Università degli Studi di Torino
Facoltà di Psicologia
Anno accademico 2000-2001


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Materiali per il corso a cura degli studenti

La mente

Traduzione in italiano del capitolo Mind del volume Thinking About Thoughts
di Piero Scaruffi

a cura di
Patrizia Capuzzi
e
Alessandra Fontana


La presa di potere della mente

Non c'è dubbio che la maggior parte delle persone sentano che la loro mente è più importante del loro corpo. Le persone possono aver paura di perdere un arto in un incidente, ma lo preferirebbero comunque rispetto alla perdita della coscienza. Una persona in coma irreversibile è considerata tecnicamente morta anche se il suo corpo è ancora vivo. Non facciamo caso al trapianto di un organo, perfino del cuore; ma ci opporremmo al trapianto di cervello: la maggior parte delle persone interpreterebbe un trapianto di cuore su di sé come "qualcuno mi sta donando il suo cuore"; ma interpreterebbe un trapianto di cervello come "sto dando il mio corpo a qualcun'altro". La mente sembra essere molto più importante del corpo.

Riusciamo a immaginarci un futuro in cui la mente esisterà senza il corpo, ma non un futuro in cui saremmo contenti di essere corpi senza menti. Infine noi siamo le nostre menti, non i nostri corpi.

Sembrerebbe che non sia sempre stato così, c'è probabilmente stato un tempo in cui la sopravvivenza del corpo era più importante della sopravvivenza della mente. La preminenza della mente è un fenomeno recente. Il principale obiettivo dei nostri antenati era probabilmente quello di proteggere i propri corpi dai predatori e dalle catastrofi naturali. Se il corpo muore, l'individuo ( di qualsiasi cosa l'individuo sia fatto ) semplicemente muore. La natura garantisce al corpo un'ovvia preminenza sulla mente, una preminenza che noi abbiamo dimenticato, ma che probabilmente è esistita per lungo tempo nel corso dell'evoluzione della specie umana.

Per un lungo periodo la mente potrebbe essere stata semplicemente un mezzo per riuscire a raggiungere l'obiettivo di proteggere il corpo. Niente di più che un vantaggio dell'evoluzione sopra le altre specie nel proteggere il corpo. Semplicemente come alcuni animali hanno il pelo per proteggersi dal clima freddo. Poi, in qualche modo, quel vantaggio evolutivo è diventato la parte predominante dell'individuo.

Fino al punto che noi dichiariamo "morto" qualcuno il cui corpo è vivo , ma la cui mente non lo è. C'è stato un veloce progresso verso la rivoluzione di questo assunto: la mente ha lentamente superato il corpo e adesso noi pensiamo a un individuo come la sua mente (mentre invece noi continuiamo a pensare a un cane come al suo corpo senza occuparci del fatto che abbia una mente o meno).

La prima parte del mistero che noi affrontiamo è perché questo è successo e come. La seconda parte è, in un certo senso, la prova che la mente è un fatto recente: noi chiediamo che cosa è la mente. Quando noi chiediamo che cosa è la mente, implicitamente supponiamo che il corpo sia determinato. Il corpo è determinato e noi possiamo chiederci cosa sia la mente. Non diamo per scontata la mente e ci chiediamo che cosa sia il corpo e perché abbiamo un corpo. Noi siamo corpi che si fanno domande a proposito delle nostre menti, non menti che si fanno domande a proposito dei loro corpi. A un certo punto le menti succedettero ai corpi. E ora i corpi usano le loro menti per domandarsi "come questo sia avvenuto" e "che cosa sia la propria mente".

La ricerca per una spiegazione razionale della mente umana è sempre iniziata con l'obbiettivo di definire la relazione tra la mente e la materia: è la nostra mente fatta di materia? (nota che noi non chiediamo: è il nostro corpo fatto di spirito?). E' fatto di una sostanza differente? Che cosa differenzia il mentale dal non mentale? Come si relazionano la nostra mente e il nostro corpo? E' la nostra mente dentro il nostro corpo? E' la nostra mente nata con il nostro corpo? Morirà con il nostro corpo? Cresce con il nostro corpo? In questi giorni, avendo imparato abbastanza a proposito del cervello ed essendo stati rassicurati da innumerevoli esperimenti psicologici a proposito del fatto che il nostro cervello è la principale entità responsabile del nostro pensiero, noi siamo principalmente interessati alla specifica relazione tra il cervello e la mente: quale è la relazione che intercorre tra il mentale e il neuronale? Come si genera il mentale dal neuronale? E, infine, che cosa è la mente?

 

Dualismo e il dibattito mente-corpo

Storicamente, dualismo e monismo sono le due principali scuole di pensiero antagoniste. Secondo il dualismo mente e corpo sono fatte di due sostanze differenti. Il primo e il più famoso fra i dualisti era il filosofo francese Descartes ( diciassettesimo secolo), che è considerato l'iniziatore di tutto il dibattito mente-corpo. Egli osservò che la realtà è divisa in materia e spirito. Questi sono due mondi differenti composti da due differenti sostanze. D. ha definito che cosa è la materia e che cosa è la mente: la materia è qualsiasi cosa mostri la proprietà di "estensione" (proprietà geometriche come dimensione e forma) la mente è "cogito" cioè pensiero (una definizione più scientifica del pensiero verrà successivamente con Brentano). "Res extensa" (le cose che hanno un'estensione) e "Res cogitans" (sotanze pensanti) appartengono a due regni separati e non possono essere studiate con gli stessi strumenti. Questo dualismo ha avuto un'enorme influenza sulle generazioni future. La fisica di Newton, per esempio, è una diretta conseguenza di questo approccio: la fisica studia il regno della materia, e tratta solo di questo. E sarà così fino alla fine del ventesimo secolo.

I dualisti moderni hanno abbandonato la rigida dicotomia di Descartes. Oggi, ci sono due principali rami del dualismo: quello della "sostanza" (la mente è una sostanza diversa dal cervello), come l'interazionismo di Popper ed Eccles, e il dualismo della "proprietà" (la mente è la stessa sostanza del cervello, anche se proviene da una classe di proprietà che sono esclusive del cervello), così come la teoria della "supervenienza" (Kim, Chalmers). Arriveremo presto a occuparci di questo.

Una variante del dualismo è l'"epifenomenalismo": mente e corpo sono fatte di sostanze differenti , ma la mente non ha alcuna influenza sul corpo. Il cervello causa la mente, ma la mente non ha alcuna autorità sul lavoro del cervello. Gli eventi mentali non hanno effetti materiali, mentre eventi materiali possono avere effetti mentali. Gli eventi mentali sono semplicemente una conseguenza degli eventi materiali (come il fumo è una conseguenza del fuoco, ma non ha nessun impatto sul fuoco).

 

Monismo

Secondo il monismo invece il corpo e la mente sono fatti della stessa sostanza: gli "idealisti" pensano che tutto sia mentale, i "materialisti" che tutto sia materiale. Il monismo si divide così in idealismo e materialismo.

Il filosofo olandese Baruch Spinoza (diciassettesimo secolo), per esempio, riteneva che esistesse una sola sostanza, e che la sostanza avesse due proprietà: cioè che fosse cosciente e che avesse estensione. Gli individui sono parte di quella sostanza, che è in fine Dio. Dio è tutto quello che esiste, (lui è ciò che è), non esiste nulla che non sia Dio.

Il filosofo inglese Bertrand Russel era anche una specie di monista, perché credeva che tutto nell'universo fosse fatto di eventi (spazio-temporali),e che gli eventi non fossero né mentali né fisici.

 

Idealismo

Secondo l'idealismo, l'unica realtà è la mente.

Il filosofo tedesco Gottfried Leibniz (diciassettesimo secolo) credeva che esistesse solo la mente. Gli esseri umani non sono gli unici ad avere una mente. Tutto ha una mente. Perfino la materia è fatta di mente. La mente ha dei gradi, cominciando con la materia (la cui mente è molto semplice) e finendo con Dio (la cui mente è infinita). La realtà è il luogo di tutte le menti finite o monadi che Dio ha creato. Tutto ha una mente. Questa estrema visione dell'idealismo è chiamata: "panpsichismo".

Il filosofo irlandese George Berkeley (diciottesimo secolo) pensava che tutto quello che noi conosciamo sono le nostre percezioni, e qualsiasi concetto noi lo costruiamo partendo da esse ("esse est percipi"): noi non possiamo sapere direttamente che c'è un mondo esterno. Noi conosciamo solamente il mondo interno delle nostre percezioni. Quando parliamo di un oggetto, noi parliamo di quello che vediamo, sentiamo, gustiamo, tocchiamo e odoriamo: noi parliamo di qualcosa che è dentro la nostra mente. Un oggetto è un'esperienza, tutto l'universo è un complesso di esperienze. Infine, l'unica cosa che esiste è l'esperienza della nostra mente.

Come gli studi sul cervello hanno dimostrato che i sensi ci presentano una visione fittizia dell'universo, così i fisici hanno dimostrato che la materia non è nient'altro che nuvole di particelle galleggianti, e gli studiosi della meccanica quantistica hanno dichiarato che la realtà è infine nella mente dell'osservatore, sembra diventato più incline ad abbracciare l'idealismo. Se tutto quello che vediamo e sentiamo no è altro che un'illusione, come possiamo dichiarare che ci sono realmente delle cose là fuori? L'unica cosa che percepiamo è ciò che i sensi producono per noi. Quella che noi chiamiamo realtà è il lavoro della nostra mente. Se perfino i fisici dichiarano che la realtà non può essere misurabile senza un osservatore, come possiamo dichiarare che la realtà esiste indipendentemente dal nostro pensiero?

Il problema dell'idealismo è che uno non può fare di piu' che asserire di essere un'idealista. Una volta che questo sia stato dichiarato, la realtà non può essere usata per provarlo, dal momento che la realtà è una mera illusione della nostra mente. Tutto è un'illusione, comprese le cose che uno può usare per provare a dimostrare che questa dichiarazione sia giusta o sbagliata.

La maggior parte degli scienziati crede in una forma leggera di idealismo: i sensi ingannano la realtà e la realtà ha bisogno di un osservatore per diventare ciò che è, però le sensazioni si riferiscono a un mondo esterno e le misurazioni sono destinate a tale mondo. I sensi e il cervello alterano semplicemente la realtà cosicché noi possiamo muoverci attraverso essa e sopravvivere. La fisica quantistica non proibisce alla realtà di esistere, ma impedisce a noi la sua completa percezione.

La realtà che noi percepiamo è indubbiamente una produzione della mente, che  corrisponde a una realtà là fuori, realtà che è indipendente dalla nostra mente.

 

Materialismo

Secondo il materialismo, invece, la mente e il corpo sono fatti della stessa sostanza e il mentale può essere spiegato dal fisico (oppure la mente può essere spiegata dalla materia). Questa posizione fu dal principio abbracciata con entusiasmo dal filosofo francese Julien Offroy de la Mettrie che concepì l'"homme machine", la mente come una macchina composta di materia e pensiero come un processo materiale. Differentemente rispetto al dualismo, al materialismo, in tutte le loro varianti, ammette unicamente un tipo di sostanza e una classe di proprietà. Noi tratteremo di seguito il materialismo.

Il materialismo ebbe la sua epoca d'oro in seguito alla pubblicazione di un documento di Herbert Feigl del 1958. Furono queste carte ha mettere il problema mente-corpo al centro della filosofia moderna, dopo così tanti decenni di noncuranza.

La filosofia raggiunse velocemente un vicolo cieco tra dualismo e materialismo. Entrambe le concezioni avevano i propri pro e contro,e non era possibile superare i contro attraverso una via plausibile. Il pro del dualismo era il fatto che riconoscesse la differenza tra materia conscia e inconscia; il suo contro consisteva nell'incapacità di spiegare come la mente fosse in connessione con il cervello. La principale caratteristica del dualismo era il fatto di non dover spiegare tale connessione, dal momento che la mente "è" il cervello; il suo vantaggio era il non dover spiegare come la coscienza scaturisse dalla materia inconscia.

 

Comportamentismo

Il comportamentismo ha un posizione intermedia, che concerne con i termini mentali (come "credere", "sperare", "temere") semplicemente nella dimensione in cui essi sono riferiti al comportamento. I comportamentisti rifiutano gli stati mentali definendoli non scientifici. Quello che conta è unicamente la relazione che intercorre tra la disposizione al comportamento e il comportamento vero e proprio. In particolare, alla fine degli anni 40', il filosofo inglese Gilbert Ryle discusse il fatto che la mente non fosse una parte del corpo ma appartenesse a un dominio differente.

Il vocabolario mentale non si riferisce alla struttura di qualcosa, ma al modo in cui qualcuno si comporta o si comporterà. Descartes inventò un mito, il mito della mente dentro il corpo, mito di cui Ryle fece una parodia grazie alla famosa espressione: "il fantasma nella macchina". Noi assumiamo di avere una mente, assegniamo una vita alla nostra mente, e quando non troviamo la mente in natura deduciamo che la mente è una sostanza o una proprietà differente.

Il comportamentismo non è interessato a discutere sulla mente, ma semplicemente si occupa di comportamento e di predisposizione al comportamento. Dichiarazioni che riguardano gli stati mentali diventano scientifiche e significative solo se sono tradotte in dichiarazioni sul comportamento attuale o possibile. Per un comportamentista, una persona che soffre è una persona che piange e fa altre cose per noi associate alla parola "sofferenza".

Il comportamentismo psicologico andò ancora più in profondità dichiarando che tutti i comportamenti possono essere spiegati secondo una relazione diretta di stimolo-risposta.

Il comportamentismo divenne presto popolare, ma fu presto eclissato dallo scontro riemerso tra dualisti e materialisti.

 

L'età del materialismo

Il vicolo cieco a proposito della mente era dovuto a due fattori indipendenti. Uno era il dibattito storico che iniziò con Descartes, e che mal condusse i filosofi a cercare una soluzione a un paradosso che non era mai esistito. Il secondo fattore era la mancanza di dati riguardanti il cervello: non sappiamo ancora come fa e che cosa fa.

Al giorno d'oggi, il problema mente-corpo è diventato un problema mente-cervello, il materialismo generò il "fisicalismo", secondo il quale uno stato mentale "è" uno stato fisico del cervello. L'enfasi posta sul cervello non è completamente naturale: io sento il dolore nel mio piede, non nel mio cervello. Ma il progresso della neurofisiologia ha generato un fascino per il cervello, che molte persone descrivono come la cosa più complessa nell'universo. Per cui l'enfasi slittò dal corpo al cervello nonostante non c'è realmente nessuna prova per sostenere che il resto del corpo non influenzi la mente (c'è prova del contrario).

Per esempio, la "teoria dell'identità" (Feigl) dichiara che gli stati mentali sono stati fisici del cervello (così come il fulmine è identico ad una scia di elettroni). Siccome è poco plausibile supporre che per ogni stato mentale c'è un unico stato neuronale, una variante della teoria dell'identità rese più flessibile questo vincolo: la teoria dell'identità di Davidson pone che nessuno stato mentale è identico a uno stato fisico, ma lo stato fisico corrispondendo a un dato stato mentale non è necessariamente sempre lo stesso (questo permette a due persone di avere lo stesso sentimento o per la stessa persona di avere la stessa sensazione senza avere ogni singolo neurone nella posizione medesima in entrambi i casi).

Il problema più difficile per il materialismo è di spiegare come la mente, e in particolare i sentimenti, possano scaturire da processi materiali: come possono attività elettrochimiche nel mio cervello improvvisamente trasformarsi nel sentimento di dolore o paura? Il filosofo americano Searle ha riassunto il problema in un paradosso: se la teoria dell'identità lasciasse fuori la mente non sarebbe più plausibile, ma se non lo facesse non sarebbe più una teoria marerialistica.

 

La teoria dell'identità

La cosa principale in una teoria materialistica è come la mente possa essere spiegata da quello che noi sappiamo a proposito della materia. Se infine la mente è materia, allora di cosa è composta e come è strutturata? Come, in altre parole può essere il mentale ridotto al fisico?

Il filosofo Herbert Feigl è uno dei padri fondatori la teoria dell'identità, che divenne popolare nel 1950. Secondo il suo pensiero, gli stati mentali e gli stati fisici hanno la stessa "estensione" ma differente "intensità": descrivono gli stessi stati ma in un modo differente. Gli idiomi mentali e fisici sono descrizioni differenti degli stessi stati. Dal punto di vista dell'uomo comune, questa tesi è difficile da difendere, dal momento che stati mentali e fisici sono ovviamente diversi. Un vecchio trucco filosofico, la così detta "legge di Leibniz", sostiene che due cose sono identiche se e solo se tutte le proprietà che sono applicate a una possano esserlo anche all'altra. Ma le proprietà degli stati mentali e di quelli fisici sono ovviamente differenti.

Ci sono numerose varianti della teoria dell'identità.

Nella teoria causale della mente di David Malet Armstrong, uno stato mentale ha una connessione di causa con uno stato fisico. Essi sono identici, ma esiste anche una connessione causale fra di loro ("uno stato del cervello causa uno stato mentale"), così come noi percepiamo molti fenomeni naturali senza percepire i corrispondenti processi fisici microscopici. David Lewis discusse sul fatto che uno stato mentale può essere definito da uno stato fisico, che non è necessariamente lo stesso per tutte le specie, e da un ruolo "causale", che esprime un comportamento che lo stato induce nell'organismo.

Comunque essi ruotino intorno alla teoria dell'identità, tutti questi filosofi affrontarono lo stesso problema: come spiegare le sensazioni e le emozioni che noi percepiamo, che sono ovviamente molto differenti in natura da una parte di materia.

 

Il problema dell'irriducibilità

Una maniera elegante di risolvere il problema dell'irriducibilità venne proposta dal filosofo britannico Bertrand Russell. Egli era tendenzialmente consapevole dell'insondabilità della materia in generale e della materia cerebrale in particolare: noi non possiamo sapere la natura della materia (elettroni, onde gravitazionali e così via) se non attraverso teorie ed esperimenti, ma non possiamo mai percepirlo direttamente. In particolare, noi non possiamo conoscere i processi che avvengono nel nostro cervello. La mente ci permette di percepire al minimo alcuni di questi processi. Egli sottolineò che quello che un neurofisiologo vede realmente, mentre esamina il cervello di una persona, è una parte del proprio cervello. L'irriducibilità del mentale al fisico è semplicemente un'illusione: il mentale e il fisico sono vie differenti di conoscere la stessa cosa, il primo attraverso la coscienza, il secondo attraverso i sensi. La coscienza ci da una conoscenza diretta, immediata di quello che c'è nel cervello, mentre i sensi possono osservare (possibilmente supportati da strumenti) quello che è nel cervello.

Nella teoria di Russell il mentale non è riducibile al fisico, e la tradizionale preminenza del fisico sul mentale è capovolta: il mentale è un potere trasparente del carattere intrinseco del cervello. La coscienza è, principalmente, solo un altro senso, un senso che anziché percepire colori, odori, suoni, percepisce la vera natura del cervello. Molte altre variazioni su queste idee di base sono state discusse e introdotte da filosofi. Una è stata particolarmente influente e ha condotto allo studio dell'intelligenza artificiale.

 

Monismo anomalo

Con il monismo anomalo Donald Davidson ha dimostrato che il mentale e il neuronale non sono la stessa cosa e ha promosso la teoria dell'identità. La teoria della mente di Davidson si basa su un semplice sillogismo:

_ Almeno alcuni eventi mentali interagiscono casualmente con eventi fisici

_ Eventi collegati da un rapporto di causa-effetto sono legati a leggi deterministiche

_ Non c'e nessuna severa legge deterministica per cui eventi mentali possano essere predetti e spiegati (questa è l'"anomalia" della mente).

Tutto ciò appare contraddittorio, a meno che noi non assumiamo che la mente sia qualcosa d'altro. Tutto ciò che questo significa è che il regno fisico e quello mentale hanno caratteristiche essenziali, che sono in qualche modo incompatibili: uno stato mentale non può essere semplicemente uno stato cerebrale. Non può esistere alcuna legge che colleghi il mentale con il fisico. In alti termini, non ci può essere nessuna teoria che connetta la psicologia e la neurofisiologia.

Nella teoria dell'identità Davidson dichiara che la stessa condizione dello stato mentale potrebbe corrispondere a differenti stati neuronali in tempi differenti; questo significa che, dato uno stato mentale, non è possibile relazionarlo a uno stato fisico specifico. Lo stesso evento potrebbe essere sia mentale che fisico, ma non c'è nessuna relazione tra le due descrizioni.

Davidson crede che ci sia una sola sostanza, una sostanza fisica, e che eventi "dati" siano fisici. Ogni evento mentale è un evento fisico, ma non è possibile ridurre proprietà mentali a proprietà fisiche (non ci sono leggi psicofisiche), e perciò,  per esempio, il linguaggio della psicologia non può essere ridotto al linguaggio fisico. Il mentale è infine fisico, ma non c'è nessun modo di spiegare eventi mentali in termini di eventi fisici. Il regno mentale non può essere oggetto di investigazione scientifica.

 

L'età del funzionalismo

Assumendo che uno stato cerebrale sia uno stato mentale, la prossima domanda è: che cosa è che rende uno stato fisico del cervello anche uno stato mentale? I "funzionalisti" hanno dato la risposta: è la funzione che esplica nella vita dell'organismo. Tale funzione causerà un comportamento. Uno stato mentale è così definito come una funzione di stimoli, l'operazione che attua e il comportamento esteriore che causa.

Il funzionalismo (Armstrong, Lewis) è in realtà un caso speciale della teoria materialistica dell'identità in cui uno stato mentale è definito unicamente dalla relazione causale che induce sul comportamento e su altri stati mentali. Gli stati mentali esprimono, infine, relazioni causali. In altre parole, essi hanno così una funzione. Non importa di che cosa siano fatti, gli stati mentali hanno una funzione ed è questo che conta. Noi definiamo qualche cosa "termometro" se misura la temperatura, senza attribuire importanza al fatto che sia di plastica o di metallo: è la sua funzione e non il materiale che determina che cosa esso sia. Una mente non ha necessariamente bisogno di un cervello: Qualsiasi cosa in grado di espletare la stessa funzione è essa stessa una mente. Allo stesso modo, gli stati mentali sono definiti dalle loro funzioni, e potrebbero essere situati su un computer o un cervello. Come dato di fatto, utilizzando una tecnica inventata da Frank Ramsey, è possibile tradurre ogni frase contenente termini psicologici"non scientifici" (come "credere", "desiderare") in una frase più formale che contiene unicamente relazioni causali. La mente è semplicemente il sito in cui queste relazioni causali sono attuate.

La differenza tra funzionalisti e comportamentisti non è così netta. Principalmente, i comportamentisti rifiutarono di trattare gli stati mentali e si focalizzarono sul comportamento, mentre i funzionalisti sostennero che gli stati mentali sono tali perché causano il comportamento. Il funzionalismo non nega l'esistenza della mente, infatti estende le possibili realizzazioni della mente nella natura.

Il funzionalismo ha un vantaggio sul materialismo: è provato che circuiti neuronali differenti provochino gli stessi stati mentali (persone diverse con diversi cervelli percepiscono le stesse emozioni, la stessa persona con un cervello che si modifica sente le stesse emozioni, un cervello danneggiato tende a ripararsi per attuare le stesse prestazioni che forniva precedentemente), ma il materialismo comporta che uno stato mentale sia una diretta conseguenza di uno stato fisico, che potrebbe significare come due differenti stati fisici possano indurre due differenti stati mentali. Il funzionalismo permette una "realizzazione multipla". Riassumendo, non è necessario che lo stato mentale si realizzi in un cervello: il funzionalismo si occupa esclusivamente della "funzione", non della cosa che attua la funzione. Siccome le funzioni devono essere attuate da un'entità fisica, il funzionalismo computazionale implica una sorta di materialismo. David Lewis sposò entrambe le teorie: ogni stato mentale è uno stato fisico, e ogni stato mentale è uno stato funzionale. L'adesione alle due teorie risolse due categorie di paradossi popolari, il paradosso del "dolore folle" (cosa accadrebbe se un essere umano fosse nato composto di carne come chiunque altro ma con una sensazione di percezione del dolore completamente differente?) e il paradosso del "dolore marziano" (cosa succederebbe se essendo composti da materie differenti si reagisse al dolore nello stesso modo?).

 

Il funzionalismo computazionale

Come possono gli stati mentali causare comportamenti fisici?

Secondo il funzionalismo computazionale la mente è un programma e il cervello è il suo hardware, e l'esecuzione di quel programma in quel hardware conduce a un risultato che è il comportamento esteriore dell'organismo. La mente è un processore di simboli (così come il computer) e gli stati mentali sono in relazione agli stati computazionali. Un altro caso speciale è il funzionalismo "homuncular" (Dennet, Lycan), che ha scisso la mente in menti sempre più piccole sino ad arrivare a uno stato fisico: un processo mentale è il prodotto di processi mentali di livello inferiore, e ognuno di questi processi è a sua volta il risultato di processi primitivi. Ogni livello più basso è sempre meno "mentale" del precedente. Alla base di questa gerarchia ci sono i processi neuronali del cervello.

La critica più comune al funzionalismo è il fatto che sia altamente poco plausibile che oggetti differenti da un cervello possano avere una mente, ma poi (come Chalmers ha sottolineato) il cervello stesso, quella brutta, caotica, appiccicosa massa grigio-biancastra, è un improbabile candidato per qualcosa di così speciale come la mente. Perché dovrebbe un computer essere più bizzarro di un cervello? La mente risiede nell'organizzazione o nella sostanza? O in entrambe?

 

Il mondo delle idee

Il problema con il dualismo della sostanza è come mente e cervello si influenzino reciprocamente e se siano composte di due sostanze differenti. Non c'è dubbio che la mente e il cervello comunichino in qualche modo fra di loro. Come può avvenire questo se sono fatte di materia diversa? Una via di uscita a questo problema è presupporre che esista un intermediario tra i due.

Per esempio, l'influente filosofo austriaco Carl Popper e il neurofisiologo inglese John Eccles, vincitore del premio Nobel, sostennero l'esistenza di un primo mondo (il mondo dei corpi fisici), di un secondo mondo (il mondo degli stati mentali) e infine di un terzo mondo (il mondo dei prodotti della mente). Il secondo mondo comunica con entrambi gli altri mondi. Gli oggetti astratti dei matematici, le teorie scientifiche e i prodotti artistici sono esempi di attività che appartengono a nessuno dei mondi, né mentale, né fisico. La mente gioca il ruolo di intermediaria tra il mondo immaginario (mondo 3) e il mondo reale (mondo 1). Una causalità discendente opera dal mondo 3 al mondo 1. La mente è principalmente un operatore che relaziona oggetti astratti e fisici.

Nel mondo 3 avvengono cose interessanti. Prima di tutto, la conoscenza oggettiva gli appartiene: il terzo mondo si evolve attraverso la crescita della conoscenza oggettiva.

La conoscenza oggettiva conferisce un certo grado di autonomia al terzo mondo. Per esempio, i numeri sono creati dalla mente, ma poi leggi matematiche determinano cosa succede ad essi, senza considerare quello che le nostre menti pensano e sentono. La crescita e l'evoluzione della conoscenza obbiettiva obbedisce alla stessa legge che conduce fenomeni biologici di sopravvivenza ed evoluzione.

Eccles discute che l'interazione tra la mente e il cervello di un individuo è analoga al campo di probabilità di meccanica quantistica. L'energia mentale può provocare eventi neuronali attraverso un processo analogo al modo in cui il campo di probabilità genera azione. Egli chiama "psychon" l'unità mentale che trasmette intenzioni mentali alle unità neuronali.

Il fisico inglese Roger Penrose, uno dei leaders in "General Relavitiy", aderisce anche all'assunto che esista un mondo separato di stati di coscienza e che la mente possa accedere a tale mondo. Ma il mondo delle idee di Penrose è ancora un mondo fisico: le informazioni "protoconscious" sono codificate nella geometria spazio- temporale all'interno della scala Planck, e la nostra mente ha accesso ad esse (cioè è cosciente) quando un particolare processo di quanti avviene nel nostro cervello.

Il filosofo americano John Searle non andò così lontano, ma rifiutò anch'egli l'idea che l'universo fosse suddiviso in proprietà fisiche e mentali: le cose come le "sentenze sgrammaticate": la mia abilità a sciare, il governo e i punti segnati in una partita di calcio, non possono essere facilmente categorizzate come mentali o fisiche. La tradizionale dicotomia "mentale-fisico" appare essere spropositata.

Una formulazione più umile ci è data dal matematico americano Rudy Rucker, che credeva nell'esistenza di un paesaggio mentale separato. Rucker chiede:"Credi che quello che hai pensato ieri sia ancora parte della tua mente?". Non è facile rispondere a questa domanda se ritieni che le idee facciano parte della mente. La conclusione di Rucker è che esista un mondo di idee separato dal mondo mentale e fisico. La nostra mente può viaggiare nel paesaggio mentale che contiene tutti i pensieri possibili proprio come il nostro corpo può viaggiare attraverso lo spazio fisico che contiene tutti i possibili luoghi. Le menti dividono lo stesso paesaggio mentale allo stesso modo in cui i corpi dividono lo stesso spazio mentale. Dividiamo tutti lo stesso paesaggio mentale, così come dividiamo tutti lo stesso mondo. In particolare, il paesaggio mentale contiene tutti gli oggetti matematici e i matematici esplorano il paesaggio mentale così come gli astronauti esplorano lo spazio fisico. Lo stesso vale per le leggi naturali e per i fisici. Le formule matematiche e le leggi di natura hanno un'esistenza indipendente. Questo è ovviamente niente più che una nuova aggiunta al vecchio mondo delle idee di Platone.

 

Supervenienza

Il termine "supervenience" è utilizzato per esprimere il fatto che un dominio è completamente determinato da un altro dominio. Per esempio, le proprietà biologiche "supervene" su proprietà fisiche, dal momento che le proprietà biologiche di un sistema sono determinate dalle sue proprietà fisiche. Le proprietà fisiche e biologiche di un organismo sono ambiti differenti di proprietà, ma quelle fisiche determinano quelle biologiche. Una persona può infatti studiare le proprietà biologiche senza dover trattare anche quelle fisiche.

Jaegwon Kim, estendendo il criticismo di Davidson a proposito della teoria dell'identità e generalizzando la dottrina del funzionalismo, applicò il concetto alla mente: le proprietà mentali sono "supervenient" su quelle fisiche (neuronali). Secondo Kim, quindi, il mentale è "supervenient" sul fisico così come le proprietà macroscopiche degli oggetti "supervine" sulle strutture microscopiche. Intuitivamente questo significa che la mente è per il cervello quello che il fulmine è per le particelle caricate elettricamente: lo stesso fenomeno che si manifesta in due modi diversi.

La "supervenience" di Kim definisce una relazione tra il mentale e il fisico e definisce anche alcuni limiti. Uno stato mentale non può corrispondere a due differenti stati fisici. Due cervelli non possono presentare lo stesso stato mentale se sono in stati fisici differenti. Nel dibattito sul materialismo, Kim si schiera con i "fisicalisti": gli stati mentali dipendono dai corrispondenti stati neuronali: ogni cambiamento negli stati mentali deve essere collegato a un corrispettivo cambiamento negli stati fisici. Gli stati mentali "sono" stati neuronali, allo stesso modo in cui l'elettricità "è" gli stessi elettroni. Naturalmente ci si chiede da dove provenga l'elettricità. Si può organizzare in natura una gerarchia cominciando da particelle elementari e terminando con la coscienza. A ciascun livello si applicano alcune proprietà, ma al livello immediatamente superiore se ne applicano delle altre. Per esempio, gli elettroni hanno massa e movimento, ma l'elettricità ha potenziale e intensità. Componenti chimici hanno densità e conduttività, mentre organismi biologici hanno crescita e riproduzione. Ad ogni livello una nuova serie di proprietà emerge: per esempio, la forza debole al livello elementare delle particelle, la viscosità al livello molecolare, il metabolismo al livello biologico, e la coscienza al livello cognitivo. Il filosofo inglese Charlie Dunbar Broad aveva già dimostrato nel 1920 che l'universo è stratificato e che ogni livello rimanda al livello successivo ma non è in grado di spiegare le nuove proprietà che emergono con esso.

La "supervenience" da per scontato che la natura lavori in questo modo, ma non offre alcuna spiegazione del perché a un livello superiore noi dovremmo trovare l'elettricità in luogo di, per dire, "huicity or flowixity" (proprietà immaginarie): perché e come le proprietà? Perché e come la mente emerge dal cervello? Ultimamente, questo è il dilemma della "causazione mentale": come fa il cervello a causare la mente? In generale, questo è il dilemma delle proprietà di "secondo ordine": come fanno proprietà di un livello a causare proprietà ad un altro livello? John Searle (che crede che le menti siano caratteristiche di alto livello dei cervelli) ammette questa "supervenience" a un'estensione che risulta causale: gli stessi stati neuronali sono anche gli stessi stati mentali, dal momento che i primi causano i secondi. La "supervenience" si rivela dunque essere un paradigma utile perché è ridotto alla causalità. Kim non impose alcuna relazione causale: la relazione tra il mentale e il neuronale è analoga alla relazione tra l'utilità di un oggetto e le caratteristiche che lo rendono utile: tali caratteristiche non "causano" la sua utilità, la "costituiscono".

Tutti i fatti dell'universo (e sono per cui supervenient) dipendono da fatti fisici, ma la natura di questa dipendenza non è casuale, almeno secondo il filosofo americano David Chalmers. Proprietà che sono "supervenient" sul mondo fisico possono normalmente essere ridotte ad esso (cioè spiegate nei suoi termini), anche se la coscienza non è veramente, completamente "supervenient" sul neuronale, e per questo non può essere ridotta al neuronale. Chalmers distingue tra "logical supervenience" (che può essere largamente interpretata come possibilità, come situazioni che potrebbero potenzialmente accadere perché sono conformi a qualche ipotetico mondo fisico) e "natural supervenience" (che invece esprime una necessità empirica, quando due serie di proprietà sono sistematicamente e precisamente correlate nel nostro mondo naturale). Situazioni logicamente possibili non sono necessariamente anche situazioni naturalmente possibili (per esempio, ogni situazione che viola la legge di natura). "Logical supervenience" implica "natural supervenience", ma non vale il contrario. La distinzione tra i due tipi di "supervenience" è importante, Chalmers dimostra che un fenomeno può essere ridotto a una serie di proprietà di livello inferiore solo se è "logicamente" supervenient su quelle proprietà; in particolare, può essere ridotto al fisico solo se è "logicamente" supervenient sul fisico. La maggior parte delle cose sono logicamente supervenient sul fisico, così che  si possa trovare una spiegazione fisica per esse, le proprietà mentali invece sono semplicemente supervenient in modo naturale (e non logico) sulle proprietà fisiche. Di conseguenza non possono essere ridotte al fisico.

Tutto questo sembra significare che l'universo potrebbe essere completamente differente da quello che è, ma funzionare comunque (avrebbe semplicemente leggi diverse della natura), mentre la nostra coscienza è la nostra coscienza e non può che essere così. Le cose che noi possiamo spiegare in termini di fatti fisici sono quelle del primo tipo.

In conclusione, la coscienza è fisica? Charmers afferma che la coscienza è supervenient in alcune estensioni sul fisico, ma (secondo la natura della sua supervenience) non può essere spiegata in termini fisici.

 

La teoria computazionale della mente

La credenza fondamentale di Hilary Putnam era che lo stesso stato mentale possa essere completato da differenti stati fisici.

Per esempio, ciascuna persona ha un cervello differente, ma ogni persona ha gli stessi stati psicologici di "paura", "felicità", etc. Anche altri animali mostrano alcuni degli stessi stati. Putnam classificò stati mentali basati sulle loro funzioni, i.e. le loro funzioni causali senza il sistema mentale, non curante della loro struttura fisica. Stati fisici e mentali possono essere anche raggruppati in modi differenti.

Putnam suggerì che lo stato psicologico di un individuo fosse identificato con lo stato di una macchina (alla base, con un computer). Uno stato psicologico causerebbe altri stati psicologici in accordo con le operazioni della macchina. Credenza e desiderio corrisponderebbero a formule contenute in due registri di un computer. Algoritmi appropriati citerebbero quei contenuti per produrre azione.

Questa idea conduce a un caso speciale della teoria dell'identità, la teoria computazionale della mente.

La "teoria rappresentazionale della mente", sviluppata dal linguista americano Jerry Fodor, rappresenta un'evoluzione rispetto alle idee di Putnam. Fodor vuole dimostrare che la mente è un processore simbolico. La conoscenza del mondo è fissata in rappresentazioni mentali, e le rappresentazioni mentali sono simboli, che possiedono il loro ruolo causale in virtù delle loro proprietà sintattiche (i.e, in virtù del loro modo di essere utilizzati in operazioni di "computing"). La mente è dotata di un set di ruoli che operano su ciascuna rappresentazione. La vita cognitiva è la trasformazione di quei ruoli. La mente chiama in giudizio simboli in un modo puramente sintattico, senza essere a conoscenza di che cosa quei simboli significhino. Il comportamento è solo dovuto alle strutture sintattiche interne della mente. I simboli utilizzati per costruire rappresentazioni mentali appartengono al linguaggio del pensiero o "mentalese". Tali parole non possono far parte del linguaggio che noi parliamo, perché la vera abilità di parlare richiede l'esistenza di un linguaggio interno della rappresentazione. Tale linguaggio è una parte intrinseca del cervello ed è stato prodotto in qualche modo attraverso l'evoluzione. Una credenza, per esempio, è pronunciata come una sentenza nel linguaggio del pensiero, che risiede nell'area di credenza del cervello. ("io credo che il mio nome sia Piero" viene trasformato da una traslazione nel linguaggio del pensiero della frase inglese:"my name is Piero").

Questo linguaggio interno del pensiero è condiviso da tutti gli esseri viventi capaci di tali attitudini proposizionali. Tali creature possono esprimere le loro rappresentazioni in qualsivoglia linguaggio, umano o animale.

Fodor offre una soluzione al problema affrontato dai dualisti: come connettere la mente e il corpo, gli stati mentali e quelli fisici, il desiderio di fare qualche cosa e l'azione del farla. Credenze e desideri sono informazioni, rappresentati da simboli, e i simboli sono stati fisici di un processore, e il processore è connesso ai muscoli del corpo. Quando i simboli cambiano, essi hanno un impatto sul corpo e causano un comportamento. Allo stesso tempo, la percezione risulta in un cambiamento di quei simboli. Il processore, a sua volta, può cambiare i simboli perché consolida molti di essi in un nuovo ragionamento. Mente e corpo comunicano via processi di simbolismo.

La teoria computazionale di Fodor si è formata a partire dalle teorie di Noam Chomsky in linguistica e di David Marr sulla capacità visiva: la mente come un set di moduli che "stimano" qualcosa basato su una capacità simbolica innata. Noam Chomsky parlò di "organi mentali", per mettere in relazione la loro funzione e quella degli organi fisici. Infatti ciascun organo ha una funzione e comunica i risultati agli altri organi.

Fodor generalizza le proprie scoperte: la mente è fatta di moduli specificati geneticamente, ciascuno specializzato nel compiere il proprio dovere. Un modulo corrisponde a una regione fisica del cervello, ed è isolato da altri moduli. Un modulo riceve un input solo da moduli di livello inferiore, mai da livelli superiori (per esempio, una credenza non può influenzare il lavoro di un modulo che analizza dati sensoriali). Ciascun modulo genera output in una forma comune, il "linguaggio del pensiero".

Tali outputs sono input al processore centrale, che dirige la memoria a lungo termine e produce credenze. Il processore centrale è il solo modulo a non essere dominio-specifico. Ogni altro modulo tratta con uno specifico dominio.

Fodor non sembra completare la crescita cognitiva: i moduli sono fissati alla nascita e rimangono gli stessi attraverso la vita di un individuo.

L'approccio di Stephen Stich è maggiormente sintattico: egli rigetta la nozione che ogni oggetto di una rappresentazione mentale debba rappresentare qualcosa (o stare per qualcosa). Stich assume che gli stati cognitivi corrispondono agli stati sintattici in modo tale che relazioni causali tra stati sintattici (o tra stati sintattici, stimoli e azioni) corrispondono a relazioni sintattiche di oggetti sintattici corrispondenti.

Ned Block sostiene che lo stato psicologico di una persona possa essere identificato con il processo fisico che si è innestato nel cervello piuttosto che lo stato in cui il cervello si trova. Uno stato psicologico può anche essere rappresentato da un'operazione eseguita su una macchina, con lo stato computazionale della macchina, piuttosto che con il suo stato fisico. In questo modo lo stato psicologico non dipende dallo stato fisico della macchina e può essere lo stesso per differenti macchine, che sono in diversi stati fisici, ma nelle quali sta avvenendo lo stesso processo.

Block ha fornito la piu' ampia critica al funzionalismo. "Qualias" (sensazioni che sono associate al fatto di essere in uno stato psicologico dato) non sono facilmente spiegabili secondo una via funzionalistica. Prendere un organismo i cui stati funzionali sono identici ai nostri, ma in cui il dolore causa la sensazione che noi associamo al piacere ("qualia invertiti"), e un organismo i cui stati funzionali sono identici ai nostri, ma in cui il dolore non causa alcuna sensazione ("qualia assenti"): il funzionalismo non può rendere conto di ciascun caso. Inoltre, il funzionalismo non prescrive come si possa limitare l'universo di organismi che hanno stati mentali. Un funzionalista potrebbe pensare che anche l'economia di Bolivia, così abilmente manipolata da un finanziatore, abbia stati mentali.

 

Oltre il linguaggio del pensiero

Il filosofo americano Michael Tye è un funzionalista ma non un fisicalista. Egli crede che i nostri sentimenti non si trovino assolutamente nella testa. I neurofisiologi non potranno mai spiegare cosa vuol dire odorare o gustare. Tye separa la coscienza "fenomenica" ( sensazioni, percezioni, emozioni, sentimenti ) dalla coscienza " di ordine superiore", ma presumibilmente ciò che scrive riguardo alla coscienza fenomenica è applicabile anche alla coscienza di ordine superiore ( ad eccezione del fatto che i dati neurobiologici per quest'ultima non ci sono, per questo egli limita le sue ipotesi alla prima ).

L' ipotesi di Tye consiste nel fatto che la coscienza fenomenica non si trova nei neuroni : la coscienza fenomenica è nelle "rappresentazioni ".

Tye comincia con il solito paradosso ( originariamente proposto da Jackson ) dello scienziato che conosce tutto su un argomento ma non ne ha fatto esperienza. Tye immagina uno scienziato che ha vissuto la sua vita in un ambiente in bianco e nero studiando tutto ciò che riguardava i colori. Ha anche visto gli oggetti colorati in una tv in bianco e nero. Non ha potuto vederli a  colori. Conosce però cosa sia il colore e a quali proprietà obbedisce. Poi un giorno esce fuori dal suo ambiente in bianco e nero e fa esperienza dei colori di quegli oggetti. Non importa quanto sapesse sui colori, quando vedrà finalmente un oggetto rosso, sperimenterà qualcosa che non ha mai provato prima," imparerà " qualcosa che non conosceva: " cosa vuol dire vedere " un colore (quello che Tye chiama il " carattere fenomenico "del vedere un colore ). C'è una differenza fra la conoscenza oggettiva di qualcosa e l'esperienza soggettiva di qualcosa. Quest'ultima costituisce la coscienza fenomenica di qualcosa.

Tye crede che gli stati fenomenici non possono essere realizzati solo da stati neurali. Tye sostiene che gli stati mentali siano rappresentazioni simboliche, ma differisce da Fodor poiché non crede che la rappresentazione di una sensazione implichi una frase nel linguaggio del pensiero.  L'idea di qualcosa è rappresentata da una struttura simbolica che  è una frase. La sensazione di qualcosa è rappresentata da una struttura simbolica che non è una frase. Il formato ( la struttura simbolica ) della rappresentazione sensoriale è invece simile ad una mappa : un modello di attivazione che avviene in un apparato tridimensionale di cellule ciascuna contenente un simbolo e a cui sono attaccate delle etichette descrittive. I modelli sono analizzati da sequenze computazionali che sono in grado di estrarre le informazioni e poi attaccare le  appropriate etichette descrittive.

Una frase non sarebbe sufficiente a rappresentare una sensazione, poiché una sensazione include una specie di "mappa "dell’ambito a cui si riferisce. Per esempio, il dolore riguarda il corpo, e ha bisogno di un modo che rappresenti le parti del corpo che provano dolore. Le frasi mancano di questo potere rappresentazionale. I modelli di attivazione di Tye in quelle strutture simili a  mappe sono quindi rappresentazioni di cambiamenti corporei che attivano alcuni processi computazionali.

In questo consiste un'emozione secondo Tye.

La teoria delle sensazioni di Tye deve molto alla sua teoria dell'immagine mentale, in cui presuppone l'esistenza di modelli di attivazione ( nel magazzino visivo, l'apparato tridimensionale di cellule ), con etichette, che sono interpretate dai processi computazionali. In questo caso ciascuna cellula contiene ( locale ) informazioni come l'orientamento, la sfumatura del colore, la trama,  le etichette forniscono informazioni come la forma o la categoria dell'immagine. Tye sostiene che il corpo sia fornito ( come prodotto dell'evoluzione ) di un set di moduli sensoriali specializzati per le sensazioni del corpo ( dolore, fame, ecc…) proprio come i moduli sensoriali specializzati di cinque sensi ( e si riferisce alla differenza fisica delle regioni neurali). Ciascun modulo può compiere computazioni su alcune strutture simboliche.

Inoltre, Tye sottolinea che l'oggetto di una sensazione è non concettuale: noi abbiamo differenti sensazioni  di fronte a differenti toni di rosso anche se non abbiamo differenti concetti per quelle sfumature di rosso, noi siamo capaci di sperimentare più sensazioni che concetti. Tye conclude dicendo che "gli stati fenomenici si trovano nell'interfaccia fra il dominio non concettuale e concettuale", al limite fra i moduli sensoriali e il sistema cognitivo.

Tye analizza il carattere fenomenico  di un'esperienza e il suo contenuto fenomenico . Tye mostra che il carattere fenomenico di un'esperienza è identico al suo contenuto fenomenico ( la sensazione di dolore ad un piede non può essere astratta e rimane il fatto che si sente dolore nel piede ). Quindi, Tye conclude che gli aspetti fenomenici sono un sottosistema degli aspetti rappresentazionali, e non distinti da essi.

Poiché il carattere fenomenico è il contenuto fenomenico, l'esperienza del "what it is like " dipende dall'avere un sistema di concetti appropriato: si deve possedere un appropriato sistema di concetti per capire cosa vuol dire avere esperienza di qualcosa. Io non posso sapere cosa vuol dire sentirsi un pipistrello perché non posseggo i concetti appropriati per sentire cosa un pipistrello sente.

I concetti appropriati sono "predicativi" e "indexical" e possono essere acquisiti solo tramite l'esperienza diretta ( passata o presente, rispettivamente ).

Tye non risolve la"lacuna” fra stati fenomenici e stati fisici ( come le sensazioni soggettive abbiano origine da stati neurali che non sono soggettivi ) : la sua teoria spiega perché non possiamo sapere cosa vuol dire sentirsi come un pipistrello, ma non spiega perché il pipistrello sente cosa sente, i.e. come le sensazioni sono create dagli stati cerebrali. E' quasi come se Tye consideri la discussione chiusa, à la Colin McGinn, con l'idea che noi non abbiamo i concetti per capire la coscienza, sia quella del pipistrello sia la nostra.

 

Homunculi 

Il filosofo americano Daniel Dennett fornì l' immagine base del funzionalismo dell'homunculo : la mente deve essere ridotta a un insieme di funzioni cognitive; ciascuna funzione deve essere ridotta a problemi cognitivi più semplici; e andando avanti ogni volta riducendo l'intelligenza che serve a risolvere il problema, fino a raggiungere un livello in cui i problemi possono essere risolti senza ulteriore intelligenza di quella che possiamo trovare in una macchina.      

L'idea è che,  a questo livello nell'organizzazione di un sistema, il comportamento   complessivo del sistema è dato dall'interazione di un insieme di componenti interconnessi ("homunculi" ). Il comportamento di  ciascun componente è a sua volta costituito da un insieme di componenti interconnessi.

Dennett aggiorna il 'teatro cartesiano' (l'idea che ci sia un locus centrale nel cervello che dirige la coscienza ) con un modello a livelli multipli, in cui la coscienza è semplicemente la sensazione dell'attività del cervello e non c'è nessun centro particolare della coscienza.

Numerosi agenti nel cervello lavorano in parallelo elaborando le percezioni provenienti dai sensi e i pensieri provenienti da altri agenti.

Un altro filosofo americano, William Lycan, un sostenitore del funzionalismo homunculare di Dennett, sostiene che , oltre ad un livello inferiore dei processi fisio-chimici e un livello superiore dei processi psico-funzionali, la Natura sia organizzata in un numero di livelli gerarchici ( subatomici, atomici, molecolari, cellulari, biologici, psicologici ). E ciascun livello è sia fisico che funzionale: fisico, riguardo al livello superiore, e funzionale riguardo al suo livello inferiore. Procedendo dai livelli inferiori ai livelli superiori otteniamo una descrizione della natura, fisica e strutturale ( gli atomi che formano molecole, che formano cellule, che formano organi, che formano il corpo …).

Procedendo all'indietro, otteniamo una descrizione funzionale (il comportamento di qualcosa è spiegato dal comportamento delle sue parti). L'ontologia aggregativa  (bottom-up) e l'epistemologia strutturata (top-down) della Natura sono due aspetti della medesima cosa. L'apparente irriducibilità della mente è dovuta all'irriducibilità dei vari livelli.

Infine, Marvin Minsky, l'influente scienziato informatico americano, offre il suo contributo sulla struttura della mente. In modo simile all'homunculo di Dennett, la sua "società della mente" presuppone che il comportamento intelligente sia causato dal comportamento non intelligente di un numero elevato di agenti organizzati in una gerarchia burocratica. L'insieme delle loro azioni elementari e delle loro comunicazioni produce comportamenti sempre più complessi.

 

Il cervello causa la mente

Molti filosofi contemporanei, in particolare John Searle, sosterrebbero l'affermazione che i processi mentali sono causati dal cervello. E il concetto suona intuitivamente vero. Una più approfondita ricerca rivela quanto infondata sia questa visione e quanto ingannatrice possa essere per un ragionamento sulla coscienza. Il problema come spesso accade con i filosofi, è che l’affermazione è troppo informale per produrre una discussione formale e scientifica.

Prima di tutto, è sufficiente un cervello perché esista una mente? Può un cervello da solo produrre una mente? Non abbiamo evidenze d'altra parte di un cervello che da solo produca una mente. Senza un cuore potrebbe un cervello produrre una mente? Senza il sangue? Senza l'ossigeno? Senza il sistema nervoso connesso ai sensi? Se qualcuno potesse ritagliare la mia testa ed estrarne il mio cervello, dubito che questo possa ancora produrre la mia mente. Esso potrebbe anche essere composto esattamente dalla stessa materia ma non potrebbe più produrre una mente. Potrebbe, semplicemente, imputridirsi. Lo stesso oggetto produce o no una mente a seconda che sia vivo o morto. La verità è che noi abbiamo evidenza di una mente contenuta in un corpo, anzi  in un corpo vivente. Quindi, sarebbe più appropriato dire che ' corpi viventi producono menti'.

In secondo luogo, è necessario un cervello perché esista una mente? Noi non abbiamo prove di altre entità senza cervello che producono menti, ma d'altra parte non abbiamo altri modi per dedurre quest'evidenza. Non c'è nessun modo per sapere se una diversa entità possa produrre una mente. Non c'è nessun modo per sapere se un insetto è cosciente, se i batteri sono coscienti, se le piante sono coscienti, se i cristalli sono  coscienti, etc…Quindi potrebbe essere più prudente dire che corpi in vita producono menti. Questa è un'affermazione molto meno eccitante di ' cervelli producono menti'.

Il problema più grande è che anche il termine cervello ha bisogno di essere specificato. Cos'è un cervello? Il cranio fa parte del cervello? Gli occhi fanno parte del cervello? Quali sono i limiti del cervello?dove un nervo non fa più parte del cervello? Dove dobbiamo ritagliare tutti i nervi, le vene e i muscoli che  lo collegano al resto del corpo? al il mento? alla gola? Come posiamo tramutarci in cervello senza cambiare la sua essenza?

E riguardo agli altri animali? Può il cervello del gatto essere definito un cervello? Può il sistema nervoso degli insetti essere definito come un cervello? Può un computer definirsi un cervello? Può un cristallo essere definito come un cervello ? cosa fa di un cervello un cervello?

In conclusione, non siamo così sicuri che il cervello produca la mente…

Non-event causation

John Searle fa una  doppia critica: la coscienza non può essere ridotta  ai processi neurofisiologici che la causano, ma è un aspetto biologico del cervello.

I cervelli creano menti, sebbene non troveremo sensazioni e emozioni nei processi materiali del cervello, poiché sensazioni ed emozioni sono aspetti di ordine superiore del cervello. Searle attacca la tradizione cartesiana dalle fondamenta: sia il dualismo che il materialismo non hanno senso. La divisione del mondo in spirito e materia è arbitraria e controproduttiva. Dobbiamo semplicemente affrontare i fatti: la coscienza è prodotta dai processi cerebrali, ma essa non può essere ridotta a questi processi perché è un fenomeno di prima persona mentre i processi cerebrali sono fenomeni in terza persona. Per Searle il problema mente - corpo non è mai esistito: Cartesio inventò un vocabolario, una terminologia, non un problema reale.

Searle paragona il problema mente-corpo al modo in cui l'elettricità scaturisce dagli elettroni o la liquidità dalle molecole ( questo è ciò che la teoria della sopravvenienza ha sempre sostenuto ).

Searle preferisce sostenere che la coscienza è una proprietà 'emergente' (casualmente) dei sistemi, proprio come l'elettricità o la liquidità. Searle realizza come la sostanza liquida può essere prevista dalle proprietà delle particelle elementari, mentre la coscienza non può essere prevista dalle proprietà dei neuroni. Searle sostiene che i fisici possono spiegare come le caratteristiche dell'elettricità corrispondono alle caratteristiche degli elettroni, mentre noi non possiamo spiegare ( ancora ) come le caratteristiche della coscienza emergano dalle caratteristiche dei neuroni. I fisici possono spiegare perché (ed esattamente sotto quali condizioni ) un insieme di molecole può raggiungere la fase di transizione verso la liquidità. Searle però pensa che non sia un fatto della neurofisiologia contemporanea ( che può cambiare nel tempo ) ma che sarà sempre così, poiché è impossibile ottenere una spiegazione concreta delle caratteristiche della coscienza. Così Searle finisce col contraddirsi e ammettendo una differenza cruciale fra la coscienza e l'elettricità, i liquidi, o la digestione: la coscienza è speciale poiché non può essere spiegata. Sembra invocare il principio di Colin McGinn che la coscienza non può essere afferrata dagli umani, per quanto ci possano provare.

Searle non ha niente altro  da proporre se non di dichiararsi felice che la coscienza esiste e che emerge dai neuroni, che è lo stesso che dire che la sostanza liquida esiste e che emerge dai liquidi. Qualcosa che ogni essere umano ha potuto sperimentare fin dall'infanzia.

Ciò che dimentica è che l'elettricità, i liquidi ecc.., sono anche aspetti della nostra coscienza e non aspetti della materia. Un essere con sensi differenti percepirà le caratteristiche degli elettroni e delle molecole in modi differenti. L'elettricità, i liquidi ecc… sono molto più simili alla coscienza  di quanto Searle sostenga: essi sono la stessa cosa.

Searle cerca di dimostrare che i computer non sono menti poiché non sono cervelli, ma non verificò mai l'affermazione sottostante: che essi non sono cervelli. Nel gergo di Searle cervello è semplicemente la cosa che permette il funzionamento della mente. La sua intera teoria è quindi una mera tautologia: la mente nasce da ciò che la crea. Cosa questa cosa sia rimane un mistero. In conclusione, Searle sostiene solamente che la mente esiste. Qualcosa che miliardi di persone notarono molto prima di lui.

Searle non parlò mai dei due problemi fondamentali:

1.      da cosa è causata la coscienza ( quali sostanze, quali processi, quali combinazioni di sostanze e processi);

2.      può la coscienza essere scomposta in qualcosa di più elementare .

Invece, Searle riprende il concetto di Thomas Nagel che la coscienza non può essere spiegata. Egli intelligentemente evita di aggiungere 'proprio come i liquidi' poiché i liquidi, come tutte le proprietà emergenti, sono riducibili ai processi fisici che li creano. Le proprietà emergenti sono normalmente prevedibili dalla scienza: sappiamo quando (e perché e come ) una sostanza è liquida e non solida o gas. Se la coscienza è invece una proprietà emergente, perché dovrebbe essere l'unica che non possiamo prevedere e spiegare?

Searle non è confuso dall'emergere delle sensazioni consce dai processi neurofisiologici inconsci del cervello. Lo trova perfettamente comprensibile. Quindi egli sottovaluta  e ridicolizza tutte le teorie che cercano di risolvere questo paradosso. E' come se qualcuno non fosse sconvolto dal fatto che il sole sorga e tramonti tutti i giorni ma si accontentasse dell'idea che deve essere un aspetto della Terra.

Searle sbaglia nel dirci qualcosa che  sappiamo già.

 

Intenzionalità

Nella loro ricerca di una definizione definitiva di cosa sia la mente, per una proprietà che diversifichi la mente da qualcos'altro, un argomento popolare ricorrente è stato ciò che i filosofi chiamano ' intenzionalità' ( dal latino 'intendo' che significa ' riferirsi  a' ). ' Intenzionalità ' o in-esistenza di un oggetto è un concetto introdotto originariamente dagli Scolastici del Medioevo. Il loro concetto di intenzionalità  non è in relazione con il significato attuale della parola inglese 'intentional'. La loro intenzionalità è la proprietà di riferirsi a qualcos'altro.

Gli stati mentali hanno l'apparente unica proprietà di riferirsi a qualcos'altro. Per esempio, noi abbiamo paura di qualcosa, crediamo in qualcosa, sappiamo qualcosa. L'intenzionalità è la proprietà di essere rispetto a qualcosa. La paura, il credere, il sapere sono stati intenzionali. Se nessun altro fenomeno naturale dimostra intenzionalità allora l'intenzionalità può essere considerata come la caratteristica che differenzia la mente dal resto dei fenomeni naturali.

Tutto questo fu riassunto nel 1874 dal filosofo austriaco Franz Brentano nelle sue 'tesi' : tutti i fenomeni mentali sono intenzionali; nessun fenomeno fisico è intenzionale; quindi i fenomeni mentali non possono essere ridotti a fenomeni fisici; l'intenzionalità è ciò che divide i sistemi mentali dai fisici.

Brentano notò che ogni fenomeno mentale include qualcosa, come un oggetto in se stesso, sebbene il modo in cui lo include non sia sempre lo stesso (nell’amore qualcosa è amato,nell’odio odiato,etc…). "Questa intenzionale in - existence è una caratteristica esclusiva dei fenomeni mentali". Ogni pensiero che abbiamo è riguardo  qualcosa : noi amiamo, odiamo, crediamo, abbiamo paura , speriamo in …qualcosa.

L'intenzionalità si presenta sotto diversi aspetti, conosciuti anche come "attitudini proposizionali", e i filosofi successivi ne focalizzarono quattro ( credere, desiderare, sperare, sapere).

Un discepolo di Brentano, Alexius Meinong ( nella sua "teoria degli oggetti" del 1904) sostenne persino che gli stati mentali devono avere una loro esistenza separata dalla realtà fisica. Il credere qualcosa è realizzato da uno stato mentale di qualcosa che esiste anche in una forma diversa da quella in cui un oggetto fisico esiste.

Ciò che Brentano sostiene è che ogni stato mentale è una "rappresentazione" di un oggetto. Ciò che Meinong dice è che queste rappresentazioni di oggetti esistono indipendentemente dagli oggetti che esse rappresentano.

Né Brentano né Meinong spiegano come queste rappresentazioni sono create e di cosa siano composte.

Molte conseguenze possono derivare dalla teoria che gli stati mentali siano intenzionali. La conclusione di Brentano era il dualismo: gli stati mentali e fisici sono sostanze differenti e l'intenzionalità ci aiuta a discriminarle e a studiare gli stati mentali. Più di mezzo secolo dopo il matematico e filosofo americano Willard Quine raggiunge una conclusione diversa: questa intenzionalità non ha significato perché non si riferisce a nulla di fisico. Oggi Jerry Fodor sostiene che la mente sia intenzionale, ma che può essere ricondotta agli stati fisici. Daniel Dennett pensa che l'intenzionalità sia semplicemente un atteggiamento, fra i tanti che possono essere adottati studiando un sistema. Non tutti però sono d'accordo sul fatto che l'intenzionalità possa essere solo mentale: il filosofo americano Fred Dretske la studiò come una proprietà generale dei sistemi.

L'intenzionalità e la coscienza sono le caratteristiche chiave della mente. Quale relazione c'è fra loro? John Searle sostiene che tutto ciò che è intenzionale è sia conscio che potenzialmente conscio. L'intenzionalità potrebbe allora essere una caratteristica derivante dalla coscienza. Un sistema dovrebbe essere intenzionale prima di essere conscio. Allora, cosa rende un aspetto intenzionale conscio? Perché l'intenzionalità è un prerequisito per la coscienza?

 

L'atteggiamento intenzionale

Daniel Dennett identificò l'intenzionalità come un fenomeno molto più importante della coscienza o della mente.

Dennett mostra di conoscere solo che i concetti familiari di credenza, desiderio, intenzione e aspettativa definiscono una caratteristica fondamentale del nostro linguaggio: questi concetti ci aiutano a spiegare il comportamento dei sistemi (inclusi noi stessi). Egli nega però che questi abbiano una loro esistenza fisica propria.

Al fine di spiegare e prevedere il comportamento di un sistema si possono utilizzare tre strategie: un "atteggiamento Fisico", il quale inferisce il comportamento dalle strutture fisiche e dalle leggi della Fisica; una "atteggiamento-design" il quale permette di inferire il comportamento dalla  funzione per cui a cui è stato designato (sappiamo quando una sveglia si attiverà anche se non conosciamo la struttura interna dell'orologio); ed un "atteggiamento intenzionale" il quale inferisce il comportamento dalle credenze e desideri che il sistema deve mostrare per essere razionale. Questi sono semplicemente tre modi diversi di parlare della stessa cosa. Sono più simili a tre vocabolari diversi, o linguaggi, che a tre diversi insiemi di cose. L'atteggiamento intenzionale è quindi solo un particolare modo di spiegare i sistemi in generale, e della nostra mente in particolare.

" L'albero ha bisogno dell'acqua", "l'automobile deve essere lavata" ecc… sono esempi di atteggiamenti intenzionali. È un altro modo di descrivere lo stato degli oggetti: l'atteggiamento intenzionale. Questo atteggiamento è semplicemente l'insieme delle credenze e desideri di un organismo che permette ad un osservatore di prevedere le sue azioni. Credenze e desideri non sono stati interni della mente che producono il comportamento, ma semplicemente strumenti che sono utili a prevedere il comportamento. Nessun sistema è veramente intenzionale. Le credenze e i desideri di un organismo e come queste influenzino il comportamento dell'organismo hanno origini biologiche. Se un organismo sopravvive alla selezione naturale, la maggior parte delle sue credenze sono vere e la maggior parte dei suoi desideri saranno possibili ed il modo in cui l'organismo li adopera è il più razionale ( credenze sono utilizzate per soddisfare i desideri dell'organismo). Se così non fosse, l'organismo non sopravvivrebbe.

I sistemi intenzionali sono sistemi razionali per definizione. Intenzionalità e razionalità sono aspetti complementari della selezione naturale. Il fatto che alcuni sistemi intenzionali sono anche sistemi cognitivi è un dettaglio. Credere e desiderare sono, in primo luogo, prodotti biologici e hanno una funzione biologica. Infine, questa intenzionalità non è una descrizione  della relazione fra il sistema intenzionale (e.g., la mente ) ed il suo ambiente. Un intero organismo può essere descritto dal suo atteggiamento intenzionale, poiché è un prodotto della selezione naturale.

I fatti descritti con un atteggiamento intenzionale possono essere spiegati dall'atteggiamento ‘design’, il quale è a sua volta prodotto dall'aspetto fisico.

In un certo senso la mente è un insieme di menti. La mente è ciò che attribuiamo agli oggetti, inclusi altri esseri umani e noi stessi, quando utilizziamo un atteggiamento intenzionale.

Non è un tipo diverso di materia o un tipo diverso di proprietà è solo un modo per descrivere cosa accade.

La critica di Dennett è per lo più nei confronti del linguaggio che è stato inventato nei secoli per parlare degli stati mentali, e non verso l'esperienza conscia del pensiero o dei sentimenti.

 

L'intenzionalità come rappresentazione

Fred Dretske riscopre la teoria dell'informazione di Shannon e Weaver: uno stato preleva informazioni da un altro stato fino a dipendere da esso . Dallo stesso punto di vista ,l'intenzionalità è così ricondotta ad una relazione di causa-effetto: ciascun effetto fa riferimento alla sua causa. Da questa nuova prospettiva, risulta che l'idioma intenzionale del credere, desiderare, conoscere, può risalire agli organismi primitivi che hanno solo un sistema di strutture interno ma l'importanza per la spiegazione del comportamento dell'organismo si trova in ciò che tali strutture indicano (esse hanno un significato e significano qualcosa per l’organismo di cui fanno parte). In altre parole, l'intenzionalità non è una prerogativa degli stati mentali, anzi si può trovare nei sistemi viventi e non ( per esempio, un termometro fa riferimento alla temperatura ). Possedere dei contenuti non è una prerogativa umana. Gli stati mentali intenzionali sono in realtà un po' limitati se paragonati agli stati intenzionali dei sistemi fisici, poiché essi perdono molte informazioni che i sistemi fisici non perderebbero. Paradossalmente, la mente distorce le informazioni che sono disponibili nell'ambiente. Altri sistemi sono più fedeli.

Ciò può essere riassunto nei termini di rappresentazioni. Gli elementi di un sistema rappresentazionale hanno un contenuto definito da ciò che la loro funzione indica( ciò che il filosofo inglese Henry Grice chiama " significato non-naturale "). Dretske distingue tre tipi di sistemi rappresentazionali: il primo tipo ha elementi che non mostrano nessun potere intrinseco rappresentazionale ( questo include mappe, codici, ecc… ); il secondo tipo ha elementi ( segni ) che sono causalmente relazionati con ciò che indicano ( comprende le misure ); il terzo tipo ( o naturale )  possiede il proprio intrinseco indicatore di funzioni ( diversamente dal primo e secondo tipo, nei quali gli esseri umani sono la causa delle funzioni) e quindi un potere naturale di rappresentazione.

Da questa idea Dretske sviluppò una teoria del comportamento . Il termine comportamento viene usato in molti modi diversi  per indicare molte cose differenti. Il comportamento di un animale è comunemente considerato consistere nelle azioni che sono guidate più o meno dall'istinto o dalla natura. Questo non è necessariamente un comportamento volontario. Il fatto che le donne hanno le mestruazioni fa parte del comportamento femminile , ma non è volontario. Il comportamento è pervaso dalla natura, e non può essere ristretto agli animali: anche le piante hanno il loro comportamento. Il comportamento è il prodotto di qualche effetto esterno causato da qualcosa di interno. Il comportamento è un complesso processo causale dal momento che determinate condizioni interne producono determinati movimenti esterni. Prima di tutto il comportamento è un processo. Un processo è causato sia da cause emergenti ( la ragione per cui accade adesso ) sia da cause strutturali ( la ragione per cui il processo è così ). Ciò vale sia per il comportamento umano sia per quello delle macchine ( un termostato accende un forno sia perché la temperatura è scesa sotto il valore di riferimento sia perché è stata costruita per accendere il forno sotto certe condizioni ). In generale, gli esseri umani sono interessati alla struttura del comportamento, il quale nelle piante e negli animali è determinato dall'evoluzione naturale e nelle macchine è costruito dagli esseri umani.

Dal punto di vista di Dretske, l'intenzionalità non è una proprietà utile per differenziare la mente dal corpo, ma una proprietà che può aiutare a formalizzare il comportamento dei sistemi sia umani che biologici che meccanici.

 

Fenomenologia

Alla fine del secolo il filosofo tedesco Edmund Husserl estese il concetto di Brentano dell'intenzionalità e, poiché l'intenzionalità  collega mente e fenomeni, concluse che i fenomeni e gli esseri viventi sono la stessa cosa.

Nel 1960, il filosofo tedesco Martin Heidegger, un sostenitore della fenomenologia di Husserl, puntualizzò una pecca fondamentale nelle teorie dualiste, e, di conseguenza, nell'intero dibattito mente-corpo.

Il dualismo di Cartesio è semplicemente una conseguenza di una visione errata del mondo, secondo la quale da una parte abbiamo il mondo oggettivo della realtà fisica ( composta da oggetti con proprietà fisiche) e dall'altra abbiamo il mondo soggettivo della vita mentale ( sensazioni, conoscenze, coscienza ).

Secondo questa visione, il mondo fisico è descritto da alcuni fatti oggettivi che non dipendono dalla nostra esistenza. Noi possiamo percepire questi e ragionare su di essi. E possiamo agire nel mondo basato sui nostri pensieri. La nostra relazione con il mondo ed i suoi oggetti è distaccata, come quella di un osservatore.

Heidegger ci ricorda che noi siamo parte di quel mondo. Siamo uno dei suoi oggetti. Non esistiamo come proprietà indipendenti, esistiamo in quanto parti del mondo. Non c'è nessun modo di tornare indietro e osservare in una maniera distaccata cosa sta accadendo: noi siamo parte di ciò che sta accadendo, e solitamente sta accadendo così in fretta che non abbiamo neanche il tempo di pensarci. Abbiamo solo il tempo di reagire a causa dell'istinto.

Heidegger nega ogni valore all'espressione " realtà fisica " e "realtà mentale " e alla dicotomia oggettivo/soggettivo: il mondo e la mente non possono essere separati. Tutto è soggettivo o oggettivo ( dipende dalla definizione ) poiché tutto ciò che sappiamo è la nostra interpretazione di ciò che accade e non abbiamo modo di avere un 'interpretazione oggettiva di ciò che accade poiché siamo parte di essa.

Nella vita di tutti i giorni non adottiamo un approccio distaccato, logico, alle situazioni ma agiamo e basta. Normalmente, analizziamo una delle nostre azioni solo dopo averla compiuta; e ciò accade di solito quando qualcosa è andato storto: riflettiamo e analizziamo cosa e perché è andato storto. La maggior parte del tempo non siamo coscienti del perché stiamo facendo ciò che stiamo facendo.

Heidegger dice che siamo proiettati nel mondo. Di solito non interrompiamo le situazioni: interroghiamo il mondo intorno a noi solo quando le nostre azioni falliscono e abbiamo bisogno di trovare un perché.

Per esempio, normalmente non siamo consci di quali strumenti stiamo usando per compiere un'azione: un paio di forbici o un bicchiere o della colla. Solo quando la nostra azione fallisce, ci focalizziamo sugli strumenti che abbiamo utilizzato e perché hanno fallito.

Quando stiamo martellando un chiodo nel legno, non ci interessano le proprietà del martello, del chiodo e del legno, noi martelliamo e basta. Se ciò non funziona ci fermiamo e analizziamo cosa non va nel martello nel chiodo o nel legno.

La stessa cosa accade con gli oggetti che ci circondano: siamo raramente consapevoli di ogni singolo oggetto che ci circonda. Se qualcuno però ci chiudesse in una stanza e avessimo bisogno di trovare un modo per uscire: solo allora noi scomporremmo la realtà di quella stanza in tutti i suoi componenti, cercando disperatamente qualcosa che ci possa aiutare.

Qualche volta quando improvvisamente ci focalizziamo sulla guida, ci sentiamo persi: tutto ad un tratto, non riconosciamo la strada che percorriamo tutte le mattine. Ci sono così tanti dettagli che non abbiamo mai notato: lì c'è veramente una curva ? c'è un cartellone pubblicitario in quella curva? E così via. Anche se non ci concentriamo sulla strada, sappiamo perfettamente come arrivare al lavoro.

Se chiudiamo gli occhi ci troviamo a riscoprire la nostra stessa stanza, in cui molti dettagli sono al momento inconsci anche se la conosciamo meglio di qualunque altro posto nel mondo. Quando cerchiamo di muoverci nella nostra stanza bendati, noi scomponiamo la nostra conoscenza di essa. L'ultima volta che lo abbiamo fatto è stato quando ci siamo entrati.

Nella vita di tutti i giorni, non abbiamo una completa rappresentazione della situazione, e non possiamo prevedere tutte le conseguenze delle nostre azioni; non abbiamo tempo per cercare altre rappresentazioni o previsioni. Nonostante tutto  noi comprendiamo le situazioni e agiamo in esse. E la maggior parte delle volte sopravviviamo. Solo quando le nostre azioni falliscono, abbiamo bisogno di tornare indietro per analizzare la situazione e cercare di immaginare razionalmente perché abbiamo sbagliato. La logica è qualcosa che usiamo dopo l'azione per ridimensionare ciò che abbiamo sbagliato.

La scienza che abbiamo inventato per analizzare il mondo è complicata. La verità è molto più semplice e più vicina alla nostra vita ordinaria.

C'è un'unità fondamentale del "Dasein " ( di esistere). Soggetto e oggetto non possono essere separati. Non possono esistere indipendentemente.

Un individuo non è un'entità separata ma una manifestazione di Dasein nel mondo e persino della tradizione ( la società è una grande componente di questo mondo ).

Non possiamo studiare le credenze come se fossero oggetti perché non possiamo astrarre e osservarli oggettivamente. Sono parte del nostro sistema di credenze ed ogni azione che compiamo è influenzata dallo stesso sistema così entriamo in un circolo vizioso. Portiamo un fardello di esperienza e conoscenza con noi che modella le nostre azioni.

Quando studiamo qualcosa razionalmente, da una posizione distaccata, noi stiamo perdendo contemporaneamente qualcosa isolandola. Il comprendere qualcosa fa parte di essa. La conoscenza è una prassi. Noi siamo proiettati nel mondo e questo è il modo in cui lo comprendiamo e ci comportiamo in esso. Se ci fermiamo e lo osserviamo, poi non saremo più in grado come prima di agire in esso.

Naturalmente, Heidegger non aveva bisogno di rappresentazioni mentali per comprendere. Cosa dire riguardo all'azione : azione del mondo e le nostre azioni nel mondo. La rappresentazione è interpretazione. Non c'è nessun fatto oggettivo riguardo al mondo.

Non per sminuire Heidegger, ma è ironico che Heidegger , l'unico che ci disse che la Scienza fu creata per rendere difficili le cose semplici, è oggi ricordato come uno dei filosofi più difficili.

La verità è che la teoria di Heidegger appare oscura perché è così non scientifica e abbiamo difficoltà nel capire le teorie non scientifiche. Ecco perché abbiamo creato la scienza: per spiegare cose che sembrano al di là della comprensione.

Fortunatamente per la maggior parte di noi, le persone che progettano i ponti e le automobili non seguono la teoria di Heidegger: essi tornano indietro, analizzano la situazione, calcolano attentamente le leggi naturali del mondo fisico oggettivo, e alla fine costruiscono artefatti che funzionano.

 

Il monismo neutrale

I filosofi hanno discusso per secoli se esistano due sostanze o esista solo una sostanza, se il dualismo o il monismo siano i modelli giusti per il mondo. Bertrand Russell concluse che se esiste una sostanza, non è né materiale né mentale, ma, meglio ancora, che non esista nessuna sostanza. La sua idea fu largamente ignorata, il che ci sorprende poiché le sue idee sono le uniche nell'intera filosofia della mente ad essere realmente basate sulla conoscenza dei Fisici moderni.

Russell semplicemente riporta letteralmente il pensiero di Einstein: se spazio e tempo sono inseparabili, se la materia è energia, se ogni cosa è relativa all'osservatore, allora sia materia che mente sono ipersemplificazioni senza significato della realtà. La materia è meno materiale della teoria di Newton, e lo spirito è meno materiale della teoria di Barkley. Nulla esiste realmente come una sostanza. Sono piuttosto modi differenti per organizzare spazio e tempo. Ciò che realmente esiste sono gli 'eventi'. Io sono un insieme di eventi spazio-temporali che sono uniti per un breve momento.

Lo stesso argomento può essere visto dal punto di vista della percezione.

Le sensazioni sono sia materiali che mentali. La sensazione è una parte dell'oggetto che può essere costruita fuori da essa. La sensazione è una parte della mente nella cui biografia si trova la percezione. Un oggetto è definito da tutte le manifestazioni che nascono nelle vicinanze alla mente. La mente è definita da tutte le manifestazioni che partono dall'oggetto e lo raggiungono. Se noi rappresentassimo l'universo come una rete di interazioni fra più oggetti e più menti, un oggetto sarebbe l'insieme di tutte le sue emissioni, la mente sarebbe l'insieme di tutte le sue immissioni. L'oggetto non è il generatore di queste produzioni e una mente non il ricevitore di tali immissioni.

La differenza fra mente e materia sta semplicemente nelle la relazioni causali  da prendere in considerazione.

Non c'è nessuna differenza sostanziale fra mente e materia. Sono derivate dalla stessa sostanza che non è né materiale né mentale ( è 'neutrale ').

 

Un nuovo Materialismo

Una visione materialistica della mente ricorre ogni volta che i filosofi  cercano di spiegare la mente in modo razionale. Il problema che ha contrastato i loro tentativi per secoli è come la mente possa nascere dalla materia, come le sensazioni possano nascere da una materia inanimata.Una visione moderna dice che la mente è invece materiale, ma in qualche modo i suoi costituenti concreti si comportano in modo diverso dalla materia che studiano i Fisici. Quindi è la Fisica che deve essere modificata o estesa per comprendere nuovi tipi di fenomeni naturali.

La posizione di John Searle riassume parecchi di queste opinioni materialistiche. Egli  pensa che 1 la mente sia prodotta da processi neurali e 2 che la mente sia un aspetto del cervello. Gli stati mentali non sono fisici, ma costituiscono una nuova classe di caratteristiche del cervello. I fenomeni mentali non sono riducibili alla Fisica e Chimica tradizionale. Le loro proprietà ( come significato e consapevolezza ) sono diverse da quelle della materia.

La relazione fra gli stati mentali e stati cerebrali è causale, in entrambe le direzioni, ciascuna è causa dell'altra. Searle chiama questa relazione fra cervello e coscienza " non-event causation ". La coscienza è una proprietà emergente del cervello allo stesso modo delle proprietà dei liquidi che derivano da quelle delle molecole di cui sono costituiti. In altre parole, è concreta, ma allo stesso modo non può essere paragonata a nessun altra proprietà fisica.

Il filosofo inglese Galen Strawson è un monista e materialista. Egli rifiuta il neocomportamentismo, la visione per cui la vita mentale è collegata al comportamento nel senso che il comportamento è essenziale per spiegare i processi della mente. Egli contrasta con il neo comportamentismo con il suo cartesianesimo naturalizzato, il quale si basa su due assunzioni: la mente è fisica; solo i fenomeni mentali sono gli unici che creano la nostra esperienza conscia ( i fenomeni esperenziali). Quindi, rappresentazioni e intenzionalità vengono considerate come effetti secondari.

 

Il materialismo eliminativo

Poiché i concetti correnti di fisico e mentale sono incompatibili, uno dei due concetti deve essere modificato. Gli eliminativisti credono che il termine mentale non sia corretto e debba essere abbandonato, ma si pensa che sia la terminologia fisica ad essere inadeguata e sorpassata.

"Il materialismo eliminativo " è la teoria, esposta nel 1960 da Richard Rorty e Paul Feyerabend, secondo cui gli stati mentali non esistono. Il filosofo americano Paul Churchland è il più importante sostenitore di questa posizione.

È soltanto il vocabolario della nostra tradizione psicologica che parla di credenze, desideri, sensazioni, emozioni, pensieri,ecc… Noi spieghiamo il comportamento delle persone usando questa terminologia che attribuisce gli stati mentali alle persone. In realtà, solo i processi cerebrali esistono. Dovremmo sostituire il linguaggio datato della tradizione psicologica con il linguaggio della neurobiologia, proprio come la fisica classica è stata sostituita dal linguaggio più preciso della fisica di Newton. Termini come credere e desiderare sono scientifici quanto i quattro spiriti dell'alchimia.

Secondo Churchland la prova che la tradizione psicologica sia non scientifica include :

  1. Essa è rimasta la stessa dall'antica Grecia ( ma anche l'aritmetica);

  2. Essa non si è intergrata con le scienze naturali ( ma è stata integrata con l'informatica attraverso il funzionalismo computazionale);

  3. Essa è incompleta poiché la sua terminologia non si applica correttamente ai fenomeni mentali come il sonno e i disturbi mentali (anche la Fisica di Newton non è completa ma ciò non significa che la terminologia della massa ed energia debba essere abolita).

Churchland nega ogni valore alla vita mentale in prima persona, alla coscienza, al sé, alle emozioni, ecc… Egli  fonda la sua obiezione sul fatto che non c'è nulla nel cervello che somigli a ciò di cui parla la psicologia classica: ci sono solo modelli di attività (vettori attivazionali ).

 

Mente o Materia

Sembra essere una questione semplice: cos'è l'anima? La mente complica la questione perché essa relaziona la mente in un posto specifico, il cervello, senza essere specifica. La mente è l'anima? La mente è qualcosa di più dell'anima? O qualcosa di meno ?

L'autore di questo libro pensa che la questione sia formulata in un modo non scientifico. Mente è un termine generico che si riferisce a un insieme di facoltà cognitive che possediamo e che talvolta racchiude la coscienza.

Sarebbe molto più appropriato focalizzarsi sulla conoscenza. Mentre qualcuno potrebbe essere riluttante nel credere che gli animali abbiano una mente, molti non avrebbero nessun problema ad attribuirgli qualche grado di facoltà cognitiva, come la memoria, la capacità di apprendere e di ragionare. La conoscenza può benissimo essere considerata come una proprietà di almeno tutti gli organismi viventi, ma una proprietà che ha gradi diversi: gli esseri umani ne hanno di più delle lumache.

Inoltre, ci sono somiglianze forti fra il comportamento di una sostanza vivente cognitiva e il comportamento di una non cognitiva  sostanza non vivente. Anche un pezzo di carta mostra una forma di memoria che assomiglia al modo in cui funziona la nostra memoria : se lo pieghiamo più volte nella stessa direzione imparerà progressivamente a stare piegato in quella direzione; se smettiamo di piegarlo esso assumerà lentamente la posizione originaria. Ogni pezzo di materia "ricorda" cosa è successo alla sua forma, e talvolta alla sua composizione chimica ( che gli scienziati di laboratorio possono rintracciare nel tempo ). Lontano dall'essere solamente nella mente, le facoltà cognitive sembrano essere presenti ovunque nella natura.

La memoria e la capacità di apprendere possono quindi essere presenti ovunque in natura, a condizione che consideriamo che si presenti a gradi. La conoscenza può non essere necessariamente una proprietà esclusiva della materia vivente. La cognizione può essere una proprietà generale della materia , che il cervello umano semplicemente amplifica per poter compiere azioni più interessanti. Solo quella parte della mente, quella che ha a che fare con le facoltà cognitive, può essere ricondotta ai processi materiali. L'altra parte, la coscienza, è una facoltà molto più complicata.

 

La mente darwiniana

Il 'pensiero ' è completamente un'altra faccenda. La mente  definita come la totalità dei pensieri è un mistero ancora più vago. È  una mia convinzione però che questa mente, proprio come il cervello, obbedisce a leggi che in natura sono darwiniane. Sia la mente che il cervello ( il sistema delle connessioni neurali ) obbediscono alle stesse leggi di selezione ed evoluzione della specie e degli anticorpi. Sia le strutture neurali che i pensieri sono frutto della selezione naturale e variano in un modo fondamentalmente casuale.

Lo stesso processo che vale per l'origine della specie è probabilmente responsabile dell'origine dei pensieri. Proprio come le specie generano altre specie  e creano un ramo dell'albero della vita, così i pensieri generano fili di pensieri. Catene di pensieri che possono diventare sempre più deboli fino a sparire o possono diventare sempre più consistenti. Tutto dipende dall'esperienza. Ma d'altra parte la mente è piena di fili che competono.

A questo riguardo, la personalità può essere il risultato della selezione naturale dei fili di pensieri. Quelli che vengono rinforzati dall'esperienza di un individuo andranno a costituirne la personalità.

 

La fabbrica delle illusioni

La mente è una fabbrica di illusioni. Essa crea la realtà più profonda in opposizione alla più esterna realtà del mondo. Noi vediamo colori e forme, percepiamo gli odori e i profumi, udiamo voci e suoni. Percepiamo lo scorrere del tempo. Ma l'universo è composto da particelle e onde. La mente traduce il mondo in sensazioni. Poi elabora le sensazioni per produrre pensieri, memoria , concetti, idee. Nessuno di questi è reale. È solo una gigantesca illusione. Non saremo mai sicuri se qualcosa esista davvero.

Poi la mente crea la coscienza, i.e. la consapevolezza di sentire quelle sensazioni e , soprattutto, la sensazione soggettiva di esistere. Può la coscienza essere la diretta conseguenza dell'esistenza di queste illusioni? Esiste  qualche essere vivente dotato di percezione sensoriale dotato anche di coscienza?

La scienza necessita di definizioni argute, attendibili, in special modo definizioni degli oggetti che studia. Sfortunatamente, la mente è una di quelle cose che noi intuitivamente, ovviamente conosciamo, ma, quando cerchiamo di formalizzare ci rendiamo conto di non conoscerla affatto. Il modo più comune per definire cosa sia la mente, è fare una lista delle facoltà cognitive: la mente è qualcosa che può imparare, ricordare, ragionare, ecc… La verità è che facendo così noi abbiamo solo spostato il livello: dobbiamo adesso definire la capacità di apprendere, la memoria, il ragionamento, ecc… Più scientifici cerchiamo  di essere più diamo definizioni che sono sempre più lontane da come vorremmo che fossero. Come abbiamo visto, molte cose (e certamente molti sistemi biologici ) possono essere definiti capaci di qualche capacità ci imparare, ricordare, ragionare, ecc… I cristalli mostrano potenti processi di organizzazione di se stessi.

Cos'ha di speciale la mente? Non sono le facoltà cognitive. È la vita interiore. La mente è una fabbrica di illusioni, che traduce questo mondo di particelle e onde in un mondo di colori, suoni, odori. E questa è l'illusione di tutte le illusioni: la coscienza. Qui giace il segreto della mente.