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La presa di potere della mente
Non c'è dubbio che la maggior
parte delle persone sentano che la loro mente è più importante del loro corpo.
Le persone possono aver paura di perdere un arto in un incidente, ma lo
preferirebbero comunque rispetto alla perdita della coscienza. Una persona in
coma irreversibile è considerata tecnicamente morta anche se il suo corpo è
ancora vivo. Non facciamo caso al trapianto di un organo, perfino del cuore; ma
ci opporremmo al trapianto di cervello: la maggior parte delle persone
interpreterebbe un trapianto di cuore su di sé come "qualcuno mi sta
donando il suo cuore"; ma interpreterebbe un trapianto di cervello come
"sto dando il mio corpo a qualcun'altro". La mente sembra essere molto
più importante del corpo.
Riusciamo
a immaginarci un futuro in cui la mente esisterà senza il corpo, ma non un
futuro in cui saremmo contenti di essere corpi senza menti. Infine noi siamo le
nostre menti, non i nostri corpi.
Sembrerebbe
che non sia sempre stato così, c'è probabilmente stato un tempo in cui la
sopravvivenza del corpo era più importante della sopravvivenza della mente. La
preminenza della mente è un fenomeno recente. Il principale obiettivo dei
nostri antenati era probabilmente quello di proteggere i propri corpi dai
predatori e dalle catastrofi naturali. Se il corpo muore, l'individuo ( di
qualsiasi cosa l'individuo sia fatto ) semplicemente muore. La natura garantisce
al corpo un'ovvia preminenza sulla mente, una preminenza che noi abbiamo
dimenticato, ma che probabilmente è esistita per lungo tempo nel corso
dell'evoluzione della specie umana.
Per
un lungo periodo la mente potrebbe essere stata semplicemente un mezzo per
riuscire a raggiungere l'obiettivo di proteggere il corpo. Niente di più che un
vantaggio dell'evoluzione sopra le altre specie nel proteggere il corpo.
Semplicemente come alcuni animali hanno il pelo per proteggersi dal clima
freddo. Poi, in qualche modo, quel vantaggio evolutivo è diventato la parte
predominante dell'individuo.
Fino
al punto che noi dichiariamo "morto" qualcuno il cui corpo è vivo ,
ma la cui mente non lo è. C'è stato un veloce progresso verso la rivoluzione
di questo assunto: la mente ha lentamente superato il corpo e adesso noi
pensiamo a un individuo come la sua mente (mentre invece noi continuiamo a
pensare a un cane come al suo corpo senza occuparci del fatto che abbia una
mente o meno).
La
prima parte del mistero che noi affrontiamo è perché questo è successo e
come. La seconda parte è, in un certo senso, la prova che la mente è un fatto
recente: noi chiediamo che cosa è la mente. Quando noi chiediamo che cosa è la
mente, implicitamente supponiamo che il corpo sia determinato. Il corpo è
determinato e noi possiamo chiederci cosa sia la mente. Non diamo per scontata
la mente e ci chiediamo che cosa sia il corpo e perché abbiamo un corpo. Noi
siamo corpi che si fanno domande a proposito delle nostre menti, non menti che
si fanno domande a proposito dei loro corpi. A un certo punto le menti
succedettero ai corpi. E ora i corpi usano le loro menti per domandarsi
"come questo sia avvenuto" e "che cosa sia la propria
mente".
La
ricerca per una spiegazione razionale della mente umana è sempre iniziata con
l'obbiettivo di definire la relazione tra la mente e la materia: è la nostra
mente fatta di materia? (nota che noi non chiediamo: è il nostro corpo fatto di
spirito?). E' fatto di una sostanza differente? Che cosa differenzia il mentale
dal non mentale? Come si relazionano la nostra mente e il nostro corpo? E' la
nostra mente dentro il nostro corpo? E' la nostra mente nata con il nostro
corpo? Morirà con il nostro corpo? Cresce con il nostro corpo? In questi
giorni, avendo imparato abbastanza a proposito del cervello ed essendo stati
rassicurati da innumerevoli esperimenti psicologici a proposito del fatto che il
nostro cervello è la principale entità responsabile del nostro pensiero, noi
siamo principalmente interessati alla specifica relazione tra il cervello e la
mente: quale è la relazione che intercorre tra il mentale e il neuronale? Come
si genera il mentale dal neuronale? E, infine, che cosa è la mente?
Dualismo
e il dibattito mente-corpo
Storicamente,
dualismo e monismo sono le due principali scuole di pensiero antagoniste.
Secondo il dualismo mente e corpo sono fatte di due sostanze differenti. Il
primo e il più famoso fra i dualisti era il filosofo francese Descartes (
diciassettesimo secolo), che è considerato l'iniziatore di tutto il dibattito
mente-corpo. Egli osservò che la realtà è divisa in materia e spirito. Questi
sono due mondi differenti composti da due differenti sostanze. D. ha definito
che cosa è la materia e che cosa è la mente: la materia è qualsiasi cosa
mostri la proprietà di "estensione" (proprietà geometriche come
dimensione e forma) la mente è "cogito" cioè pensiero (una
definizione più scientifica del pensiero verrà successivamente con Brentano).
"Res extensa" (le cose che hanno un'estensione) e "Res cogitans"
(sotanze pensanti) appartengono a due regni separati e non possono essere
studiate con gli stessi strumenti. Questo dualismo ha avuto un'enorme influenza
sulle generazioni future. La fisica di Newton, per esempio, è una diretta
conseguenza di questo approccio: la fisica studia il regno della materia, e
tratta solo di questo. E sarà così fino alla fine del ventesimo secolo.
I
dualisti moderni hanno abbandonato la rigida dicotomia di Descartes. Oggi, ci
sono due principali rami del dualismo: quello della "sostanza" (la
mente è una sostanza diversa dal cervello), come l'interazionismo di Popper ed
Eccles, e il dualismo della "proprietà" (la mente è la stessa
sostanza del cervello, anche se proviene da una classe di proprietà che sono
esclusive del cervello), così come la teoria della "supervenienza"
(Kim, Chalmers). Arriveremo presto a occuparci di questo.
Una
variante del dualismo è l'"epifenomenalismo": mente e corpo sono
fatte di sostanze differenti , ma la mente non ha alcuna influenza sul corpo. Il
cervello causa la mente, ma la mente non ha alcuna autorità sul lavoro del
cervello. Gli eventi mentali non hanno effetti materiali, mentre eventi
materiali possono avere effetti mentali. Gli eventi mentali sono semplicemente
una conseguenza degli eventi materiali (come il fumo è una conseguenza del
fuoco, ma non ha nessun impatto sul fuoco).
Monismo
Secondo
il monismo invece il corpo e la mente sono fatti della stessa sostanza: gli
"idealisti" pensano che tutto sia mentale, i "materialisti"
che tutto sia materiale. Il monismo si divide così in idealismo e materialismo.
Il
filosofo olandese Baruch Spinoza (diciassettesimo secolo), per esempio, riteneva
che esistesse una sola sostanza, e che la sostanza avesse due proprietà: cioè
che fosse cosciente e che avesse estensione. Gli individui sono parte di quella
sostanza, che è in fine Dio. Dio è tutto quello che esiste, (lui è ciò che
è), non esiste nulla che non sia Dio.
Il filosofo inglese Bertrand Russel era anche una specie di monista, perché credeva che tutto nell'universo fosse fatto di eventi (spazio-temporali),e che gli eventi non fossero né mentali né fisici.
Idealismo
Secondo
l'idealismo, l'unica realtà è la mente.
Il
filosofo tedesco Gottfried Leibniz (diciassettesimo secolo) credeva che
esistesse solo la mente. Gli esseri umani non sono gli unici ad avere una mente.
Tutto ha una mente. Perfino la materia è fatta di mente. La mente ha dei gradi,
cominciando con la materia (la cui mente è molto semplice) e finendo con Dio
(la cui mente è infinita). La realtà è il luogo di tutte le menti finite o
monadi che Dio ha creato. Tutto ha una mente. Questa estrema visione
dell'idealismo è chiamata: "panpsichismo".
Il
filosofo irlandese George Berkeley (diciottesimo secolo) pensava che tutto
quello che noi conosciamo sono le nostre percezioni, e qualsiasi concetto noi lo
costruiamo partendo da esse ("esse est percipi"): noi non possiamo
sapere direttamente che c'è un mondo esterno. Noi conosciamo solamente il mondo
interno delle nostre percezioni. Quando parliamo di un oggetto, noi parliamo di
quello che vediamo, sentiamo, gustiamo, tocchiamo e odoriamo: noi parliamo di
qualcosa che è dentro la nostra mente. Un oggetto è un'esperienza, tutto
l'universo è un complesso di esperienze. Infine, l'unica cosa che esiste è
l'esperienza della nostra mente.
Come
gli studi sul cervello hanno dimostrato che i sensi ci presentano una visione
fittizia dell'universo, così i fisici hanno dimostrato che la materia non è
nient'altro che nuvole di particelle galleggianti, e gli studiosi della
meccanica quantistica hanno dichiarato che la realtà è infine nella mente
dell'osservatore, sembra diventato più incline ad abbracciare l'idealismo. Se
tutto quello che vediamo e sentiamo no è altro che un'illusione, come possiamo
dichiarare che ci sono realmente delle cose là fuori? L'unica cosa che
percepiamo è ciò che i sensi producono per noi. Quella che noi chiamiamo realtà
è il lavoro della nostra mente. Se perfino i fisici dichiarano che la realtà
non può essere misurabile senza un osservatore, come possiamo dichiarare che la
realtà esiste indipendentemente dal nostro pensiero?
Il
problema dell'idealismo è che uno non può fare di piu' che asserire di essere
un'idealista. Una volta che questo sia stato dichiarato, la realtà non può
essere usata per provarlo, dal momento che la realtà è una mera illusione
della nostra mente. Tutto è un'illusione, comprese le cose che uno può usare
per provare a dimostrare che questa dichiarazione sia giusta o sbagliata.
La
maggior parte degli scienziati crede in una forma leggera di idealismo: i sensi
ingannano la realtà e la realtà ha bisogno di un osservatore per diventare ciò
che è, però le sensazioni si riferiscono a un mondo esterno e le misurazioni
sono destinate a tale mondo. I sensi e il cervello alterano semplicemente la
realtà cosicché noi possiamo muoverci attraverso essa e sopravvivere. La
fisica quantistica non proibisce alla realtà di esistere, ma impedisce a noi la
sua completa percezione.
La
realtà che noi percepiamo è indubbiamente una produzione della mente, che
corrisponde a una realtà là fuori, realtà che è indipendente dalla
nostra mente.
Materialismo
Secondo
il materialismo, invece, la mente e il corpo sono fatti della stessa sostanza e
il mentale può essere spiegato dal fisico (oppure la mente può essere spiegata
dalla materia). Questa posizione fu dal principio abbracciata con entusiasmo dal
filosofo francese Julien Offroy de la Mettrie che concepì l'"homme machine",
la mente come una macchina composta di materia e pensiero come un processo
materiale. Differentemente rispetto al dualismo, al materialismo, in tutte le
loro varianti, ammette unicamente un tipo di sostanza e una classe di proprietà.
Noi tratteremo di seguito il materialismo.
Il
materialismo ebbe la sua epoca d'oro in seguito alla pubblicazione di un
documento di Herbert Feigl del 1958. Furono queste carte ha mettere il problema
mente-corpo al centro della filosofia moderna, dopo così tanti decenni di
noncuranza.
La filosofia raggiunse velocemente un vicolo cieco tra dualismo e materialismo. Entrambe le concezioni avevano i propri pro e contro,e non era possibile superare i contro attraverso una via plausibile. Il pro del dualismo era il fatto che riconoscesse la differenza tra materia conscia e inconscia; il suo contro consisteva nell'incapacità di spiegare come la mente fosse in connessione con il cervello. La principale caratteristica del dualismo era il fatto di non dover spiegare tale connessione, dal momento che la mente "è" il cervello; il suo vantaggio era il non dover spiegare come la coscienza scaturisse dalla materia inconscia.
Comportamentismo
Il
comportamentismo ha un posizione intermedia, che concerne con i termini mentali
(come "credere", "sperare", "temere")
semplicemente nella dimensione in cui essi sono riferiti al comportamento. I
comportamentisti rifiutano gli stati mentali definendoli non scientifici. Quello
che conta è unicamente la relazione che intercorre tra la disposizione al
comportamento e il comportamento vero e proprio. In particolare, alla fine degli
anni 40', il filosofo inglese Gilbert Ryle discusse il fatto che la mente non
fosse una parte del corpo ma appartenesse a un dominio differente.
Il
vocabolario mentale non si riferisce alla struttura di qualcosa, ma al modo in
cui qualcuno si comporta o si comporterà. Descartes inventò un mito, il mito
della mente dentro il corpo, mito di cui Ryle fece una parodia grazie alla
famosa espressione: "il fantasma nella macchina". Noi assumiamo di
avere una mente, assegniamo una vita alla nostra mente, e quando non troviamo la
mente in natura deduciamo che la mente è una sostanza o una proprietà
differente.
Il
comportamentismo non è interessato a discutere sulla mente, ma semplicemente si
occupa di comportamento e di predisposizione al comportamento. Dichiarazioni che
riguardano gli stati mentali diventano scientifiche e significative solo se sono
tradotte in dichiarazioni sul comportamento attuale o possibile. Per un
comportamentista, una persona che soffre è una persona che piange e fa altre
cose per noi associate alla parola "sofferenza".
Il
comportamentismo psicologico andò ancora più in profondità dichiarando che
tutti i comportamenti possono essere spiegati secondo una relazione diretta di
stimolo-risposta.
Il
comportamentismo divenne presto popolare, ma fu presto eclissato dallo scontro
riemerso tra dualisti e materialisti.
L'età
del materialismo
Il
vicolo cieco a proposito della mente era dovuto a due fattori indipendenti. Uno
era il dibattito storico che iniziò con Descartes, e che mal condusse i
filosofi a cercare una soluzione a un paradosso che non era mai esistito. Il
secondo fattore era la mancanza di dati riguardanti il cervello: non sappiamo
ancora come fa e che cosa fa.
Al
giorno d'oggi, il problema mente-corpo è diventato un problema mente-cervello,
il materialismo generò il "fisicalismo", secondo il quale uno stato
mentale "è" uno stato fisico del cervello. L'enfasi posta sul
cervello non è completamente naturale: io sento il dolore nel mio piede, non
nel mio cervello. Ma il progresso della neurofisiologia ha generato un fascino
per il cervello, che molte persone descrivono come la cosa più complessa
nell'universo. Per cui l'enfasi slittò dal corpo al cervello nonostante non c'è
realmente nessuna prova per sostenere che il resto del corpo non influenzi la
mente (c'è prova del contrario).
Per
esempio, la "teoria dell'identità" (Feigl) dichiara che gli stati
mentali sono stati fisici del cervello (così come il fulmine è identico ad una
scia di elettroni). Siccome è poco plausibile supporre che per ogni stato
mentale c'è un unico stato neuronale, una variante della teoria dell'identità
rese più flessibile questo vincolo: la teoria dell'identità di Davidson pone
che nessuno stato mentale è identico a uno stato fisico, ma lo stato fisico
corrispondendo a un dato stato mentale non è necessariamente sempre lo stesso
(questo permette a due persone di avere lo stesso sentimento o per la stessa
persona di avere la stessa sensazione senza avere ogni singolo neurone nella
posizione medesima in entrambi i casi).
Il
problema più difficile per il materialismo è di spiegare come la mente, e in
particolare i sentimenti, possano scaturire da processi materiali: come possono
attività elettrochimiche nel mio cervello improvvisamente trasformarsi nel
sentimento di dolore o paura? Il filosofo americano Searle ha riassunto il
problema in un paradosso: se la teoria dell'identità lasciasse fuori la mente
non sarebbe più plausibile, ma se non lo facesse non sarebbe più una teoria
marerialistica.
La
teoria dell'identità
La
cosa principale in una teoria materialistica è come la mente possa essere
spiegata da quello che noi sappiamo a proposito della materia. Se infine la
mente è materia, allora di cosa è composta e come è strutturata? Come, in
altre parole può essere il mentale ridotto al fisico?
Il
filosofo Herbert Feigl è uno dei padri fondatori la teoria dell'identità, che
divenne popolare nel 1950. Secondo il suo pensiero, gli stati mentali e gli
stati fisici hanno la stessa "estensione" ma differente "intensità":
descrivono gli stessi stati ma in un modo differente. Gli idiomi mentali e
fisici sono descrizioni differenti degli stessi stati. Dal punto di vista
dell'uomo comune, questa tesi è difficile da difendere, dal momento che stati
mentali e fisici sono ovviamente diversi. Un vecchio trucco filosofico, la così
detta "legge di Leibniz", sostiene che due cose sono identiche se e
solo se tutte le proprietà che sono applicate a una possano esserlo anche
all'altra. Ma le proprietà degli stati mentali e di quelli fisici sono
ovviamente differenti.
Ci
sono numerose varianti della teoria dell'identità.
Nella
teoria causale della mente di David Malet Armstrong, uno stato mentale ha una
connessione di causa con uno stato fisico. Essi sono identici, ma esiste anche
una connessione causale fra di loro ("uno stato del cervello causa uno
stato mentale"), così come noi percepiamo molti fenomeni naturali senza
percepire i corrispondenti processi fisici microscopici. David Lewis discusse
sul fatto che uno stato mentale può essere definito da uno stato fisico, che
non è necessariamente lo stesso per tutte le specie, e da un ruolo
"causale", che esprime un comportamento che lo stato induce
nell'organismo.
Comunque
essi ruotino intorno alla teoria dell'identità, tutti questi filosofi
affrontarono lo stesso problema: come spiegare le sensazioni e le emozioni che
noi percepiamo, che sono ovviamente molto differenti in natura da una parte di
materia.
Il
problema dell'irriducibilità
Una
maniera elegante di risolvere il problema dell'irriducibilità venne proposta
dal filosofo britannico Bertrand Russell. Egli era tendenzialmente consapevole
dell'insondabilità della materia in generale e della materia cerebrale in
particolare: noi non possiamo sapere la natura della materia (elettroni, onde
gravitazionali e così via) se non attraverso teorie ed esperimenti, ma non
possiamo mai percepirlo direttamente. In particolare, noi non possiamo conoscere
i processi che avvengono nel nostro cervello. La mente ci permette di percepire
al minimo alcuni di questi processi. Egli sottolineò che quello che un
neurofisiologo vede realmente, mentre esamina il cervello di una persona, è una
parte del proprio cervello. L'irriducibilità del mentale al fisico è
semplicemente un'illusione: il mentale e il fisico sono vie differenti di
conoscere la stessa cosa, il primo attraverso la coscienza, il secondo
attraverso i sensi. La coscienza ci da una conoscenza diretta, immediata di
quello che c'è nel cervello, mentre i sensi possono osservare (possibilmente
supportati da strumenti) quello che è nel cervello.
Nella
teoria di Russell il mentale non è riducibile al fisico, e la tradizionale
preminenza del fisico sul mentale è capovolta: il mentale è un potere
trasparente del carattere intrinseco del cervello. La coscienza è,
principalmente, solo un altro senso, un senso che anziché percepire colori,
odori, suoni, percepisce la vera natura del cervello. Molte altre variazioni su
queste idee di base sono state discusse e introdotte da filosofi. Una è stata
particolarmente influente e ha condotto allo studio dell'intelligenza
artificiale.
Monismo
anomalo
Con
il monismo anomalo Donald Davidson ha dimostrato che il mentale e il neuronale
non sono la stessa cosa e ha promosso la teoria dell'identità. La teoria della
mente di Davidson si basa su un semplice sillogismo:
_
Almeno alcuni eventi mentali interagiscono casualmente con eventi fisici
_
Eventi collegati da un rapporto di causa-effetto sono legati a leggi
deterministiche
_
Non c'e nessuna severa legge deterministica per cui eventi mentali possano
essere predetti e spiegati (questa è l'"anomalia" della mente).
Tutto
ciò appare contraddittorio, a meno che noi non assumiamo che la mente sia
qualcosa d'altro. Tutto ciò che questo significa è che il regno fisico e
quello mentale hanno caratteristiche essenziali, che sono in qualche modo
incompatibili: uno stato mentale non può essere semplicemente uno stato
cerebrale. Non può esistere alcuna legge che colleghi il mentale con il fisico.
In alti termini, non ci può essere nessuna teoria che connetta la psicologia e
la neurofisiologia.
Nella
teoria dell'identità Davidson dichiara che la stessa condizione dello stato
mentale potrebbe corrispondere a differenti stati neuronali in tempi differenti;
questo significa che, dato uno stato mentale, non è possibile relazionarlo a
uno stato fisico specifico. Lo stesso evento potrebbe essere sia mentale che
fisico, ma non c'è nessuna relazione tra le due descrizioni.
Davidson
crede che ci sia una sola sostanza, una sostanza fisica, e che eventi
"dati" siano fisici. Ogni evento mentale è un evento fisico, ma non
è possibile ridurre proprietà mentali a proprietà fisiche (non ci sono leggi
psicofisiche), e perciò, per
esempio, il linguaggio della psicologia non può essere ridotto al linguaggio
fisico. Il mentale è infine fisico, ma non c'è nessun modo di spiegare eventi
mentali in termini di eventi fisici. Il regno mentale non può essere oggetto di
investigazione scientifica.
L'età
del funzionalismo
Assumendo
che uno stato cerebrale sia uno stato mentale, la prossima domanda è: che cosa
è che rende uno stato fisico del cervello anche uno stato mentale? I "funzionalisti"
hanno dato la risposta: è la funzione che esplica nella vita dell'organismo.
Tale funzione causerà un comportamento. Uno stato mentale è così definito
come una funzione di stimoli, l'operazione che attua e il comportamento
esteriore che causa.
Il
funzionalismo (Armstrong, Lewis) è in realtà un caso speciale della teoria
materialistica dell'identità in cui uno stato mentale è definito unicamente
dalla relazione causale che induce sul comportamento e su altri stati mentali.
Gli stati mentali esprimono, infine, relazioni causali. In altre parole, essi
hanno così una funzione. Non importa di che cosa siano fatti, gli stati mentali
hanno una funzione ed è questo che conta. Noi definiamo qualche cosa
"termometro" se misura la temperatura, senza attribuire importanza al
fatto che sia di plastica o di metallo: è la sua funzione e non il materiale
che determina che cosa esso sia. Una mente non ha necessariamente bisogno di un
cervello: Qualsiasi cosa in grado di espletare la stessa funzione è essa stessa
una mente. Allo stesso modo, gli stati mentali sono definiti dalle loro
funzioni, e potrebbero essere situati su un computer o un cervello. Come dato di
fatto, utilizzando una tecnica inventata da Frank Ramsey, è possibile tradurre
ogni frase contenente termini psicologici"non scientifici" (come
"credere", "desiderare") in una frase più formale che
contiene unicamente relazioni causali. La mente è semplicemente il sito in cui
queste relazioni causali sono attuate.
La
differenza tra funzionalisti e comportamentisti non è così netta.
Principalmente, i comportamentisti rifiutarono di trattare gli stati mentali e
si focalizzarono sul comportamento, mentre i funzionalisti sostennero che gli
stati mentali sono tali perché causano il comportamento. Il funzionalismo non
nega l'esistenza della mente, infatti estende le possibili realizzazioni della
mente nella natura.
Il
funzionalismo ha un vantaggio sul materialismo: è provato che circuiti
neuronali differenti provochino gli stessi stati mentali (persone diverse con
diversi cervelli percepiscono le stesse emozioni, la stessa persona con un
cervello che si modifica sente le stesse emozioni, un cervello danneggiato tende
a ripararsi per attuare le stesse prestazioni che forniva precedentemente), ma
il materialismo comporta che uno stato mentale sia una diretta conseguenza di
uno stato fisico, che potrebbe significare come due differenti stati fisici
possano indurre due differenti stati mentali. Il funzionalismo permette una
"realizzazione multipla". Riassumendo, non è necessario che lo stato
mentale si realizzi in un cervello: il funzionalismo si occupa esclusivamente
della "funzione", non della cosa che attua la funzione. Siccome le
funzioni devono essere attuate da un'entità fisica, il funzionalismo
computazionale implica una sorta di materialismo. David Lewis sposò entrambe le
teorie: ogni stato mentale è uno stato fisico, e ogni stato mentale è uno
stato funzionale. L'adesione alle due teorie risolse due categorie di paradossi
popolari, il paradosso del "dolore folle" (cosa accadrebbe se un
essere umano fosse nato composto di carne come chiunque altro ma con una
sensazione di percezione del dolore completamente differente?) e il paradosso
del "dolore marziano" (cosa succederebbe se essendo composti da
materie differenti si reagisse al dolore nello stesso modo?).
Il
funzionalismo computazionale
Come
possono gli stati mentali causare comportamenti fisici?
Secondo
il funzionalismo computazionale la mente è un programma e il cervello è il suo
hardware, e l'esecuzione di quel programma in quel hardware conduce a un
risultato che è il comportamento esteriore dell'organismo. La mente è un
processore di simboli (così come il computer) e gli stati mentali sono in
relazione agli stati computazionali. Un altro caso speciale è il funzionalismo
"homuncular" (Dennet, Lycan), che ha scisso la mente in menti sempre più
piccole sino ad arrivare a uno stato fisico: un processo mentale è il
prodotto di processi mentali di livello inferiore, e ognuno di questi processi
è a sua volta il risultato di processi primitivi. Ogni livello più basso è
sempre meno "mentale" del precedente. Alla base di questa gerarchia ci
sono i processi neuronali del cervello.
La
critica più comune al funzionalismo è il fatto che sia altamente poco
plausibile che oggetti differenti da un cervello possano avere una mente, ma poi
(come Chalmers ha sottolineato) il cervello stesso, quella brutta, caotica,
appiccicosa massa grigio-biancastra, è un improbabile candidato per qualcosa di
così speciale come la mente. Perché dovrebbe un computer essere più bizzarro
di un cervello? La mente risiede nell'organizzazione o nella sostanza? O in
entrambe?
Il
mondo delle idee
Il
problema con il dualismo della sostanza è come mente e cervello si influenzino
reciprocamente e se siano composte di due sostanze differenti. Non c'è dubbio
che la mente e il cervello comunichino in qualche modo fra di loro. Come può
avvenire questo se sono fatte di materia diversa? Una via di uscita a questo
problema è presupporre che esista un intermediario tra i due.
Per
esempio, l'influente filosofo austriaco Carl Popper e il neurofisiologo inglese
John Eccles, vincitore del premio Nobel, sostennero l'esistenza di un primo
mondo (il mondo dei corpi fisici), di un secondo mondo (il mondo degli stati
mentali) e infine di un terzo mondo (il mondo dei prodotti della mente). Il
secondo mondo comunica con entrambi gli altri mondi. Gli oggetti astratti dei
matematici, le teorie scientifiche e i prodotti artistici sono esempi di attività
che appartengono a nessuno dei mondi, né mentale, né fisico. La mente gioca il
ruolo di intermediaria tra il mondo immaginario (mondo 3) e il mondo reale
(mondo 1). Una causalità discendente opera dal mondo 3 al mondo 1. La mente è
principalmente un operatore che relaziona oggetti astratti e fisici.
Nel
mondo 3 avvengono cose interessanti. Prima di tutto, la conoscenza oggettiva gli
appartiene: il terzo mondo si evolve attraverso la crescita della conoscenza
oggettiva.
La
conoscenza oggettiva conferisce un certo grado di autonomia al terzo mondo. Per
esempio, i numeri sono creati dalla mente, ma poi leggi matematiche determinano
cosa succede ad essi, senza considerare quello che le nostre menti pensano e
sentono. La crescita e l'evoluzione della conoscenza obbiettiva obbedisce alla
stessa legge che conduce fenomeni biologici di sopravvivenza ed evoluzione.
Eccles
discute che l'interazione tra la mente e il cervello di un individuo è analoga
al campo di probabilità di meccanica quantistica. L'energia mentale può
provocare eventi neuronali attraverso un processo analogo al modo in cui il
campo di probabilità genera azione. Egli chiama "psychon" l'unità
mentale che trasmette intenzioni mentali alle unità neuronali.
Il
fisico inglese Roger Penrose, uno dei leaders in "General Relavitiy",
aderisce anche all'assunto che esista un mondo separato di stati di coscienza e
che la mente possa accedere a tale mondo. Ma il mondo delle idee di Penrose è
ancora un mondo fisico: le informazioni "protoconscious" sono
codificate nella geometria spazio- temporale all'interno della scala Planck, e
la nostra mente ha accesso ad esse (cioè è cosciente) quando un particolare
processo di quanti avviene nel nostro cervello.
Il
filosofo americano John Searle non andò così lontano, ma rifiutò anch'egli
l'idea che l'universo fosse suddiviso in proprietà fisiche e mentali: le cose
come le "sentenze sgrammaticate": la mia abilità a sciare, il governo
e i punti segnati in una partita di calcio, non possono essere facilmente
categorizzate come mentali o fisiche. La tradizionale dicotomia "mentale-fisico"
appare essere spropositata.
Una formulazione più umile ci è data dal matematico americano Rudy Rucker, che credeva nell'esistenza di un paesaggio mentale separato. Rucker chiede:"Credi che quello che hai pensato ieri sia ancora parte della tua mente?". Non è facile rispondere a questa domanda se ritieni che le idee facciano parte della mente. La conclusione di Rucker è che esista un mondo di idee separato dal mondo mentale e fisico. La nostra mente può viaggiare nel paesaggio mentale che contiene tutti i pensieri possibili proprio come il nostro corpo può viaggiare attraverso lo spazio fisico che contiene tutti i possibili luoghi. Le menti dividono lo stesso paesaggio mentale allo stesso modo in cui i corpi dividono lo stesso spazio mentale. Dividiamo tutti lo stesso paesaggio mentale, così come dividiamo tutti lo stesso mondo. In particolare, il paesaggio mentale contiene tutti gli oggetti matematici e i matematici esplorano il paesaggio mentale così come gli astronauti esplorano lo spazio fisico. Lo stesso vale per le leggi naturali e per i fisici. Le formule matematiche e le leggi di natura hanno un'esistenza indipendente. Questo è ovviamente niente più che una nuova aggiunta al vecchio mondo delle idee di Platone.
Supervenienza
Il
termine "supervenience" è utilizzato per esprimere il fatto che un
dominio è completamente determinato da un altro dominio. Per esempio, le
proprietà biologiche "supervene" su proprietà fisiche, dal momento
che le proprietà biologiche di un sistema sono determinate dalle sue proprietà
fisiche. Le proprietà fisiche e biologiche di un organismo sono ambiti
differenti di proprietà, ma quelle fisiche determinano quelle biologiche. Una
persona può infatti studiare le proprietà biologiche senza dover trattare
anche quelle fisiche.
Jaegwon
Kim, estendendo il criticismo di Davidson a proposito della teoria dell'identità
e generalizzando la dottrina del funzionalismo, applicò il concetto alla mente:
le proprietà mentali sono "supervenient" su quelle fisiche (neuronali).
Secondo Kim, quindi, il mentale è "supervenient" sul fisico così
come le proprietà macroscopiche degli oggetti "supervine" sulle
strutture microscopiche. Intuitivamente questo significa che la mente è per il
cervello quello che il fulmine è per le particelle caricate elettricamente: lo
stesso fenomeno che si manifesta in due modi diversi.
La
"supervenience" di Kim definisce una relazione tra il mentale e il
fisico e definisce anche alcuni limiti. Uno stato mentale non può corrispondere
a due differenti stati fisici. Due cervelli non possono presentare lo stesso
stato mentale se sono in stati fisici differenti. Nel dibattito sul
materialismo, Kim si schiera con i "fisicalisti": gli stati mentali
dipendono dai corrispondenti stati neuronali: ogni cambiamento negli stati
mentali deve essere collegato a un corrispettivo cambiamento negli stati fisici.
Gli stati mentali "sono" stati neuronali, allo stesso modo in cui
l'elettricità "è" gli stessi elettroni. Naturalmente ci si chiede da
dove provenga l'elettricità. Si può organizzare in natura una gerarchia
cominciando da particelle elementari e terminando con la coscienza. A ciascun
livello si applicano alcune proprietà, ma al livello immediatamente superiore
se ne applicano delle altre. Per esempio, gli elettroni hanno massa e movimento,
ma l'elettricità ha potenziale e intensità. Componenti chimici hanno densità
e conduttività, mentre organismi biologici hanno crescita e riproduzione. Ad
ogni livello una nuova serie di proprietà emerge: per esempio, la forza debole
al livello elementare delle particelle, la viscosità al livello molecolare, il
metabolismo al livello biologico, e la coscienza al livello cognitivo. Il
filosofo inglese Charlie Dunbar Broad aveva già dimostrato nel 1920 che
l'universo è stratificato e che ogni livello rimanda al livello successivo ma
non è in grado di spiegare le nuove proprietà che emergono con esso.
La
"supervenience" da per scontato che la natura lavori in questo modo,
ma non offre alcuna spiegazione del perché a un livello superiore noi dovremmo
trovare l'elettricità in luogo di, per dire, "huicity or flowixity"
(proprietà immaginarie): perché e come le proprietà? Perché e come la mente
emerge dal cervello? Ultimamente, questo è il dilemma della "causazione
mentale": come fa il cervello a causare la mente? In generale, questo è il
dilemma delle proprietà di "secondo ordine": come fanno proprietà di
un livello a causare proprietà ad un altro livello? John Searle (che crede che
le menti siano caratteristiche di alto livello dei cervelli) ammette questa
"supervenience" a un'estensione che risulta causale: gli stessi stati
neuronali sono anche gli stessi stati mentali, dal momento che i primi causano i
secondi. La "supervenience" si rivela dunque essere un paradigma utile
perché è ridotto alla causalità. Kim non impose alcuna relazione causale: la
relazione tra il mentale e il neuronale è analoga alla relazione tra l'utilità
di un oggetto e le caratteristiche che lo rendono utile: tali caratteristiche
non "causano" la sua utilità, la "costituiscono".
Tutti
i fatti dell'universo (e sono per cui supervenient) dipendono da fatti fisici,
ma la natura di questa dipendenza non è casuale, almeno secondo il filosofo
americano David Chalmers. Proprietà che sono "supervenient" sul mondo
fisico possono normalmente essere ridotte ad esso (cioè spiegate nei suoi
termini), anche se la coscienza non è veramente, completamente "supervenient"
sul neuronale, e per questo non può essere ridotta al neuronale. Chalmers
distingue tra "logical supervenience" (che può essere largamente
interpretata come possibilità, come situazioni che potrebbero potenzialmente
accadere perché sono conformi a qualche ipotetico mondo fisico) e "natural
supervenience" (che invece esprime una necessità empirica, quando due
serie di proprietà sono sistematicamente e precisamente correlate nel nostro
mondo naturale). Situazioni logicamente possibili non sono necessariamente anche
situazioni naturalmente possibili (per esempio, ogni situazione che viola la
legge di natura). "Logical supervenience" implica "natural
supervenience", ma non vale il contrario. La distinzione tra i due tipi di
"supervenience" è importante, Chalmers dimostra che un fenomeno può
essere ridotto a una serie di proprietà di livello inferiore solo se è
"logicamente" supervenient su quelle proprietà; in particolare, può
essere ridotto al fisico solo se è "logicamente" supervenient sul
fisico. La maggior parte delle cose sono logicamente supervenient sul fisico,
così che si possa trovare una
spiegazione fisica per esse, le proprietà mentali invece sono semplicemente
supervenient in modo naturale (e non logico) sulle proprietà fisiche. Di
conseguenza non possono essere ridotte al fisico.
Tutto
questo sembra significare che l'universo potrebbe essere completamente
differente da quello che è, ma funzionare comunque (avrebbe semplicemente leggi
diverse della natura), mentre la nostra coscienza è la nostra coscienza e non
può che essere così. Le cose che noi possiamo spiegare in termini di fatti
fisici sono quelle del primo tipo.
In
conclusione, la coscienza è fisica? Charmers afferma che la coscienza è
supervenient in alcune estensioni sul fisico, ma (secondo la natura della sua
supervenience) non può essere spiegata in termini fisici.
La teoria computazionale della
mente
La credenza fondamentale di
Hilary Putnam era che lo stesso stato mentale possa essere completato da
differenti stati fisici.
Per esempio, ciascuna persona ha
un cervello differente, ma ogni persona ha gli stessi stati psicologici di
"paura", "felicità", etc. Anche altri animali mostrano
alcuni degli stessi stati. Putnam classificò stati mentali basati sulle loro
funzioni, i.e. le loro funzioni causali senza il sistema mentale, non curante
della loro struttura fisica. Stati fisici e mentali possono essere anche
raggruppati in modi differenti.
Putnam suggerì che lo stato
psicologico di un individuo fosse identificato con lo stato di una macchina
(alla base, con un computer). Uno stato psicologico causerebbe altri stati
psicologici in accordo con le operazioni della macchina. Credenza e desiderio
corrisponderebbero a formule contenute in due registri di un computer.
Algoritmi appropriati citerebbero quei contenuti per produrre azione.
Questa idea conduce a un caso
speciale della teoria dell'identità, la teoria computazionale della mente.
La "teoria
rappresentazionale della mente", sviluppata dal linguista americano Jerry
Fodor, rappresenta un'evoluzione rispetto alle idee di Putnam. Fodor vuole
dimostrare che la mente è un processore simbolico. La conoscenza del mondo è
fissata in rappresentazioni mentali, e le rappresentazioni mentali sono simboli,
che possiedono il loro ruolo causale in virtù delle loro proprietà sintattiche
(i.e, in virtù del loro modo di essere utilizzati in operazioni di
"computing"). La mente è dotata di un set di ruoli che operano su
ciascuna rappresentazione. La vita cognitiva è la trasformazione di quei ruoli.
La mente chiama in giudizio simboli in un modo puramente sintattico, senza
essere a conoscenza di che cosa quei simboli significhino. Il comportamento è
solo dovuto alle strutture sintattiche interne della mente. I simboli utilizzati
per costruire rappresentazioni mentali appartengono al linguaggio del pensiero o
"mentalese". Tali parole non possono far parte del linguaggio che noi
parliamo, perché la vera abilità di parlare richiede l'esistenza di un
linguaggio interno della rappresentazione. Tale linguaggio è una parte
intrinseca del cervello ed è stato prodotto in qualche modo attraverso
l'evoluzione. Una credenza, per esempio, è pronunciata come una sentenza nel
linguaggio del pensiero, che risiede nell'area di credenza del cervello.
("io credo che il mio nome sia Piero" viene trasformato da una
traslazione nel linguaggio del pensiero della frase inglese:"my name is
Piero").
Questo linguaggio interno del
pensiero è condiviso da tutti gli esseri viventi capaci di tali attitudini
proposizionali. Tali creature possono esprimere le loro rappresentazioni in
qualsivoglia linguaggio, umano o animale.
Fodor offre una soluzione al
problema affrontato dai dualisti: come connettere la mente e il corpo, gli stati
mentali e quelli fisici, il desiderio di fare qualche cosa e l'azione del farla.
Credenze e desideri sono informazioni, rappresentati da simboli, e i simboli
sono stati fisici di un processore, e il processore è connesso ai muscoli del
corpo. Quando i simboli cambiano, essi hanno un impatto sul corpo e causano un
comportamento. Allo stesso tempo, la percezione risulta in un cambiamento di
quei simboli. Il processore, a sua volta, può cambiare i simboli perché consolida molti di essi in un nuovo ragionamento. Mente e corpo comunicano via
processi di simbolismo.
La teoria computazionale di
Fodor si è formata a partire dalle teorie di Noam Chomsky in linguistica e di
David Marr sulla capacità visiva: la mente come un set di moduli che
"stimano" qualcosa basato su una capacità simbolica innata. Noam
Chomsky parlò di "organi mentali", per mettere in relazione la loro
funzione e quella degli organi fisici. Infatti ciascun organo ha una funzione e
comunica i risultati agli altri organi.
Fodor generalizza le proprie
scoperte: la mente è fatta di moduli specificati geneticamente, ciascuno
specializzato nel compiere il proprio dovere. Un modulo corrisponde a una
regione fisica del cervello, ed è isolato da altri moduli. Un modulo riceve un
input solo da moduli di livello inferiore, mai da livelli superiori (per
esempio, una credenza non può influenzare il lavoro di un modulo che analizza
dati sensoriali). Ciascun modulo genera output in una forma comune, il
"linguaggio del pensiero".
Tali outputs sono input al
processore centrale, che dirige la memoria a lungo termine e produce credenze.
Il processore centrale è il solo modulo a non essere dominio-specifico. Ogni
altro modulo tratta con uno specifico dominio.
Fodor non sembra completare la
crescita cognitiva: i moduli sono fissati alla nascita e rimangono gli stessi
attraverso la vita di un individuo.
L'approccio di Stephen Stich è
maggiormente sintattico: egli rigetta la nozione che ogni oggetto di una
rappresentazione mentale debba rappresentare qualcosa (o stare per qualcosa).
Stich assume che gli stati cognitivi corrispondono agli stati sintattici in modo
tale che relazioni causali tra stati sintattici (o tra stati sintattici, stimoli
e azioni) corrispondono a relazioni sintattiche di oggetti sintattici
corrispondenti.
Ned Block sostiene che lo stato
psicologico di una persona possa essere identificato con il processo fisico che
si è innestato nel cervello piuttosto che lo stato in cui il cervello si trova.
Uno stato psicologico può anche essere rappresentato da un'operazione eseguita
su una macchina, con lo stato computazionale della macchina, piuttosto che con
il suo stato fisico. In questo modo lo stato psicologico non dipende dallo stato
fisico della macchina e può essere lo stesso per differenti macchine, che sono
in diversi stati fisici, ma nelle quali sta avvenendo lo stesso processo.
Block ha fornito la piu' ampia critica al funzionalismo. "Qualias" (sensazioni che sono associate al fatto di essere in uno stato psicologico dato) non sono facilmente spiegabili secondo una via funzionalistica. Prendere un organismo i cui stati funzionali sono identici ai nostri, ma in cui il dolore causa la sensazione che noi associamo al piacere ("qualia invertiti"), e un organismo i cui stati funzionali sono identici ai nostri, ma in cui il dolore non causa alcuna sensazione ("qualia assenti"): il funzionalismo non può rendere conto di ciascun caso. Inoltre, il funzionalismo non prescrive come si possa limitare l'universo di organismi che hanno stati mentali. Un funzionalista potrebbe pensare che anche l'economia di Bolivia, così abilmente manipolata da un finanziatore, abbia stati mentali.
Oltre il linguaggio del pensiero
Il
filosofo americano Michael Tye è un funzionalista ma non un fisicalista. Egli
crede che i nostri sentimenti non si trovino assolutamente nella testa. I
neurofisiologi non potranno mai spiegare cosa vuol dire odorare o gustare. Tye
separa la coscienza "fenomenica" ( sensazioni, percezioni, emozioni,
sentimenti ) dalla coscienza " di ordine superiore", ma
presumibilmente ciò che scrive riguardo alla coscienza fenomenica è
applicabile anche alla coscienza di ordine superiore ( ad eccezione del fatto
che i dati neurobiologici per quest'ultima non ci sono, per questo egli limita
le sue ipotesi alla prima ).
L'
ipotesi di Tye consiste nel fatto che la coscienza fenomenica non si trova nei
neuroni : la coscienza fenomenica è nelle "rappresentazioni ".
Tye
comincia con il solito paradosso ( originariamente proposto da Jackson ) dello
scienziato che conosce tutto su un argomento ma non ne ha fatto esperienza. Tye
immagina uno scienziato che ha vissuto la sua vita in un ambiente in bianco e
nero studiando tutto ciò che riguardava i colori. Ha anche visto gli oggetti
colorati in una tv in bianco e nero. Non ha potuto vederli a
colori. Conosce però cosa sia il colore e a quali proprietà obbedisce.
Poi un giorno esce fuori dal suo ambiente in bianco e nero e fa esperienza dei
colori di quegli oggetti. Non importa quanto sapesse sui colori, quando vedrà
finalmente un oggetto rosso, sperimenterà qualcosa che non ha mai provato
prima," imparerà " qualcosa che non conosceva: " cosa vuol dire
vedere " un colore (quello che Tye chiama il " carattere fenomenico
"del vedere un colore ). C'è una differenza fra la conoscenza oggettiva di
qualcosa e l'esperienza soggettiva di qualcosa. Quest'ultima costituisce la
coscienza fenomenica di qualcosa.
Tye
crede che gli stati fenomenici non possono essere realizzati solo da stati
neurali. Tye sostiene che gli stati mentali siano rappresentazioni simboliche,
ma differisce da Fodor poiché non crede che la rappresentazione di una
sensazione implichi una frase nel linguaggio del pensiero.
L'idea di qualcosa è rappresentata da una struttura simbolica che
è una frase. La sensazione di qualcosa è rappresentata da una struttura
simbolica che non è una frase. Il formato ( la struttura simbolica ) della
rappresentazione sensoriale è invece simile ad una mappa : un modello di
attivazione che avviene in un apparato tridimensionale di cellule ciascuna
contenente un simbolo e a cui sono attaccate delle etichette descrittive. I
modelli sono analizzati da sequenze computazionali che sono in grado di estrarre
le informazioni e poi attaccare le appropriate etichette descrittive.
Una
frase non sarebbe sufficiente a rappresentare una sensazione, poiché una
sensazione include una specie di "mappa "dell’ambito a cui si
riferisce. Per esempio, il dolore riguarda il corpo, e ha bisogno di un modo che
rappresenti le parti del corpo che provano dolore. Le frasi mancano di questo
potere rappresentazionale. I modelli di attivazione di Tye in quelle strutture
simili a mappe sono quindi
rappresentazioni di cambiamenti corporei che attivano alcuni processi
computazionali.
In
questo consiste un'emozione secondo Tye.
La
teoria delle sensazioni di Tye deve molto alla sua teoria dell'immagine mentale,
in cui presuppone l'esistenza di modelli di attivazione ( nel magazzino visivo,
l'apparato tridimensionale di cellule ), con etichette, che sono interpretate
dai processi computazionali. In questo caso ciascuna cellula contiene ( locale )
informazioni come l'orientamento, la sfumatura del colore, la trama,
le etichette forniscono informazioni come la forma o la categoria
dell'immagine. Tye sostiene che il corpo sia fornito ( come prodotto
dell'evoluzione ) di un set di moduli sensoriali specializzati per le sensazioni
del corpo ( dolore, fame, ecc…) proprio come i moduli sensoriali specializzati
di cinque sensi ( e si riferisce alla differenza fisica delle regioni neurali).
Ciascun modulo può compiere computazioni su alcune strutture simboliche.
Inoltre,
Tye sottolinea che l'oggetto di una sensazione è non concettuale: noi abbiamo
differenti sensazioni di fronte a
differenti toni di rosso anche se non abbiamo differenti concetti per quelle
sfumature di rosso, noi siamo capaci di sperimentare più sensazioni che
concetti. Tye conclude dicendo che "gli stati fenomenici si trovano nell'interfaccia fra il dominio non concettuale e concettuale", al limite
fra i moduli sensoriali e il sistema cognitivo.
Tye
analizza il carattere fenomenico di
un'esperienza e il suo contenuto fenomenico . Tye mostra che il carattere
fenomenico di un'esperienza è identico al suo contenuto fenomenico ( la
sensazione di dolore ad un piede non può essere astratta e rimane il fatto che
si sente dolore nel piede ). Quindi, Tye conclude che gli aspetti fenomenici
sono un sottosistema degli aspetti rappresentazionali, e non distinti da essi.
Poiché
il carattere fenomenico è il contenuto fenomenico, l'esperienza del "what
it is like " dipende dall'avere un sistema di concetti appropriato: si deve
possedere un appropriato sistema di concetti per capire cosa vuol dire avere
esperienza di qualcosa. Io non posso sapere cosa vuol dire sentirsi un
pipistrello perché non posseggo i concetti appropriati per sentire cosa un
pipistrello sente.
I
concetti appropriati sono "predicativi" e "indexical" e
possono essere acquisiti solo tramite l'esperienza diretta ( passata o presente,
rispettivamente ).
Tye
non risolve la"lacuna” fra stati fenomenici e stati fisici ( come le
sensazioni soggettive abbiano origine da stati neurali che non sono soggettivi )
: la sua teoria spiega perché non possiamo sapere cosa vuol dire sentirsi come
un pipistrello, ma non spiega perché il pipistrello sente cosa sente, i.e. come
le sensazioni sono create dagli stati cerebrali. E' quasi come se Tye consideri
la discussione chiusa, à la Colin McGinn, con l'idea che noi non abbiamo i
concetti per capire la coscienza, sia quella del pipistrello sia la nostra.
Homunculi
Il
filosofo americano Daniel Dennett fornì l' immagine base del funzionalismo dell'homunculo
: la mente deve essere ridotta a un insieme di funzioni cognitive; ciascuna
funzione deve essere ridotta a problemi cognitivi più semplici; e andando
avanti ogni volta riducendo l'intelligenza che serve a risolvere il problema,
fino a raggiungere un livello in cui i problemi possono essere risolti senza
ulteriore intelligenza di quella che possiamo trovare in una macchina.
L'idea
è che, a questo livello
nell'organizzazione di un sistema, il comportamento
complessivo del sistema è dato dall'interazione di un insieme di
componenti interconnessi ("homunculi" ). Il comportamento di
ciascun componente è a sua volta costituito da un insieme di componenti
interconnessi.
Dennett
aggiorna il 'teatro cartesiano' (l'idea che ci sia un locus centrale nel
cervello che dirige la coscienza ) con un modello a livelli multipli, in cui la
coscienza è semplicemente la sensazione dell'attività del cervello e non c'è
nessun centro particolare della coscienza.
Numerosi
agenti nel cervello lavorano in parallelo elaborando le percezioni provenienti
dai sensi e i pensieri provenienti da altri agenti.
Un
altro filosofo americano, William Lycan, un sostenitore del funzionalismo
homunculare di Dennett, sostiene che , oltre ad un livello inferiore dei
processi fisio-chimici e un livello superiore dei processi psico-funzionali, la
Natura sia organizzata in un numero di livelli gerarchici ( subatomici, atomici,
molecolari, cellulari, biologici, psicologici ). E ciascun livello è sia fisico
che funzionale: fisico, riguardo al livello superiore, e funzionale riguardo al
suo livello inferiore. Procedendo dai livelli inferiori ai livelli superiori
otteniamo una descrizione della natura, fisica e strutturale ( gli atomi che
formano molecole, che formano cellule, che formano organi, che formano il corpo
…).
Procedendo
all'indietro, otteniamo una descrizione funzionale (il comportamento di
qualcosa è spiegato dal comportamento delle sue parti). L'ontologia
aggregativa (bottom-up) e
l'epistemologia strutturata (top-down) della Natura sono due aspetti della
medesima cosa. L'apparente irriducibilità della mente è dovuta
all'irriducibilità dei vari livelli.
Infine,
Marvin Minsky, l'influente scienziato informatico americano, offre il suo
contributo sulla struttura della mente. In modo simile all'homunculo di Dennett,
la sua "società della mente" presuppone che il comportamento
intelligente sia causato dal comportamento non intelligente di un numero elevato
di agenti organizzati in una gerarchia burocratica. L'insieme delle loro azioni
elementari e delle loro comunicazioni produce comportamenti sempre più
complessi.
Il cervello causa la mente
Molti
filosofi contemporanei, in particolare John Searle, sosterrebbero l'affermazione
che i processi mentali sono causati dal cervello. E il concetto suona
intuitivamente vero. Una più approfondita ricerca rivela quanto infondata sia
questa visione e quanto ingannatrice possa essere per un ragionamento sulla
coscienza. Il problema come spesso accade con i filosofi, è che
l’affermazione è troppo informale per produrre una discussione formale e
scientifica.
Prima
di tutto, è sufficiente un cervello perché esista una mente? Può un cervello
da solo produrre una mente? Non abbiamo evidenze d'altra parte di un cervello
che da solo produca una mente. Senza un cuore potrebbe un cervello produrre una
mente? Senza il sangue? Senza l'ossigeno? Senza il sistema nervoso connesso ai
sensi? Se qualcuno potesse ritagliare la mia testa ed estrarne il mio cervello,
dubito che questo possa ancora produrre la mia mente. Esso potrebbe anche essere
composto esattamente dalla stessa materia ma non potrebbe più produrre una
mente. Potrebbe, semplicemente, imputridirsi. Lo stesso oggetto produce o no una
mente a seconda che sia vivo o morto. La verità è che noi abbiamo evidenza di
una mente contenuta in un corpo, anzi in
un corpo vivente. Quindi, sarebbe più appropriato dire che ' corpi viventi
producono menti'.
In
secondo luogo, è necessario un cervello perché esista una mente? Noi non
abbiamo prove di altre entità senza cervello che producono menti, ma d'altra
parte non abbiamo altri modi per dedurre quest'evidenza. Non c'è nessun modo
per sapere se una diversa entità possa produrre una mente. Non c'è nessun modo
per sapere se un insetto è cosciente, se i batteri sono coscienti, se le piante
sono coscienti, se i cristalli sono coscienti,
etc…Quindi potrebbe essere più prudente dire che corpi in vita producono
menti. Questa è un'affermazione molto meno eccitante di ' cervelli producono
menti'.
Il
problema più grande è che anche il termine cervello ha bisogno di essere
specificato. Cos'è un cervello? Il cranio fa parte del cervello? Gli occhi
fanno parte del cervello? Quali sono i limiti del cervello?dove un nervo non fa
più parte del cervello? Dove dobbiamo ritagliare tutti i nervi, le vene e i
muscoli che lo collegano al resto
del corpo? al il mento? alla gola? Come posiamo tramutarci in cervello senza
cambiare la sua essenza?
E
riguardo agli altri animali? Può il cervello del gatto essere definito un
cervello? Può il sistema nervoso degli insetti essere definito come un
cervello? Può un computer definirsi un cervello? Può un cristallo essere
definito come un cervello ? cosa fa di un cervello un cervello?
In
conclusione, non siamo così sicuri che il cervello produca la mente…
Non-event causation
John
Searle fa una doppia critica: la
coscienza non può essere ridotta ai
processi neurofisiologici che la causano, ma è un aspetto biologico del
cervello.
I
cervelli creano menti, sebbene non troveremo sensazioni e emozioni nei processi
materiali del cervello, poiché sensazioni ed emozioni sono aspetti di ordine
superiore del cervello. Searle attacca la tradizione cartesiana dalle
fondamenta: sia il dualismo che il materialismo non hanno senso. La divisione
del mondo in spirito e materia è arbitraria e controproduttiva. Dobbiamo
semplicemente affrontare i fatti: la coscienza è prodotta dai processi
cerebrali, ma essa non può essere ridotta a questi processi perché è un
fenomeno di prima persona mentre i processi cerebrali sono fenomeni in terza
persona. Per Searle il problema mente - corpo non è mai esistito: Cartesio
inventò un vocabolario, una terminologia, non un problema reale.
Searle
paragona il problema mente-corpo al modo in cui l'elettricità scaturisce dagli
elettroni o la liquidità dalle molecole ( questo è ciò che la teoria della
sopravvenienza ha sempre sostenuto ).
Searle
preferisce sostenere che la coscienza è una proprietà 'emergente'
(casualmente) dei sistemi, proprio come l'elettricità o la liquidità. Searle
realizza come la sostanza liquida può essere prevista dalle proprietà delle
particelle elementari, mentre la coscienza non può essere prevista dalle
proprietà dei neuroni. Searle sostiene che i fisici possono spiegare come le
caratteristiche dell'elettricità corrispondono alle caratteristiche degli
elettroni, mentre noi non possiamo spiegare ( ancora ) come le caratteristiche
della coscienza emergano dalle caratteristiche dei neuroni. I fisici possono
spiegare perché (ed esattamente sotto quali condizioni ) un insieme di molecole
può raggiungere la fase di transizione verso la liquidità. Searle però pensa
che non sia un fatto della neurofisiologia contemporanea ( che può cambiare nel
tempo ) ma che sarà sempre così, poiché è impossibile ottenere una
spiegazione concreta delle caratteristiche della coscienza. Così Searle finisce
col contraddirsi e ammettendo una differenza cruciale fra la coscienza e
l'elettricità, i liquidi, o la digestione: la coscienza è speciale poiché non
può essere spiegata. Sembra invocare il principio di Colin McGinn che la
coscienza non può essere afferrata dagli umani, per quanto ci possano provare.
Searle
non ha niente altro da proporre se
non di dichiararsi felice che la coscienza esiste e che emerge dai neuroni, che
è lo stesso che dire che la sostanza liquida esiste e che emerge dai liquidi.
Qualcosa che ogni essere umano ha potuto sperimentare fin dall'infanzia.
Ciò
che dimentica è che l'elettricità, i liquidi ecc.., sono anche aspetti della
nostra coscienza e non aspetti della materia. Un essere con sensi differenti
percepirà le caratteristiche degli elettroni e delle molecole in modi
differenti. L'elettricità, i liquidi ecc… sono molto più simili alla
coscienza di quanto Searle
sostenga: essi sono la stessa cosa.
Searle
cerca di dimostrare che i computer non sono menti poiché non sono cervelli, ma
non verificò mai l'affermazione sottostante: che essi non sono cervelli. Nel
gergo di Searle cervello è semplicemente la cosa che permette il funzionamento
della mente. La sua intera teoria è quindi una mera tautologia: la mente nasce
da ciò che la crea. Cosa questa cosa sia rimane un mistero. In conclusione,
Searle sostiene solamente che la mente esiste. Qualcosa che miliardi di persone
notarono molto prima di lui.
Searle
non parlò mai dei due problemi fondamentali:
1.
da cosa è causata la coscienza ( quali sostanze, quali processi, quali
combinazioni di sostanze e processi);
2.
può la coscienza essere scomposta in qualcosa di più elementare .
Invece,
Searle riprende il concetto di Thomas Nagel che la coscienza non può essere
spiegata. Egli intelligentemente evita di aggiungere 'proprio come i liquidi'
poiché i liquidi, come tutte le proprietà emergenti, sono riducibili ai
processi fisici che li creano. Le proprietà emergenti sono normalmente
prevedibili dalla scienza: sappiamo quando (e perché e come ) una sostanza è
liquida e non solida o gas. Se la coscienza è invece una proprietà emergente,
perché dovrebbe essere l'unica che non possiamo prevedere e spiegare?
Searle
non è confuso dall'emergere delle sensazioni consce dai processi
neurofisiologici inconsci del cervello. Lo trova perfettamente comprensibile.
Quindi egli sottovaluta e
ridicolizza tutte le teorie che cercano di risolvere questo paradosso. E' come
se qualcuno non fosse sconvolto dal fatto che il sole sorga e tramonti tutti i
giorni ma si accontentasse dell'idea che deve essere un aspetto della Terra.
Searle
sbaglia nel dirci qualcosa che sappiamo
già.
Intenzionalità
Nella
loro ricerca di una definizione definitiva di cosa sia la mente, per una
proprietà che diversifichi la mente da qualcos'altro, un argomento popolare
ricorrente è stato ciò che i filosofi chiamano ' intenzionalità' ( dal latino
'intendo' che significa ' riferirsi a'
). ' Intenzionalità ' o in-esistenza di un oggetto è un concetto introdotto
originariamente dagli Scolastici del Medioevo. Il loro concetto di intenzionalità
non è in relazione con il significato attuale della parola inglese 'intentional'.
La loro intenzionalità è la proprietà di riferirsi a qualcos'altro.
Gli
stati mentali hanno l'apparente unica proprietà di riferirsi a qualcos'altro.
Per esempio, noi abbiamo paura di qualcosa, crediamo in qualcosa, sappiamo
qualcosa. L'intenzionalità è la proprietà di essere rispetto a qualcosa. La
paura, il credere, il sapere sono stati intenzionali. Se nessun altro fenomeno
naturale dimostra intenzionalità allora l'intenzionalità può essere
considerata come la caratteristica che differenzia la mente dal resto dei
fenomeni naturali.
Tutto
questo fu riassunto nel 1874 dal filosofo austriaco Franz Brentano nelle sue
'tesi' : tutti i fenomeni mentali sono intenzionali; nessun fenomeno fisico è
intenzionale; quindi i fenomeni mentali non possono essere ridotti a fenomeni
fisici; l'intenzionalità è ciò che divide i sistemi mentali dai fisici.
Brentano
notò che ogni fenomeno mentale include qualcosa, come un oggetto in se stesso,
sebbene il modo in cui lo include non sia sempre lo stesso (nell’amore
qualcosa è amato,nell’odio odiato,etc…). "Questa intenzionale in -
existence è una caratteristica esclusiva dei fenomeni mentali". Ogni
pensiero che abbiamo è riguardo qualcosa
: noi amiamo, odiamo, crediamo, abbiamo paura , speriamo in …qualcosa.
L'intenzionalità
si presenta sotto diversi aspetti, conosciuti anche come "attitudini
proposizionali", e i filosofi successivi ne focalizzarono quattro (
credere, desiderare, sperare, sapere).
Un
discepolo di Brentano, Alexius Meinong ( nella sua "teoria degli
oggetti" del 1904) sostenne persino che gli stati mentali devono avere una
loro esistenza separata dalla realtà fisica. Il credere qualcosa è realizzato
da uno stato mentale di qualcosa che esiste anche in una forma diversa da quella
in cui un oggetto fisico esiste.
Ciò
che Brentano sostiene è che ogni stato mentale è una
"rappresentazione" di un oggetto. Ciò che Meinong dice è che queste
rappresentazioni di oggetti esistono indipendentemente dagli oggetti che esse
rappresentano.
Né
Brentano né Meinong spiegano come queste rappresentazioni sono create e di cosa
siano composte.
Molte
conseguenze possono derivare dalla teoria che gli stati mentali siano
intenzionali. La conclusione di Brentano era il dualismo: gli stati mentali e
fisici sono sostanze differenti e l'intenzionalità ci aiuta a discriminarle e a
studiare gli stati mentali. Più di mezzo secolo dopo il matematico e filosofo
americano Willard Quine raggiunge una conclusione diversa: questa intenzionalità
non ha significato perché non si riferisce a nulla di fisico. Oggi Jerry Fodor
sostiene che la mente sia intenzionale, ma che può essere ricondotta agli stati
fisici. Daniel Dennett pensa che l'intenzionalità sia semplicemente un
atteggiamento, fra i tanti che possono essere adottati studiando un sistema. Non
tutti però sono d'accordo sul fatto che l'intenzionalità possa essere solo
mentale: il filosofo americano Fred Dretske la studiò come una proprietà
generale dei sistemi.
L'intenzionalità
e la coscienza sono le caratteristiche chiave della mente. Quale relazione c'è
fra loro? John Searle sostiene che tutto ciò che è intenzionale è sia conscio
che potenzialmente conscio. L'intenzionalità potrebbe allora essere una
caratteristica derivante dalla coscienza. Un sistema dovrebbe essere
intenzionale prima di essere conscio. Allora, cosa rende un aspetto intenzionale
conscio? Perché l'intenzionalità è un prerequisito per la coscienza?
L'atteggiamento intenzionale
Daniel
Dennett identificò l'intenzionalità come un fenomeno molto più importante
della coscienza o della mente.
Dennett
mostra di conoscere solo che i concetti familiari di credenza, desiderio,
intenzione e aspettativa definiscono una caratteristica fondamentale del nostro
linguaggio: questi concetti ci aiutano a spiegare il comportamento dei sistemi
(inclusi noi stessi). Egli nega però che questi abbiano una loro esistenza
fisica propria.
Al
fine di spiegare e prevedere il comportamento di un sistema si possono
utilizzare tre strategie: un "atteggiamento Fisico", il quale
inferisce il comportamento dalle strutture fisiche e dalle leggi della Fisica;
una "atteggiamento-design" il quale permette di inferire il
comportamento dalla funzione per
cui a cui è stato designato (sappiamo quando una sveglia si attiverà anche se
non conosciamo la struttura interna dell'orologio); ed un "atteggiamento
intenzionale" il quale inferisce il comportamento dalle credenze e desideri
che il sistema deve mostrare per essere razionale. Questi sono semplicemente tre
modi diversi di parlare della stessa cosa. Sono più simili a tre vocabolari
diversi, o linguaggi, che a tre diversi insiemi di cose. L'atteggiamento
intenzionale è quindi solo un particolare modo di spiegare i sistemi in
generale, e della nostra mente in particolare.
"
L'albero ha bisogno dell'acqua", "l'automobile deve essere
lavata" ecc… sono esempi di atteggiamenti intenzionali. È un altro modo
di descrivere lo stato degli oggetti: l'atteggiamento intenzionale. Questo
atteggiamento è semplicemente l'insieme delle credenze e desideri di un
organismo che permette ad un osservatore di prevedere le sue azioni. Credenze e
desideri non sono stati interni della mente che producono il comportamento, ma
semplicemente strumenti che sono utili a prevedere il comportamento. Nessun
sistema è veramente intenzionale. Le credenze e i desideri di un organismo e
come queste influenzino il comportamento dell'organismo hanno origini
biologiche. Se un organismo sopravvive alla selezione naturale, la maggior parte
delle sue credenze sono vere e la maggior parte dei suoi desideri saranno
possibili ed il modo in cui l'organismo li adopera è il più razionale (
credenze sono utilizzate per soddisfare i desideri dell'organismo). Se così non
fosse, l'organismo non sopravvivrebbe.
I
sistemi intenzionali sono sistemi razionali per definizione. Intenzionalità e
razionalità sono aspetti complementari della selezione naturale. Il fatto che
alcuni sistemi intenzionali sono anche sistemi cognitivi è un dettaglio.
Credere e desiderare sono, in primo luogo, prodotti biologici e hanno una
funzione biologica. Infine, questa intenzionalità non è una descrizione della relazione fra il sistema intenzionale (e.g., la mente )
ed il suo ambiente. Un intero organismo può essere descritto dal suo
atteggiamento intenzionale, poiché è un prodotto della selezione naturale.
I
fatti descritti con un atteggiamento intenzionale possono essere spiegati
dall'atteggiamento ‘design’, il quale è a sua volta prodotto dall'aspetto
fisico.
In
un certo senso la mente è un insieme di menti. La mente è ciò che attribuiamo
agli oggetti, inclusi altri esseri umani e noi stessi, quando utilizziamo un
atteggiamento intenzionale.
Non
è un tipo diverso di materia o un tipo diverso di proprietà è solo un modo
per descrivere cosa accade.
La
critica di Dennett è per lo più nei confronti del linguaggio che è stato
inventato nei secoli per parlare degli stati mentali, e non verso l'esperienza
conscia del pensiero o dei sentimenti.
L'intenzionalità come rappresentazione
Fred
Dretske riscopre la teoria dell'informazione di Shannon e Weaver: uno stato
preleva informazioni da un altro stato fino a dipendere da esso . Dallo stesso
punto di vista ,l'intenzionalità è così ricondotta ad una relazione di
causa-effetto: ciascun effetto fa riferimento alla sua causa. Da questa nuova
prospettiva, risulta che l'idioma intenzionale del credere, desiderare,
conoscere, può risalire agli organismi primitivi che hanno solo un sistema di
strutture interno ma l'importanza per la spiegazione del comportamento
dell'organismo si trova in ciò che tali strutture indicano (esse hanno un
significato e significano qualcosa per l’organismo di cui fanno parte). In
altre parole, l'intenzionalità non è una prerogativa degli stati mentali, anzi
si può trovare nei sistemi viventi e non ( per esempio, un termometro fa
riferimento alla temperatura ). Possedere dei contenuti non è una prerogativa
umana. Gli stati mentali intenzionali sono in realtà un po' limitati se
paragonati agli stati intenzionali dei sistemi fisici, poiché essi perdono
molte informazioni che i sistemi fisici non perderebbero. Paradossalmente, la
mente distorce le informazioni che sono disponibili nell'ambiente. Altri sistemi
sono più fedeli.
Ciò
può essere riassunto nei termini di rappresentazioni. Gli elementi di un
sistema rappresentazionale hanno un contenuto definito da ciò che la loro
funzione indica( ciò che il filosofo inglese Henry Grice chiama "
significato non-naturale "). Dretske distingue tre tipi di sistemi
rappresentazionali: il primo tipo ha elementi che non mostrano nessun potere
intrinseco rappresentazionale ( questo include mappe, codici, ecc… ); il
secondo tipo ha elementi ( segni ) che sono causalmente relazionati con ciò che
indicano ( comprende le misure ); il terzo tipo ( o naturale )
possiede il proprio intrinseco indicatore di funzioni ( diversamente dal
primo e secondo tipo, nei quali gli esseri umani sono la causa delle funzioni) e
quindi un potere naturale di rappresentazione.
Da
questa idea Dretske sviluppò una teoria del comportamento . Il termine
comportamento viene usato in molti modi diversi
per indicare molte cose differenti. Il comportamento di un animale è
comunemente considerato consistere nelle azioni che sono guidate più o meno
dall'istinto o dalla natura. Questo non è necessariamente un comportamento
volontario. Il fatto che le donne hanno le mestruazioni fa parte del
comportamento femminile , ma non è volontario. Il comportamento è pervaso
dalla natura, e non può essere ristretto agli animali: anche le piante hanno il
loro comportamento. Il comportamento è il prodotto di qualche effetto esterno
causato da qualcosa di interno. Il comportamento è un complesso processo
causale dal momento che determinate condizioni interne producono determinati
movimenti esterni. Prima di tutto il comportamento è un processo. Un processo
è causato sia da cause emergenti ( la ragione per cui accade adesso ) sia da
cause strutturali ( la ragione per cui il processo è così ). Ciò vale sia per
il comportamento umano sia per quello delle macchine ( un termostato accende un
forno sia perché la temperatura è scesa sotto il valore di riferimento sia
perché è stata costruita per accendere il forno sotto certe condizioni ). In
generale, gli esseri umani sono interessati alla struttura del comportamento, il
quale nelle piante e negli animali è determinato dall'evoluzione naturale e
nelle macchine è costruito dagli esseri umani.
Dal
punto di vista di Dretske, l'intenzionalità non è una proprietà utile per
differenziare la mente dal corpo, ma una proprietà che può aiutare a
formalizzare il comportamento dei sistemi sia umani che biologici che meccanici.
Fenomenologia
Alla
fine del secolo il filosofo tedesco Edmund Husserl estese il concetto di
Brentano dell'intenzionalità e, poiché l'intenzionalità
collega mente e fenomeni, concluse che i fenomeni e gli esseri viventi
sono la stessa cosa.
Nel
1960, il filosofo tedesco Martin Heidegger, un sostenitore della fenomenologia
di Husserl, puntualizzò una pecca fondamentale nelle teorie dualiste, e, di
conseguenza, nell'intero dibattito mente-corpo.
Il
dualismo di Cartesio è semplicemente una conseguenza di una visione errata del
mondo, secondo la quale da una parte abbiamo il mondo oggettivo della realtà
fisica ( composta da oggetti con proprietà fisiche) e dall'altra abbiamo il
mondo soggettivo della vita mentale ( sensazioni, conoscenze, coscienza ).
Secondo
questa visione, il mondo fisico è descritto da alcuni fatti oggettivi che non
dipendono dalla nostra esistenza. Noi possiamo percepire questi e ragionare su
di essi. E possiamo agire nel mondo basato sui nostri pensieri. La nostra
relazione con il mondo ed i suoi oggetti è distaccata, come quella di un
osservatore.
Heidegger
ci ricorda che noi siamo parte di quel mondo. Siamo uno dei suoi oggetti. Non
esistiamo come proprietà indipendenti, esistiamo in quanto parti del mondo. Non
c'è nessun modo di tornare indietro e osservare in una maniera distaccata cosa
sta accadendo: noi siamo parte di ciò che sta accadendo, e solitamente sta
accadendo così in fretta che non abbiamo neanche il tempo di pensarci. Abbiamo
solo il tempo di reagire a causa dell'istinto.
Heidegger
nega ogni valore all'espressione " realtà fisica " e "realtà
mentale " e alla dicotomia oggettivo/soggettivo: il mondo e la mente non
possono essere separati. Tutto è soggettivo o oggettivo ( dipende dalla
definizione ) poiché tutto ciò che sappiamo è la nostra interpretazione di ciò
che accade e non abbiamo modo di avere un 'interpretazione oggettiva di ciò che
accade poiché siamo parte di essa.
Nella
vita di tutti i giorni non adottiamo un approccio distaccato, logico, alle
situazioni ma agiamo e basta. Normalmente, analizziamo una delle nostre azioni
solo dopo averla compiuta; e ciò accade di solito quando qualcosa è andato
storto: riflettiamo e analizziamo cosa e perché è andato storto. La maggior
parte del tempo non siamo coscienti del perché stiamo facendo ciò che stiamo
facendo.
Heidegger
dice che siamo proiettati nel mondo. Di solito non interrompiamo le situazioni:
interroghiamo il mondo intorno a noi solo quando le nostre azioni falliscono e
abbiamo bisogno di trovare un perché.
Per
esempio, normalmente non siamo consci di quali strumenti stiamo usando per
compiere un'azione: un paio di forbici o un bicchiere o della colla. Solo quando
la nostra azione fallisce, ci focalizziamo sugli strumenti che abbiamo
utilizzato e perché hanno fallito.
Quando
stiamo martellando un chiodo nel legno, non ci interessano le proprietà del
martello, del chiodo e del legno, noi martelliamo e basta. Se ciò non funziona
ci fermiamo e analizziamo cosa non va nel martello nel chiodo o nel legno.
La
stessa cosa accade con gli oggetti che ci circondano: siamo raramente
consapevoli di ogni singolo oggetto che ci circonda. Se qualcuno però ci
chiudesse in una stanza e avessimo bisogno di trovare un modo per uscire: solo
allora noi scomporremmo la realtà di quella stanza in tutti i suoi componenti,
cercando disperatamente qualcosa che ci possa aiutare.
Qualche
volta quando improvvisamente ci focalizziamo sulla guida, ci sentiamo persi:
tutto ad un tratto, non riconosciamo la strada che percorriamo tutte le mattine.
Ci sono così tanti dettagli che non abbiamo mai notato: lì c'è veramente una
curva ? c'è un cartellone pubblicitario in quella curva? E così via. Anche se
non ci concentriamo sulla strada, sappiamo perfettamente come arrivare al
lavoro.
Se
chiudiamo gli occhi ci troviamo a riscoprire la nostra stessa stanza, in cui
molti dettagli sono al momento inconsci anche se la conosciamo meglio di
qualunque altro posto nel mondo. Quando cerchiamo di muoverci nella nostra
stanza bendati, noi scomponiamo la nostra conoscenza di essa. L'ultima volta che
lo abbiamo fatto è stato quando ci siamo entrati.
Nella
vita di tutti i giorni, non abbiamo una completa rappresentazione della
situazione, e non possiamo prevedere tutte le conseguenze delle nostre azioni;
non abbiamo tempo per cercare altre rappresentazioni o previsioni. Nonostante
tutto noi comprendiamo le
situazioni e agiamo in esse. E la maggior parte delle volte sopravviviamo. Solo
quando le nostre azioni falliscono, abbiamo bisogno di tornare indietro per
analizzare la situazione e cercare di immaginare razionalmente perché abbiamo
sbagliato. La logica è qualcosa che usiamo dopo l'azione per ridimensionare ciò
che abbiamo sbagliato.
La
scienza che abbiamo inventato per analizzare il mondo è complicata. La verità
è molto più semplice e più vicina alla nostra vita ordinaria.
C'è
un'unità fondamentale del "Dasein " ( di esistere). Soggetto e
oggetto non possono essere separati. Non possono esistere indipendentemente.
Un
individuo non è un'entità separata ma una manifestazione di Dasein nel mondo e
persino della tradizione ( la società è una grande componente di questo mondo
).
Non
possiamo studiare le credenze come se fossero oggetti perché non possiamo
astrarre e osservarli oggettivamente. Sono parte del nostro sistema di credenze
ed ogni azione che compiamo è influenzata dallo stesso sistema così entriamo
in un circolo vizioso. Portiamo un fardello di esperienza e conoscenza con noi
che modella le nostre azioni.
Quando
studiamo qualcosa razionalmente, da una posizione distaccata, noi stiamo
perdendo contemporaneamente qualcosa isolandola. Il comprendere qualcosa fa
parte di essa. La conoscenza è una prassi. Noi siamo proiettati nel mondo e
questo è il modo in cui lo comprendiamo e ci comportiamo in esso. Se ci
fermiamo e lo osserviamo, poi non saremo più in grado come prima di agire in
esso.
Naturalmente,
Heidegger non aveva bisogno di rappresentazioni mentali per comprendere. Cosa
dire riguardo all'azione : azione del mondo e le nostre azioni nel mondo. La
rappresentazione è interpretazione. Non c'è nessun fatto oggettivo riguardo al
mondo.
Non
per sminuire Heidegger, ma è ironico che Heidegger , l'unico che ci disse che
la Scienza fu creata per rendere difficili le cose semplici, è oggi ricordato
come uno dei filosofi più difficili.
La
verità è che la teoria di Heidegger appare oscura perché è così non
scientifica e abbiamo difficoltà nel capire le teorie non scientifiche. Ecco
perché abbiamo creato la scienza: per spiegare cose che sembrano al di là
della comprensione.
Fortunatamente
per la maggior parte di noi, le persone che progettano i ponti e le automobili
non seguono la teoria di Heidegger: essi tornano indietro, analizzano la
situazione, calcolano attentamente le leggi naturali del mondo fisico oggettivo,
e alla fine costruiscono artefatti che funzionano.
Il monismo neutrale
I
filosofi hanno discusso per secoli se esistano due sostanze o esista solo una
sostanza, se il dualismo o il monismo siano i modelli giusti per il mondo.
Bertrand Russell concluse che se esiste una sostanza, non è né materiale né
mentale, ma, meglio ancora, che non esista nessuna sostanza. La sua idea fu
largamente ignorata, il che ci sorprende poiché le sue idee sono le uniche
nell'intera filosofia della mente ad essere realmente basate sulla conoscenza
dei Fisici moderni.
Russell
semplicemente riporta letteralmente il pensiero di Einstein: se spazio e tempo
sono inseparabili, se la materia è energia, se ogni cosa è relativa
all'osservatore, allora sia materia che mente sono ipersemplificazioni senza
significato della realtà. La materia è meno materiale della teoria di Newton, e
lo spirito è meno materiale della teoria di Barkley. Nulla esiste realmente
come una sostanza. Sono piuttosto modi differenti per organizzare spazio e
tempo. Ciò che realmente esiste sono gli 'eventi'. Io sono un insieme di eventi
spazio-temporali che sono uniti per un breve momento.
Lo
stesso argomento può essere visto dal punto di vista della percezione.
Le
sensazioni sono sia materiali che mentali. La sensazione è una parte
dell'oggetto che può essere costruita fuori da essa. La sensazione è una parte
della mente nella cui biografia si trova la percezione. Un oggetto è definito
da tutte le manifestazioni che nascono nelle vicinanze alla mente. La mente è
definita da tutte le manifestazioni che partono dall'oggetto e lo raggiungono.
Se noi rappresentassimo l'universo come una rete di interazioni fra più oggetti
e più menti, un oggetto sarebbe l'insieme di tutte le sue emissioni, la mente
sarebbe l'insieme di tutte le sue immissioni. L'oggetto non è il generatore di
queste produzioni e una mente non il ricevitore di tali immissioni.
La
differenza fra mente e materia sta semplicemente nelle la relazioni causali da prendere in considerazione.
Non
c'è nessuna differenza sostanziale fra mente e materia. Sono derivate dalla
stessa sostanza che non è né materiale né mentale ( è 'neutrale ').
Un nuovo Materialismo
Una
visione materialistica della mente ricorre ogni volta che i filosofi
cercano di spiegare la mente in modo razionale. Il problema che ha
contrastato i loro tentativi per secoli è come la mente possa nascere dalla
materia, come le sensazioni possano nascere da una materia inanimata.Una visione
moderna dice che la mente è invece materiale, ma in qualche modo i suoi
costituenti concreti si comportano in modo diverso dalla materia che studiano i
Fisici. Quindi è la Fisica che deve essere modificata o estesa per comprendere
nuovi tipi di fenomeni naturali.
La
posizione di John Searle riassume parecchi di queste opinioni materialistiche.
Egli pensa che 1 la mente sia
prodotta da processi neurali e 2 che la mente sia un aspetto del cervello. Gli
stati mentali non sono fisici, ma costituiscono una nuova classe di
caratteristiche del cervello. I fenomeni mentali non sono riducibili alla Fisica
e Chimica tradizionale. Le loro proprietà ( come significato e consapevolezza )
sono diverse da quelle della materia.
La
relazione fra gli stati mentali e stati cerebrali è causale, in entrambe le
direzioni, ciascuna è causa dell'altra. Searle chiama questa relazione fra
cervello e coscienza " non-event causation ". La coscienza è una
proprietà emergente del cervello allo stesso modo delle proprietà dei liquidi
che derivano da quelle delle molecole di cui sono costituiti. In altre parole,
è concreta, ma allo stesso modo non può essere paragonata a nessun altra
proprietà fisica.
Il
filosofo inglese Galen Strawson è un monista e materialista. Egli rifiuta il
neocomportamentismo, la visione per cui la vita mentale è collegata al
comportamento nel senso che il comportamento è essenziale per spiegare i
processi della mente. Egli contrasta con il neo comportamentismo con il suo
cartesianesimo naturalizzato, il quale si basa su due assunzioni: la mente è
fisica; solo i fenomeni mentali sono gli unici che creano la nostra esperienza
conscia ( i fenomeni esperenziali). Quindi, rappresentazioni e intenzionalità
vengono considerate come effetti secondari.
Il materialismo eliminativo
Poiché
i concetti correnti di fisico e mentale sono incompatibili, uno dei due concetti
deve essere modificato. Gli eliminativisti credono che il termine mentale non
sia corretto e debba essere abbandonato, ma si pensa che sia la terminologia
fisica ad essere inadeguata e sorpassata.
"Il
materialismo eliminativo " è la teoria, esposta nel 1960 da Richard Rorty
e Paul Feyerabend, secondo cui gli stati mentali non esistono. Il filosofo
americano Paul Churchland è il più importante sostenitore di questa posizione.
È
soltanto il vocabolario della nostra tradizione psicologica che parla di
credenze, desideri, sensazioni, emozioni, pensieri,ecc… Noi spieghiamo il
comportamento delle persone usando questa terminologia che attribuisce gli stati
mentali alle persone. In realtà, solo i processi cerebrali esistono. Dovremmo
sostituire il linguaggio datato della tradizione psicologica con il linguaggio
della neurobiologia, proprio come la fisica classica è stata sostituita dal
linguaggio più preciso della fisica di Newton. Termini come credere e
desiderare sono scientifici quanto i quattro spiriti dell'alchimia.
Secondo Churchland la prova che la tradizione psicologica sia non scientifica include :
Essa è rimasta la stessa dall'antica Grecia ( ma anche l'aritmetica);
Essa è incompleta poiché la sua terminologia non si applica
correttamente ai fenomeni mentali come il sonno e i disturbi mentali (anche la
Fisica di Newton non è completa ma ciò non significa che la terminologia della
massa ed energia debba essere abolita).
Churchland
nega ogni valore alla vita mentale in prima persona, alla coscienza, al sé,
alle emozioni, ecc… Egli fonda la
sua obiezione sul fatto che non c'è nulla nel cervello che somigli a ciò di
cui parla la psicologia classica: ci sono solo modelli di attività (vettori
attivazionali )
Mente o Materia
Sembra
essere una questione semplice: cos'è l'anima? La mente complica la questione
perché essa relaziona la mente in un posto specifico, il cervello, senza essere
specifica. La mente è l'anima? La mente è qualcosa di più dell'anima? O
qualcosa di meno ?
L'autore
di questo libro pensa che la questione sia formulata in un modo non scientifico.
Mente è un termine generico che si riferisce a un insieme di facoltà cognitive
che possediamo e che talvolta racchiude la coscienza.
Sarebbe
molto più appropriato focalizzarsi sulla conoscenza. Mentre qualcuno potrebbe
essere riluttante nel credere che gli animali abbiano una mente, molti non
avrebbero nessun problema ad attribuirgli qualche grado di facoltà cognitiva,
come la memoria, la capacità di apprendere e di ragionare. La conoscenza può
benissimo essere considerata come una proprietà di almeno tutti gli organismi
viventi, ma una proprietà che ha gradi diversi: gli esseri umani ne hanno di più
delle lumache.
Inoltre,
ci sono somiglianze forti fra il comportamento di una sostanza vivente cognitiva
e il comportamento di una non cognitiva sostanza
non vivente. Anche un pezzo di carta mostra una forma di memoria che assomiglia
al modo in cui funziona la nostra memoria : se lo pieghiamo più volte nella
stessa direzione imparerà progressivamente a stare piegato in quella direzione;
se smettiamo di piegarlo esso assumerà lentamente la posizione originaria. Ogni
pezzo di materia "ricorda" cosa è successo alla sua forma, e talvolta
alla sua composizione chimica ( che gli scienziati di laboratorio possono
rintracciare nel tempo ). Lontano dall'essere solamente nella mente, le facoltà
cognitive sembrano essere presenti ovunque nella natura.
La
memoria e la capacità di apprendere possono quindi essere presenti ovunque in
natura, a condizione che consideriamo che si presenti a gradi. La conoscenza può
non essere necessariamente una proprietà esclusiva della materia vivente. La
cognizione può essere una proprietà generale della materia , che il cervello
umano semplicemente amplifica per poter compiere azioni più interessanti. Solo
quella parte della mente, quella che ha a che fare con le facoltà cognitive, può
essere ricondotta ai processi materiali. L'altra parte, la coscienza, è una
facoltà molto più complicata.
La mente darwiniana
Il
'pensiero ' è completamente un'altra faccenda. La mente
definita come la totalità dei pensieri è un mistero ancora più vago.
È una mia convinzione però che
questa mente, proprio come il cervello, obbedisce a leggi che in natura sono
darwiniane. Sia la mente che il cervello ( il sistema delle connessioni neurali
) obbediscono alle stesse leggi di selezione ed evoluzione della specie e degli
anticorpi. Sia le strutture neurali che i pensieri sono frutto della selezione
naturale e variano in un modo fondamentalmente casuale.
Lo
stesso processo che vale per l'origine della specie è probabilmente
responsabile dell'origine dei pensieri. Proprio come le specie generano altre
specie e creano un ramo dell'albero
della vita, così i pensieri generano fili di pensieri. Catene di pensieri che
possono diventare sempre più deboli fino a sparire o possono diventare sempre
più consistenti. Tutto dipende dall'esperienza. Ma d'altra parte la mente è
piena di fili che competono.
A
questo riguardo, la personalità può essere il risultato della selezione
naturale dei fili di pensieri. Quelli che vengono rinforzati dall'esperienza di
un individuo andranno a costituirne la personalità.
La fabbrica delle illusioni
La
mente è una fabbrica di illusioni. Essa crea la realtà più profonda in
opposizione alla più esterna realtà del mondo. Noi vediamo colori e forme,
percepiamo gli odori e i profumi, udiamo voci e suoni. Percepiamo lo scorrere
del tempo. Ma l'universo è composto da particelle e onde. La mente traduce il
mondo in sensazioni. Poi elabora le sensazioni per produrre pensieri, memoria ,
concetti, idee. Nessuno di questi è reale. È solo una gigantesca illusione.
Non saremo mai sicuri se qualcosa esista davvero.
Poi
la mente crea la coscienza, i.e. la consapevolezza di sentire quelle sensazioni
e , soprattutto, la sensazione soggettiva di esistere. Può la coscienza essere
la diretta conseguenza dell'esistenza di queste illusioni? Esiste
qualche essere vivente dotato di percezione sensoriale dotato anche di
coscienza?
La
scienza necessita di definizioni argute, attendibili, in special modo
definizioni degli oggetti che studia. Sfortunatamente, la mente è una di quelle
cose che noi intuitivamente, ovviamente conosciamo, ma, quando cerchiamo di
formalizzare ci rendiamo conto di non conoscerla affatto. Il modo più comune
per definire cosa sia la mente, è fare una lista delle facoltà cognitive: la
mente è qualcosa che può imparare, ricordare, ragionare, ecc… La verità è
che facendo così noi abbiamo solo spostato il livello: dobbiamo adesso definire
la capacità di apprendere, la memoria, il ragionamento, ecc… Più scientifici
cerchiamo di essere più diamo
definizioni che sono sempre più lontane da come vorremmo che fossero. Come
abbiamo visto, molte cose (e certamente molti sistemi biologici ) possono essere
definiti capaci di qualche capacità ci imparare, ricordare, ragionare, ecc… I
cristalli mostrano potenti processi di organizzazione di se stessi.
Cos'ha
di speciale la mente? Non sono le facoltà cognitive. È la vita interiore. La
mente è una fabbrica di illusioni, che traduce questo mondo di particelle e
onde in un mondo di colori, suoni, odori. E questa è l'illusione di tutte le
illusioni: la coscienza. Qui giace il segreto della mente.