poi perdere peso mettendo in atto condotte di eliminazione; anche pazienti bulimiche possono manifestare episodi di iperalimentazione, ma loro mantengono un peso corporeo nella norma pur adottando condotte di eliminazione o impegnandosi in un intensa attività fisica. Entrambe queste pazienti manifestano un vero e proprio terrore di essere grasse o di divenirlo.

Esiste tutto uno spettro di comportamenti alimentari patologici e di disturbi della regolazione del peso, la gamma di comportamenti alimentari anormali e la varietà di altri sintomi associati ai disturbi dell'alimentazione mettono in luce i sottostanti problemi della regolazione affettiva. Grotstein sostiene che i sintomi offrono un pavimento provvisorio al di sotto di un io frammentato, o un contenitore intorno ad esso, che lo protegge dal pericolo catastrofico di disintegrarsi. Mancando di un'adeguata struttura psichica autoregolatoria, pazienti con tali disturbi sono eccessivamente influenzati da fattori esterni, quali gli ideali culturali nel determinare la propria immagine fisica consolidando la propria esperienza di sé. Si impongono un peso ideale, più o meno al di sotto del loro peso ottimale, basato sull'immagine contemporanea della cultura occidentale secondo la quale la femminilità, popolarità e successo sono associati ad un fisico esile; il fatto che l'ideale fisico maschile sia di tipo muscoloso può essere considerata una spiegazione almeno parziale della bassa incidenza dei disturbi dell'alimentazione negli uomini.

Si osserva la presenza di un'alta comorbilità tra i disturbi alimentari e disturbi da uso di sostanze; solitamente i disturbi dell'alimentazione precedono lo sviluppo dell'alcoolismo ma non si esclude nemmeno la situazione opposta, l'alta comorbilità fra questi due disturbi non è sorprendente se si ipotizza l'esistenza di un difetto della regolazione degli affetti di natura simile per entrambi i casi. L'abuso di sostanze e/o i comportamenti alimentari anomali possono essere utilizzati dai pazienti nel tentativo di superare il profondo disagio causato dai deficit della capacità autoregolatoria; anche se i pazienti bulimici abusano di sostanze più spesso degli anoressici, ricercatori hanno osservato che molti dei comportamenti associati all'anoressia sono simili a quelli osservati nei disturbi da dipendenza e hanno proposto di considerare l'anoressia come una dipendenza dalla fame. I disturbi depressivi ansiosi sono comuni tra i pazienti con disturbi del comportamento alimentare. E' oggetto di discussione se l'associazione di questi sintomi con l'anoressia sia conseguenza di una relazione causale oppure solo una coincidenza; alcuni autori considerano i due disturbi alimentari come due entità distinte, altri affermano che potrebbero essere varianti di disturbi affettivi. Quest'ultima opinione è supportata: dal fatto che esiste spesso una concomitante storia di disturbi affettivi, da una riduzione delle crisi di iperalimentazione che si verifica a volte in seguito alla somministrazione di farmaci antidepressivi, da un'alta incidenza nel corso di tutta la vita di disturbi affettivi e ansiosi. Studi di follow-up confermano che i disturbi cronici del comportamento alimentare sono spesso associati con disturbi ansiosi e depressivi e che i pazienti con anoressia hanno una più alta probabilità rispetto al resto della popolazione di sviluppare una malattia depressiva maggiore, indipendentemente dal fatto che essi siano guariti o meno dal disturbo alimentare.

Anche se la neurochimica dei disturbi del comportamento alimentare è poco conosciuta, i neurotrasmettitori e i neuromodulatori che regolano il comportamento alimentare forniscono un substrato neurale per la regolazione dell'ansia e dell'umore. I circuiti di feed-back dei vari sistemi neurali sono estremamente complessi, una disregolazione in uno qualsiasi di questi sistemi può influenzare il funzionamento di tutti gli altri. La natura e l'intensità dei sintomi dell'ansia e depressione associati ai disturbi del comportamento alimentare variano a seconda dei diversi sistemi neurotrasmettitoriali maggiormente coinvolti, ciò contribuisce all'eterogeneità dei disturbi dell'alimentazione. I pazienti con disturbi del comportamento alimentare possono anche subire alterazioni dell'umore dovuti alla malnutrizione o successivi alle crisi di iperalimentazione e al vomitare, questi stati dell'umore sono effetti collaterali dei comportamenti adottati dai pazienti per tamponare come possono i deficit dell'autoregolazione e della regolazione degli affetti. Tali disturbi dell'umore rappresentano una variabile che perpetua ed esaspera il disturbo della regolazione di base e che possono aggravare il disturbo alimentare, stabilendo così un circolo vizioso.

Anche se molti ricercatori hanno ricondotto l'anoressia nervosa e la bulimia nervosa a relazioni di tipo patogeno tra madre e bambino, questi disturbi sono chiaramente eterogenei e si presentano con livelli di gravità differenti, il che fa supporre a diversi gradi e livelli di patologia evolutiva. Infatti alcuni autori identificano dei sottotipi sulla base delle differenti caratteristiche di personalità e dei differenti gradi di forza dell'io e livelli di relazione all'oggetto. Lo studio e l'osservazione delle famiglie di pazienti con disturbi del comportamento alimentare hanno fornito alcuni dati relativi alla patogenesi di questi disturbi, indicando di solito degli schemi di relazione quali: invischiamento (i membri della famiglia si intromettono nei pensieri e sentimenti degli altri membri); iperprotettività (una preoccupazione di tipo intrusivo riguardante il funzionamento psicologico e corporeo del bambino); assenza di risoluzione dei conflitti e coinvolgimento del bambino nei conflitti tra i genitori. Tutti questi schemi di relazione oggettuale interferiscono con la differenziazione tra sé e l'oggetto e il raggiungimento di un funzionamento autonomo. Quando la madre non interpreta correttamente i segnali affettivi del bambino e non si occupa dei suoi bisogni, soddisfacendo invece i propri bisogni attraverso il bambino, il futuro paziente si sente totalmente responsabile del soddisfacimento dei bisogni della madre ed è incapace di percepire il proprio corpo come appartenente a sé. Nel tentativo di raggiungere un certo grado di autonomia 'affama' il proprio corpo con l'intento di uccidere l'oggetto materno dal quale cerca di distinguersi ed emanciparsi. Si è ipotizzato che anche il paziente bulimico utilizzi il proprio corpo per risolvere i propri conflitti irrisolti riguardo l'individuazione e la separazione dall'oggetto materno, loro considerano erroneamente il corpo come l'oggetto transizionale che rappresenta la madre. Nel corso degli ultimi decenni svariati studi empirici hanno esplorato la possibile associazione tra alessitimia e disturbi del comportamento alimentare. Anche se l'alessitimia non è direttamente legata all'abbuffarsi, ai disturbi dell'immagine corporea o ad una ricerca ossessiva della magrezza, esistono prove empiriche del fatto che questo costrutto presenta molti tratti psicologici tipici dei disturbi del comportamento alimentare, in particolare la confusione enterocettiva, la difficoltà nel comunicare i sentimenti e un senso schiacciante di incapacità. Una caratteristica determinante, anche ai fini del trattamento, è la negazione della malattia (più intensa e frequente nelle pazienti anoressiche), intesa come difficoltà a riconoscere molti sintomi e comportamenti come segni di un disturbo. La restrizione alimentare, molti comportamenti di controllo e di eliminazione sono atteggiamenti fortemente egosintonici in cui la paziente è intensamente identificata, fino a scegliere 'un'identità anoressica' come status socialmente desiderabile ed ammirato. Nella maggior parte dei casi le pazienti non vivono inizialmente i propri comportamenti come una difficoltà, ma come un tentativo per risolvere i propri problemi. Per questi motivi la maggior parte delle pazienti con disturbo alimentare non chiede un trattamento; le pazienti anoressiche lo fanno solo su pressione altrui e raramente sono preoccupate per la perdita di peso, anche se questa è molto rilevante. La compenetrazione tra aspetti psichici, biologici e familiari richiede sul piano terapeutico la competenza di diverse professionalità e la necessità di interventi tecnici differenziati; per tale motivo viene privilegiato un trattamento multidisciplinare che si rivolga ai diversi aspetti della patologia.

EATING DISORDERS INVENTORY (EDI) Questa misura di autovalutazione, molto usata sia nella ricerca che nella clinica, comprende tre sottoscale che valutano gli atteggiamenti e i comportamenti che riguardano il cibo, il peso e la forma fisica (desiderio di magrezza, bulimia, insoddisfazione per il proprio corpo), e cinque sottoscale che valutano dei tratti di personalità comunemente associati con anoressia nervosa e bulimia nervosa (inefficacia, perfezionismo, sfiducia interpersonale, consapevolezza enterocettiva, paura della maturità). L'EDI si è mostrato affidabile e psicometricamente solido nell'impiego con pazienti affetti da disturbi del comportamento alimentare. Le sottoscale dell'EDI Consapevolezza enterocettiva e Sfiducia interpersonale forniscono importanti informazioni per la regolazione degli affetti; questi tratti si sovrappongono con due aspetti del costrutto dell'alessitimia (difficoltà a identificare i sentimenti e a distinguerli dalle sensazioni corporee che accompagnano le emozioni e la difficoltà a comunicare i propri sentimenti agli altri).

ANORESSIA NERVOSA Il termine anoressia è inappropriato perché la mancanza di appetito è poco frequente. L'anoressia nervosa è caratterizzata da una progressiva perdita di peso dovuta a una notevole riduzione dell'apporto alimentare, da una ostinata ricerca dell'esilità e della magrezza e da una patologica paura di ingrassare; allo scopo di ridurre il peso molte pazienti effettuano esercizio fisico estremo e altre mettono in atto comportamenti di eliminazione. La prevalenza dell'anoressia nervosa sembra essere di gran lunga maggiore nei paesi industrializzati, dove vi è abbondanza di cibo, ed in cui, specialmente per il sesso femminile, è enfatizzato il valore della magrezza. Gli immigrati da culture in cui la presenza del disturbo è bassa verso paesi a prevalenza maggiore, possono sviluppare l'anoressia nervosa man mano che assimilano il valore conferito alla magrezza. L'età media di insorgenza è di 17 anni, il disturbo raramente si presenta dopo i 40 anni. Spesso è presente un evento della vita stressante in collegamento con l'esordio del disturbo. L'evoluzione e gli esiti sono estremamente variabili.
CRITERI DIAGNOSTICI ( DSM IV) - Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del peso minimo normale per età e statura (ad esempio una perdita di peso che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto dell'85% di quello previsto; oppure, durante il periodo della crescita, incapacità di realizzare un aumento di peso, con la conseguenza che il peso corporeo resta al di sotto dell'85% di quello previsto). - Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi anche quando si è sottopeso. - Disturbo del modo in cui il soggetto ha esperienza del proprio peso e della forma del proprio corpo; inadeguata influenza del proprio peso e della forma del proprio corpo sulla valutazione di sé stessi (autostima) o negazione della gravità del proprio sottopeso.
SOTTOTIPI Per evitare la confusione passata dove le anoressiche con crisi bulimiche avevano la doppia diagnosi di anoressia nervosa e bulimia nervosa, il DSM IV ha distinto due sottogruppi diagnostici: - Sottotipo con restrizioni (la diminuzione di peso è ottenuta solo con la riduzione dell'apporto alimentare ed, eventualmente, con iperattività fisica; ha prognosi più favorevole; è caratterizzato da un atteggiamento ipercompiacente, ostinato, perfezionista e dalla presenza di sintomi ossessivo-compulsivi). - Sottotipo con abbuffate/condotte di eliminazione (si presentano, indipendentemente o in associazione, crisi bulimiche, vomito autoindotto, abuso di lassativi e diuretici; caratterizzato da maggior impulsività, frequente familiarità psichiatrica in particolare quelli dello spettro depressivo e riporta più spesso una storia di tentativi di suicidio).

BULIMIA NERVOSA Mentre i primi casi di anoressia nervosa sono stati descritti nella letteratura psichiatrica dalla seconda metà dell'ottocento, la bulimia nervosa è stata descritta per la prima volta da Russell nel 1979: è caratterizzata dalla presenza di impulsi incontrollabili a mangiare esageratamente seguiti dagli stessi tentativi di controllare il peso messi in atto dalle anoressiche; comuni all'anoressia sono anche la ricerca della magrezza e la paura di ingrassare, con la differenza che in queste pazienti il peso resta normale. L'incidenza della bulimia nervosa sembra essere simile a quella dell'anoressia nei paesi industrializzati, scarsi sono i dati provenienti da altre culture. Ha una maggiore incidenza nel sesso femminile. La bulimia nervosa di solito esordisce nella tarda adolescenza o nella prima età adulta; le abbuffate iniziano di solito durante o dopo un periodo di restrizioni dietetiche. Il decorso può essere cronico od intermittente con fasi di remissione alternate a fasi di ricomparsa delle abbuffate. Numerosi studi hanno suggerito una maggior frequenza di bulimia nervosa, disturbi dell'umore e abuso o dipendenza da sostanze nei familiari di primo grado di soggetti con bulimia nervosa.
CRITERI DIAGNOSTICI DSM IV - Ricorrenti episodi di crisi bulimiche. Una crisi bulimica è definita dalle seguenti caratteristiche: 1. Introduzione in un definito periodo di tempo (per esempio due ore), di una quantità di cibo che è decisamente maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso periodo di tempo e nelle stesse circostanze. 2. Sensazione di perdita di controllo su quello che si mangia durante l'episodio (per esempio la sensazione di non poter smettere di mangiare o di non poter controllare cosa e quanto si mangia) - Ricorrenti comportamenti compensatori inappropriati allo scopo di prevenire l'aumento di peso, come il vomito autoindotto; l'uso improprio di lassativi, diuretici, clisteri, o altri farmaci; il digiuno o l'eccessivo esercizio fisico. - Le crisi bulimiche e i comportamenti compensatori inappropriati avvengono entrambi, in media, almeno due volte alla settimana per tre mesi. - La stima di sé è eccessivamente influenzata dal peso e dalla forma del corpo. - Il disturbo non si presenta esclusivamente durante episodi di anoressia nervosa.
SOTTOTIPI In base alla presenza o meno di regolari condotte di eliminazione possiamo distinguere due sottotipi: - con condotte di eliminazione (durante l'episodio bulimico il soggetto presenta regolarmente vomito autoindotto, abuso di farmaci) - senza condotte di eliminazione (durante l'episodio bulimico il soggetto presenta altri comportamenti compensatori inadeguati, come il digiuno o l'eccessivo esercizio fisico, ma non presenta regolarmente vomito autoindotto o abuso di farmaci).

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© 2001 Silvio A. Merciai