Università degli Studi di Torino
Facoltà di Psicologia
Anno accademico 2003-2004


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Materiali per il corso a cura degli studenti

I disturbi alimentari

a cura di

marisa clemente


I disturbi alimentari rientrano nell’organizzazione cognitiva di tipo psicosomatico poiché i soggetti interessati esprimono ciò che provano attraverso il sintomo, attraverso il CORPO infatti esprimono rappresentazioni intollerabili, questi disturbi sono caratterizzati da alterazioni del comportamento alimentare e rappresentano un modo per esprimere la propria sofferenza interna, focalizzandosi sul rapporto che la persona ha col cibo e con il corpo. Il cibo infatti, non è solo una fonte di energia per il nostro corpo, ma può assumere diversi significati e avere una rilevanza particolare per le patologie alimentari. Per le persone con disturbi alimentari, il cibo è sempre al centro dei loro pensieri e condiziona fortemente la propria vita.

Per es. per le ANORESSICHE il cibo è uno strumento che permette loro di "acquisire" potere: riuscire a fare a meno del cibo è una dimostrazione d’indipendenza e autosufficienza; il suo rifiuto è la rappresentazione concreta di ciò che sentono e provano.

Per le persone OBESE, il cibo può avere una funzione consolatoria nei momenti più difficili, oppure può rappresentare un modo per vincere la solitudine. Le persone BULIMICHE infatti, si nutrono di continuo in relazione alla sfera emozionale e non alla fame.

Questi disturbi alimentari vengono suddivisi e classificati dal DSM IV in 3 grandi categorie:

- ANORESSIA NERVOSA

- BULIMIA NERVOSA

- DISTURBI ALIMENTARI NON ALTRIMENTI SPECIFICATI.

A) La prima categoria è caratterizzata principalmente da:

Peso corporeo al di sotto della norma

Intensa paura di acquistare peso

Percezione alterata del proprio schema corporeo

Amenorrea ( perdita del ciclo mestruale).

Troviamo inoltre 2 sottogruppi:

ANORESSICHE RESTRITTIVE: son coloro che mangiano poco o niente, fanno diete ferree o attività fisica eccessiva.

ANORESSICHE-BULIMICHE: sono coloro che fanno regolarmente delle abbuffate, compensando poi con attività fisica eccessiva o con condotte di eliminazione (vomito auto-indotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici, ecc….).

B) La seconda categoria è caratterizzata da:

Ricorrenti abbuffate (solitamente si tratta di cibi ipercalorici) seguite da attività compensatorie (digiuno, attività fisica eccessiva) o condotte di eliminazione. A differenza delle anoressiche-bulimiche, costoro riescono a mantenere un peso corporeo maggiore. Solitamente queste abbuffate avvengo di nascosto dagli altri, e son dovute a: stati d’umore depresso, condizioni di stress, fame dopo aver fatto una dieta drastica, sentimenti d’insoddisfazione. La crisi bulimica è dovuta alla perdita di controllo.

Anche in questo caso troviamo 2 sottogruppi:

BULIMICHE con condotte di eliminazione.

BULIMICHE senza condotte di eliminazione (corrispondono all’OBESITA’).

La terza categoria è rappresentata da quei disturbi che rispecchiano sia il quadro dell’anoressia che della bulimia, con alcune variante: per es. compare il ciclo mestruale (che non c’è nell’anoressia vera e propria) e non ci sono un numero di abbuffate così frequenti come invece accade per la bulimia. Tra questi disturbi compaiono anche I DISTURBI DI ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA (è il caso di molte persone obese), colpiscono più le donne che gli uomini, però rispetto all’anoressia e bulimia, gli uomini sono più numerosi.

 

 

CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE di una persona che ha un disturbo alimentare:

Rispetto al CORPO : attenzione eccessiva al corpo

disturbo dello schema corporeo

percezione distorta della fame e della sazietà

credenze disfunzionali sull’alimentazione e metabolismo

Le persone con disturbo alimentare pongono eccessiva enfasi sulla forma e sul peso del proprio corpo, hanno una visione distorta del corpo, e un disturbo dello schema corporeo (è il risultato delle elaborazioni che il cervello compie in continuazione rispetto alle informazioni che gli arrivano dall’esterno e dall’interno del corpo stesso). Come diceva Freud abbiamo un "Io corporeo" come primo livello di conoscenza di noi stessi.

Le persone con tali disturbi hanno una distorta percezione del corpo nello spazio e nel tempo, stimano in modo non corretto il proprio corpo, per es. le anoressiche lo percepiscono più grande di quello che è in realtà; al contrario ci sono persone che vestono in modo attillato pur essendo grasse.

Notiamo che più è distorto lo schema corporeo e più grande è il problema.

Per le anoressiche il corpo è lo strumento per raggiungere la perfezione, che corrisponde all’essere magre. Per l’obeso, il corpo rappresenta qualcosa di cui vergognarsi, un fallimento personale su tutti i fronti.

Per quanto riguarda il disturbo nella percezione della fame e della sazietà, possiamo aggiungere che per es. le anoressiche non sanno "quando" hanno fame, e le bulimiche non sanno "quando" sono sazie, non hanno dei parametri adeguati. Ci sono anoressiche che dopo aver mangiato solo 2 biscotti dicono di sentirsi piene; ci sono invece bulimiche che non percepiscono la differenza nel mangiare una fetta di torta o tutta la torta, perché per loro è la stessa cosa.

Inoltre esse hanno credenze disfunzionali sull’alimentazione e sul metabolismo, sembra un paradosso eppure sanno tutto sulle calorie dei cibi, ma non avvertono i rischi ai quali vanno incontro e ai danni che provocano all’organismo con il loro comportamento (di eliminazione, compensazione uso eccessivo di lassativi, diuretici, ecc…..)

 

Rispetto al DEFICIT DI AUTOCONSAPEVOLEZZA:

Ricollegandoci al discorso di prima, queste persone non sono consapevoli dei danni che possono autoprocurarsi; e ricordiamo che la denutrizione può causare alterazioni e scompensi seri agli organi del corpo. Altro aspetto importante da evidenziare è che esse hanno difficoltà nel capire i propri stati interni, le sensazioni che provano (come la fame, la sazietà, il senso di vuoto, il freddo , il caldo, ecc….), fanno difficoltà ad esplorare il proprio mondo interiore: sono incapaci di sentire, riconoscere, esprimere le proprie emozioni e i propri stati interni, sono incapaci di dare un significato, un nome alle emozioni), i propri desideri (non sanno bene COSA vogliono, hanno sempre bisogno di ricevere una conferma dall’esterno). Non dimentichiamo che le emozioni sono importanti e fondamentali per far sapere a noi stessi e agli altri come stiamo, cosa proviamo.

Rispetto all’AMBIENTE: c’è il tema dell’INVASIONE-INTRUSIVITA’

del GIUDIZIO

delle ASPETTATIVE e DELUSIONI

della PERFEZIONE

della SESSUALITA’

Per queste persone è fondamentale il ruolo dell’ambiente che li circonda proprio perché non riuscendo a capire le proprie emozioni, i propri desideri, le cose che vogliono, esse hanno bisogno di avere una continua conferma dall’esterno; ma allo stesso tempo sono molto sensibili a questa INTRUSIVITA’. Da una parte non possono fare a meno di essa (perché non saprebbero come e cosa fare), dall’altra però si sentono "invase", perché non riescono a porre dei confini tra sé e il mondo. L’ambiente per loro è importante perché non sanno farne a meno (avendo sempre vissuto in modo che fossero gli altri a decidere per loro); si tratta di persone insicure, che non sanno ciò che provano, pensano, ecc……In terapia è importante che tali pazienti, imparino a costruirsi dei confini rispetto all’ambiente, poiché l’incapacità di porre dei limiti li porta spesso a sentirsi invasi dagli altri. Essi devono imparare a costruirsi una propria identità personale e non una risposta all’ambiente.

 

Rispetto al tema del GIUDIZIO possiamo dire che queste persone sono molto sensibili al giudizio degli altri nei loro confronti, ricercano sempre giudizi e conferme esterne, poiché sono indispensabili per conferirgli un valore personale, perché sono insicure rispetto all’immagine di sé.

Ricevere un giudizio negativo sul proprio fisico, può innescare il famoso meccanismo di iniziare per es. una dieta ferrea, con il conseguente circolo vizioso dal quale è difficile uscirne.

Il concetto di valore come persona, non esiste per costoro; esse si sentono vuote ma in realtà non lo sono, il fatto è che non sono state abituate a guardare dentro di sé. Secondo loro, il valore di una persona dipende dalla prestazione e non dal proprio essere. Il famoso "vuoto" di cui parlano spesso le anoressiche , in realtà è un "pieno" non riconosciuto; esse hanno le sensazioni fisiche corporee, ma non sono abituate a sentirle.

Per quanto riguarda il tema delle ASPETTATIVE e DELUSIONI, notiamo che le persone con disturbi alimentari hanno delle super aspettative su se stesse e sugli altri, e inevitabilmente rimangono poi deluse. Possono per es. rimaner deluse per aver idealizzato troppo l’altra persona e per averla investita solo di valori positivi, non facendo i conti con la realtà.

 

Sul tema della PERFEZIONE diciamo che i livelli di autostima di queste persone sono fortemente condizionati dalla forma e dal peso corporeo. L’essere magri o grassi condiziona la costituzione di una propria identità personale. Raggiungere la perfezione quindi diventa l’unico modo per ricevere giudizi positivi. Costoro si propongono delle aspettative molto alte, senza tener conto delle effettive probabilità di farcela. Il perfezionismo al quale tendono le anoressiche per es., le porta ad essere delle brave studentesse, le prime della classe.

Ultimo tema: la SESSUALITA’. L’essere magre rappresenta una bellezza desessualizzata, non volgare, con la restrizione alimentare infatti, si cancellano le parti del corpo che potrebbero risultare erotiche (seno, sedere, fianchi, ecc….). Inoltre la mancanza di ciclo mestruale rende incapace la riproduzione, quindi scompaiono i segni della sessualità. Per queste persone la sessualità nei rapporti di coppia non è fondamentale; la persona obesa invece, vergognandosi del proprio corpo, cerca di evitare rapporti intimi, si è riscontrato poi che all’aumento di peso corrisponde un diminuito interesse per l’attività sessuale.

I FATTORI CHE POSSONO PORTARE ALLO SVILUPPO E AL MANTENIMENTO DEI DISTURBI ALIMENTARI :

I FATTORI DI RISCHIO: sono quei fattori che vanno dal concepimento alla comparsa del comportamento. Si possono classificare in base al:

GENERE: E’ stato riscontrato che i disturbi alimentari sono maggiormente presenti nelle donne;

GRUPPO ETNICO: a seconda del gruppo di appartenenza c’è più possibilità di sviluppare il problema, esso infatti è tipico dei paesi industrializzati, dove c’è abbondanza di cibo;

CLASSE SOCIALE: rispetto alla classe non si rileva nessuna prevalenza particolare, oggi è un problema che riguarda classi omogenee, mentre un tempo si pensava appartenesse più alla classe medio-alta;

CULTURA e SOCIETA’: vivere in una determinata società piuttosto che in un’altra, potrebbe essere un fattore di rischio. Noi viviamo in una società dove si è continuamente bersagliati da mass-media che valorizzano moltissimo l’immagine di donne magrissime (vedi le fotomodelle);

L’ETA’: l’età media d’insorgenza riguarda maggiormente il periodo adolescenziale;

FATTORI FISICI: coloro che hanno avuto un problema gastrointestinale e coloro che hanno avuto problemi di obesità (o i loro stretti familiari), hanno maggior probabilità di sviluppare il disturbo alimentare;

ABUSO SESSUALE e TRAUMI VARI: L’abuso è un fattore di rischio aspecifico (poiché non è detto che chi ha subito un abuso sviluppi questo problema), comunque può incidere molto;

STORIA PSICHIATRICA FAMILIARE: C’è un rischio maggiore di sviluppare tale disturbo, se si hanno familiari di primo grado con un disturbo dell’umore o che hanno già avuto un problema alimentare;

Fattori di rischio PSICHIATRICI-PSICOLOGICI DELL’INDIVIDUO: sebbene non ci siano studi che confermano in modo evidente l’incidenza di tali disturbi, un quadro psichiatrico che si rileva spesso nelle persone con disturbi alimentari è quello di tipo depressivo e ansioso. E’ emerso che alcune anoressiche hanno una struttura di base più ossessiva, mentre nelle bulimiche si riscontra una struttura più borderline;

FAMILIARI: Si riferiscono alle dinamiche relazionali familiari. L’ambiente familiare è un fattore molto importante caratterizzato: dall’atteggiamento dei genitori nei confronti del figlio, dalle comunicazioni interpersonali, ecc….; possono esserci genitori eccessivamente invadenti o poco presenti, o addirittura assenti.

 

FATTORI PRECIPITANTI: sono quei fattori che aumentano il rischio di sviluppare il disturbo alimentare. Precipitante perché un evento di per sé normale o che tutti fanno (come per es. l’adolescenza) viene invece vissuto con un altro significato, che può far precipitare la situazione. Tutto dipende dal significato che la persona dà ad un certo evento. Questi fattori possono essere così riassunti:

DIETA FERREA: le persone che attuano questo tipo di dieta presentano delle caratteristiche cognitive particolari come l’essere perfezioniste e un pensiero "o tutto o nulla", che condizionano maggiormente questo modo di fare la dieta. Questa dieta viene fatta o saltando i pasti (e poi perdendo il controllo) o riducendo le porzioni, cercando di eliminare certi cibi definiti "cattivi", sono diete rigide, ipocaloriche.

Ricordiamo che: la prima fase della dieta è chiamata "LUNA DI MIELE" proprio per evidenziare il fatto che tutto sembra andar bene, queste persone riescono a condurre una vita normale: avere un fidanzato, andare a ballare, in palestra, esser le prime della classe, ecc..

Nella seconda fase inizia l’ossessione per il cibo, si sente la fame, si tende a voler mangiare, con la paura però d’ingrassare, ed è qui che s’innesca il famoso meccanismo.

Nella terza fase compaiono le emozioni negative quali: depressione, irritabilità, isolamento sociale, ecc…. Nell’ultima fase, scompare l’ossessione per il cibo, le persona è sempre in movimento, si è incapaci di star fermi e rilassati (iper-eccitazione). Spesso si viene ricoverati per il calo di peso eccessivo, il corpo non ha più risorse, possono comparire anche problemi psicotici, disturbi del sonno, ecc….

La PUBERTA’: essere in questa fase della vita porta di per sé dei cambiamenti fisici, psicologici, che ognuno di noi ha sperimentato, ma siccome si tratta di un momento particolare, può esser vissuto da alcuni con un certo significato, e da altri no.

LASCIARE la PROPRIA FAMIGLIA o fare un VIAGGIO da soli: per es. allontanarsi da casa per andare a studiare in Inghilterra, può rappresentare per alcune persone un momento di distacco, che può esser vissuto in vari modi, a seconda della persona, e ciò potrebbe aumentare il rischio di sviluppare problemi alimentari.

RICEVERE COMMENTI SPIACEVOLI sul proprio aspetto fisico, potrebbe esser la miccia per innescare il famoso meccanismo. Ricordiamo che stiamo parlando di persone molto sensibili, e un commento sul loro aspetto fisico, in un dato momento potrebbe esser percepito in modo negativo, ferendo la loro autostima.

Un LUTTO di una persona cara e significativa: può rappresentare la mancanza, un vuoto lasciato da una persona amata che non si sa più come colmare, può far cadere in depressione e manifestare tali disturbi per esprimere la propria sofferenza.

Tra gli altri fattori di rischio troviamo anche: l’affrontare una MALATTIA.

 

FATTORI PERPETUANTI: sono quei fattori responsabili di rendere il disturbo cronico, e non più lieve e transitorio:

FATTORI COGNITIVI: le caratteristiche psicologiche delle persone possono influire su tale comportamento.

FATTORI INTERPERSONALI: riguardano le relazioni che si instaurano con le altre persone come: l’amicizia, l’amore, rapporti professionali, familiari, ecc……che possono incidere molto sul disturbo, soprattutto se si verificano crisi e rotture la situazione può bruscamente precipitare, mentre l’instaurarsi di una relazione significativa può aiutare a star meglio.

FATTORI COMPORTAMENTALI: riguardano i comportamenti che si adottano come per es. i comportamenti di compensazione, i quali portano al mantenimento del problema e non a risolverlo, rafforzando maggiormente il meccanismo innescato.

 

Rispetto alla TERAPIA è importante aiutare queste persone a riconoscere i propri stati interni e le sensazioni propriocettive (caldo, freddo, fame, vuoto, ecc….), devono imparare a leggere i propri stati mentali, a riconoscere le emozioni (infatti hanno difficoltà nel distinguere: la rabbia, il dolore, la sofferenza, ecc….) permettendogli di esercitare le proprie scelte in modo autonomo. Il terapeuta da parte sua deve evitare di dar giudizi e opinioni che invece il paziente potrebbe far propri.

Scopo del lavoro terapeutico è insegnare a sostituire un’azione impropria (es. l’abbuffarsi) con un comportamento adeguato al senso della compulsione (es. sentimenti di rabbia, paura, ecc….).E’ importante che una bulimica, dopo essersi abbuffata riesca a capire cosa l’ha spinta a riempirsi in quel modo sproporzionato, a identificare una circostanza emotiva. Il paziente deve imparare ad esprimere le proprie emozioni, la via somatica non dev’essere la sola via percorribile, deve ritrovare un equilibrio interno. Il trattamento consiste nel far evolvere il paziente da una condizione di confusione mentale in cui si trova, aiutandolo a identificare i propri bisogni e combattendo il senso profondo di disvalore che prova cercando di mantenere un controllo sul proprio corpo.

La terapia non è basata sul sintomo, ma è indirizzata a ottenere cambiamenti interni, cercar di convincere il paziente che non è grasso o che non soffre di una malattia organica, è un lavoro inutile. Gli viene presentato un nuovo modo di entrare in relazione con gli altri, opposto a quello sperimentato fino ad allora, quando c’era una figura importante che gli spiegava cosa doveva fare e cosa doveva provare.

Il paziente psicosomatico cercherà sempre di esprimere fisicamente cognizione ed emozione , invece deve imparare ad andare oltre il messaggio somatico. E’ fondamentale giungere alla capacità di esprimere emotivamente e se possibile anche linguisticamente i propri vissuti, è molto importante che riesca ad arrivare a una piena espressione di sé superando l’alessitimia.

La terapia deve fondarsi non su una modificazione sintomatica, ma sulla ristrutturazione di schemi emotivi e cognitivi. L’obiettivo è raggiungere un equilibrio interno.

 

 

I COMPORTAMENTI DI COMPENSO sono quei comportamenti che mantengono il problema:

vomito auto-indotto (con le dita o con oggetti diversi; le più esperte riescono a procurarselo spontaneamente); ci sono ragazze che bevono tantissimo per favorirsi il vomito (son quelle che mangiano e poi vomitano fino a quando non vedono fuoriuscire un liquido bianco, ciò può causare uno scompenso elettrolitico), ma non sanno che vomitando si elimina solo una parte delle calorie ingerite, circa la metà.

esercizio fisico eccessivo

uso di diuretici e lassativi (fanno perdere molti liquidi).

ALTRI SINTOMI:

Quando queste persone sono molto sottopeso, possono presentare sintomi depressivi come: umore depresso, ritiro sociale, irritabilità, insonnia, diminuito interesse sessuale, ecc….

Molti sintomi depressivi possono essere secondari alle carenze alimentari.

Altre manifestazioni che si riscontrano più frequentemente sono: sentimenti d’inadeguatezza, bisogno di tener sottocontrollo l’ambiente circostante, rigidità mentale, ecc….

Facendo riferimento alla Teoria dell’ATTACCAMENTO di Bowlby, la modalità di attaccamento/accudimento che più frequentemente si riscontra in questo tipo di paziente è un pattern INSICURO, che vede la figura di attaccamento come inaffidabile, indisponibile o intrusiva; probabilmente da piccolo è stato accudito da madre con pattern A o C.

* Le madri EVITANTI (pattern A) nelle relazione trasmettono il messaggio : "cerca di cavartela da solo" , esse non sono mai disponibili alle richieste di affettuosità anche fisica.

In questo pattern di attaccamento si trovano più facilmente disturbi come quello bulimico e obeso, per i quali l’attività consumatoria sembra assumere una valenza distraente e di distanziamento dall’emozione. Infatti, il corpo in questi casi viene usato come alibi per non confrontarsi con profondi sentimenti di solitudine e di non-amabilità (è il mio corpo che gli altri rifiutano e non il mio Io).

* Dalle madri AMBIVALENTI (pattern C) il bambino non sa mai cosa aspettarsi alla sua richiesta di vicinanza affettiva: "mi accoglierà o mi respingerà?" è un quadro tipico delle anoressiche, che usano il proprio corpo come strumento per gestire e controllare la relazione con la figura di attaccamento, ciò conferisce loro potere.

L’adolescente psicosomatico deve sempre ricorrere all’altro per sapere chi è lui; acquisire una certa autonomia e indipendenza diventa difficile anche a causa delle ingerenze genitoriali.

Nell’organizzazione psicosomatica emerge in modo eclatante l’incapacità di sentire i propri stati mentali. Nell’infanzia lo psicosomatico non ha avuto la possibilità di sperimentare e dare un significato personale a tutta quella gamma di emozioni che sono lo strumento principale di conoscenza che possediamo. Venendo a mancare il riferimento emotivo, la persona ricorre a sensazioni legate direttamente al corpo. Si sentono VUOTE, un vuoto psichico che può esser sentito come un vuoto fisico e scambiato per un senso di fame, con la conseguenza che tenterà di colmare questo vuoto mangiando.

I confini tra sé e l’altro sono inesistenti, l’incapacità di porre limiti lo porta spesso ad essere invaso dagli altri, anteponendo gli altri a sé gli è difficile dire di no alle richieste altrui. Le anoressiche soprattutto, hanno difficoltà a capire dove comincia e dove finisce il proprio corpo, ricercano giudizi e conferme esterne che son temuti, ma allo stesso tempo indispensabili.

 

Riportiamo qui 2 ESPERIMENTI eseguiti per vedere cosa accadeva se veniva aumentata/diminuita l’alimentazione alla quale si era abituati di solito. Che conseguenze si ottengono a livello fisico, emotivo e cognitivo?

ESPERIMENTO DI IPER-ALIMENTAZIONE:

prima dell’esperimento, veniva studiata la condotta alimentare e psicologica delle persone prese in esame; poi venivano sottoposte ad aumento di alimentazione e si scoprì che:

all’aumentare delle calorie ingerite non corrispondeva un aumento proporzionale di peso corporeo.

Rispetto alle calorie introdotte, esse erano aumentate di peso solo del 25% in più, lamentano di sentire molto caldo e sudare tanto (a causa dell’aumento del metabolismo) e per mantenere quel peso raggiunto dovevano mangiare molto.

ESPERIMENTO DI DENUTRIZIONE:

per i primi tre mesi l’alimentazione rimaneva normale, ognuno mangiava ciò cui era abituato, poi si cominciò a diminuire le calorie introdotte, fino ad arrivare a un 25% in meno del peso iniziale; cosa accadde?

A LIVELLO EMOTIVO si riscontrò:depressione, ansia, irritabilità, rabbia, cambiamento di personalità, isolamento sociale.

A LIVELLO COGNITIVO: diminuita capacità di concentrazione e pensiero astratto, apatia.

A LIVELLO FISICO: debolezza, disturbi del sonno, disturbi gastro-intestinali, ipotermia, ipersensibilità ai rumori e alla luce, diminuito interesse sessuale, ecc…..

 

Bibliografia:

- Seminario sui disturbi alimentari condotto dalla dott.sa Colla nel maggio 2003

- B. Bara, Manuale di psicoterapia cognitiva, Bollati Boringhieri, 1996