A cura di Marco Donatiello
Il termine Mobbing, inglese,
letteralmente indica "l'assalto di un gruppo ad un individuo"; per gli
studiosi del comportamento animale è "l'esclusione di un individuo dal suo
branco"; in medicina del lavoro indica una violenza psicologica, talvolta
anche fisica, perpetrata sul posto di lavoro che a poco a poco diventa
insopportabile: si comincia con un saluto negato, battute che sono insulti,
scherzi troppo pesanti, i colleghi ti ignorano o ti guardano male, i capi sono
insoddisfatti, il lavoro “non gira”, l'ansia di sbagliare fa' sbagliare di
più, l'insofferenza rende improduttivi ed insopportabili. Si arriva in ufficio
con l'aria cupa, lo stomaco contratto il mal di testa, si esce poi nervosi e si
perde il sonno.
Le forme che esso può assumere sono molteplici:
dalla semplice emarginazione alla diffusione di maldicenze, dalle continue
critiche alla sistematica persecuzione, dall'assegnazione di compiti
dequalificanti alla compromissione dell'immagine sociale nei confronti di
clienti e superiori.
Nei casi più gravi si può arrivare anche al sabotaggio del lavoro e ad azioni
illegali.
Lo scopo del Mobbing è quello di eliminare una persona che è, o è divenuta,
in qualche modo "scomoda", distruggendola psicologicamente e
socialmente in modo da provocarne il licenziamento o da indurla alle dimissioni.
Il mobbing può portare fino all'invalidità
psicologica, e quindi si può parlare anche di malattie professionali o di
infortuni sul lavoro. In Svezia un'indagine statistica ha dimostrato che tra il
10 e il 20% del totale dei suicidi in un anno hanno avuto come causa scatenante
fenomeni di Mobbing. In Svezia ed in Germania centinaia di migliaia di vittime
di Mobbing sono finite in pre-pensionamento o addirittura in clinica
psichiatrica. In casi di questo tipo, i costi non hanno colpito solo l'azienda
datrice di lavoro - che ha dovuto pagare i periodi di malattie delle vittime -
ma anche la Società stessa: un lavoratore costretto alla pensione a soli 40
anni costa alla società ben 1 miliardo e 200 milioni di lire in più di uno
pensionato all'età prevista. In questi paesi la legislazione riconosce al
lavoratore il danno derivante dall’aver subito forme di Mobbing; la
legislazione Italiana al momento è ferma al riconoscimento del "danno
biologico" derivante da forme persecutorie sul posto di lavoro.
Secondo le prime ricerche, in Italia oggi soffrono
per Mobbing oltre 1 milione di lavoratori, mentre sui 5 milioni è stimato il
numero di persone in qualche modo coinvolte nel fenomeno, come spettatori o
amici e familiari delle vittime.
A monte di queste forme di persecuzione "possono
esserci carenze relative all'organizzazione del lavoro, del sistema informativo
interno, una gestione inadeguata del modo di lavorare, un carico di lavoro
eccessivo o, al contrario, insufficiente, il tipo di prestazione lavorativa
richiesta, carenze nella politica del personale scelta dal datore di lavoro o,
ancora, il tipo di atteggiamento tenuto dal datore di lavoro nei confronti dei
propri dipendenti e le sue eventuali reazioni. Problemi organizzativi
persistenti e insoluti possono causare forti tensioni mentali negative nei
gruppi di lavoratori, con una diminuita capacità di tolleranza dello stress.
Questo potrebbe indurre la cosiddetta mentalità del capro espiatorio e attivare comportamenti di rifiuto
nei confronti dei singoli lavoratori. "Le cause dei problemi vanno
ricercate nelle condizioni di lavoro reali, soprattutto nel caso in cui più
persone, singolarmente, sono state oggetto per un lungo periodo di vari tipi di
persecuzione psicologica.....".
Una
“Guida” elaborata dall'Ente nazionale per la Salute e la Sicurezza svedese,
affronta le tematiche delle sei Sezioni che sono così suddivise:
Sezione 1:
definizioni. Le forme di persecuzione esercitata sul lavoratore, possono essere
determinate da vari comportamenti "quali la pressione psicologica, la
crudeltà mentale, l’isolamento sociale e le molestie, tra cui quelle
sessuali", problemi che riguardano, con sempre maggiore frequenza, la vita
lavorativa e complessivamente rientrano nel termine di violenza o persecuzione.
"Si tratta di problemi molto seri con effetti gravi e dannosi sia sui
singoli lavoratori sia sul gruppo di lavoro se non vengono valutati e gestiti in
tempo. Questi effetti possono tradursi in stati patologici, mentali e fisici,
che a volte possono diventare cronici, e sfociare addirittura in un rifiuto
della vita lavorativa e della collettività che opera nell'ambiente di
lavoro". Tra le forme più ricorrenti di persecuzione psicologica, vengono
indicate come esempio: calunniare o diffamare un lavoratore, oppure la sua
famiglia; negare deliberatamente informazioni relative al lavoro oppure fornire
informazioni non corrette a riguardo; sabotare o impedire in maniera deliberata
l'esecuzione del lavoro; escludere in modo offensivo il lavoratore, oppure
boicottarlo o disprezzarlo; esercitare minacce, intimorire o avvilire la
persona, come nel caso di molestie sessuali; insultare, fare critiche esagerate
o assumere atteggiamenti o reazioni ostili in modo deliberato; controllare
l'operato del lavoratore senza che lo sappia e con l'intento di danneggiarlo;
applicare sanzioni penali amministrative ad un singolo lavoratore senza motivo
apparente, senza dare spiegazioni, senza tentare di risolvere insieme a lui/lei
i problemi".
Sezione 2:
misure di ordine generale per prevenire qualsiasi forma di persecuzione
psicologica. Vengono riportati alcuni esempi di misure di ordine generale che il
datore di lavoro può adottare per prevenire le forme di persecuzione nei luoghi
di lavoro, come: "elaborare una politica ad hoc per l'ambiente di lavoro
che, tra l'altro, illustri le intenzioni, gli obiettivi e l'atteggiamento di
ordine generale nei confronti dei propri dipendenti; elaborare delle procedure
che garantiscano condizioni psicologiche e sociali nei luoghi di lavoro le
migliori possibili, anche per quanto concerne la situazione lavorativa e
l'organizzazione del lavoro; adottare misure per impedire che si manifestino
reazioni negative sul lavoro, ad esempio elaborando delle regole che incoraggino
un clima di rispetto e di amicizia nel luogo di lavoro. Sono soprattutto il
datore di lavoro e i suoi rappresentanti che per primi devono dare il buon
esempio in tal senso. I quadri e i dirigenti devono ricevere una formazione tale
da consentire loro di gestire le materie che rientrano nelle leggi di diritto
del lavoro, gli effetti delle varie condizioni di lavoro sulle persone, i rischi
di conflitto all'interno dei gruppi di lavoratori, in modo che siano in grado di
rispondere con prontezza con un sostegno qualificato a quei lavoratori che si
trovassero in situazioni di stress e di crisi".
Nella Sezione
3 vengono sottolineati alcuni principi importanti "che devono essere
alla base della vita lavorativa di ogni individuo, e tra questi: il rifiuto di
qualsiasi atteggiamento o comportamento offensivi, a prescindere da chi sia
coinvolto o da chi ne sia il bersaglio. Riveste un'importanza particolare il
fatto che il datore di lavoro adotti misure efficaci per evitare che qualunque
lavoratore sia oggetto di forme di persecuzione da parte di altri
lavoratori".
La Sezione 4
indica "Misure e procedure particolari" per prevenire problemi di
organizzazione del lavoro o di discriminazione. "Nessuno dovrebbe fare in
modo di celare eventuali forme di persecuzione. Tutti i problemi che si
presentassero in un luogo di lavoro devono essere affrontati rapidamente e in
maniera pertinente e rispettosa. Le soluzioni vanno trovate attraverso il
dialogo e misure atte al miglioramento delle condizioni di lavoro degli
interessati. Se viene avanzata qualche critica nei confronti di un dipendente,
quest'ultimo ne deve essere informato in modo che abbia l'opportunità di
replicare..... Nei casi in cui risulti ovvio che un lavoratore ha veramente
provocato il risentimento di altri, il datore di lavoro dovrebbe far presente al
lavoratore in questione che è suo dovere contribuire a creare un ambiente di
lavoro sereno e un clima vivibile..". Proseguendo, le disposizioni
contenute nella Sezione 4 fanno presente che "nella politica di prevenzione
relativa all'ambiente di lavoro il datore di lavoro deve predisporre un piano di
intervento per quanto concerne gli aspetti psicologici, sociali e organizzativi
dell'ambiente di lavoro che sono altrettanto importanti dei fattori di ordine
fisico o tecnico".
Gli aspetti relativi ai rapporti umani nell'ambiente
di lavoro, sono trattati nella Sezione 5
dove, fra l'altro, si legge che gli "eventuali attriti non sono dovuti ad
un'unica persona. Di regola le cause vanno esaminate in base al modo in cui è
organizzato il lavoro e non lasciate alla responsabilità di un solo individuo.
Possono fornire un importante contributo in tal senso ed essere d'aiuto nello
stesso tempo, però, è importante che ogni lavoratore sia consapevole della
propria capacità di contribuire ad instaurare un buon clima di lavoro, del
fatto che questo rientri nei suoi doveri. Le soluzioni ai problemi vanno
ricercate in primo luogo attraverso l'elaborazione di metodi di lavoro,
l'assegnazione del lavoro, la comunicazione, ecc. Per il raggiungimento di
questo scopo si può procedere ad un'analisi della maniera in cui il lavoro è
organizzato ad esempio per quanto riguarda i doveri, i requisiti e l'autorità,
e quindi, su questa base, avviare una discussione e programmare di conseguenza.
I servizi di medicina del lavoro possono fornire un importante contributo in tal
senso ed essere di aiuto durante il processo di ricerca delle
soluzioni...". Viene fatta rilevare l'importanza che assume, di fronte ad
una forma evidente di persecuzione, l'intervento immediato del datore di lavoro
nell'affrontare quegli abusi che hanno originato la persecuzione stessa.
Infine, la Sezione
6 che ha per titolo "Un supporto per l'individuo e il gruppo di
lavoro", affronta il problema di come un lavoratore assentatosi dal
lavoro per malattia causata da qualche forma di persecuzione psicologica debba
essere aiutato a ritornare al suo posto di lavoro al più presto possibile.
"La normalità della vita di ogni giorno - vi si legge - e un sostegno
psicologico e personale sono sostegni fondamentali per neutralizzare le gravi
conseguenze di esperienze così traumatiche. Un rapido inserimento dipende in
gran parte dal fatto di mantenere dei contatti positivi con la persona, sia egli
in malattia o meno, e dall'opportunità che la persona ha di parlare
privatamente sia con i compagni di lavoro sia con il datore di lavoro in merito
a quanto è accaduto". E’ utile affrontare questo argomento perché, a
causa della sua particolarità, molte volte viene sottovalutato dagli stessi
lavoratori, rispetto ad altre problematiche attinenti le malattie professionali.
Invece il problema esiste in molti luoghi di lavoro e quindi deve essere
affrontato nell'ambito della tutela non solo della dignità, ma della salute
complessiva dei singoli lavoratori.
Le
incomprensioni, i litigi, le frizioni sono sempre presenti nel gruppo di lavoro
tanto più quanto il lavoro e' pressante, ma spesso si risolvono con spiegazioni
o scuse soprattutto quando rivestono carattere d'eccezionalità. Presenti nei
gruppi di lavoro sono anche sarcasmo, scherzi pesanti, battute feroci che se
anche non giustificabili possono essere superati se non si ripetono nel tempo.
Quando, al contrario, questi fatti assumono una cadenza e una ripetitività
costante si realizza il MOBBING.
Il mobbing non è una malattia ma è la causa di
patologia sia a livello psicologico che somatico.
S'instaura attraverso una serie di azioni cosiddette "mobbizzanti"
(rilevate e descritte da Leymann) ripetute con frequenza nel tempo. SI TRATTA
D'UN PROCESSO DISTRUTTIVO IN EVOLUZIONE.
Analizziamo
come si insinua il processo:
Fase 1
- Si evidenzia un conflitto nel gruppo che si manifesta attraverso: attacchi,
scherzi, meschinerie di vario genere. Questo si può instaurare per diversi
motivi: organizzazione non appropriata con relativo carico di stress, gelosie,
noia, l'arrivo di un nuovo elemento, una promozione, ecc. Se il conflitto, che a
questo livello è difficile rilevare, non viene risolto può dar luogo
all'inizio del processo del mobbing.
Fase 2
- Con la sistematicità delle aggressioni accade il passaggio al terrorismo
psicologico, il vero e proprio mobbing. La vittima è sempre più isolata e
viene creato a suo carico il " mito negativo". Se la vittima ha
tentato, invano, una qualche forma di difesa ormai esperisce l'incapacità
reattiva e subisce la preponderanza aggressiva del gruppo. In questa fase
aumentano i periodi d'assenza per malattia e si evidenziano patologie a
carattere psicosomatico.
Fase 3
- Successivamente la situazione arriva all'ufficio del personale. A questo
livello dovrebbero essere individuate le responsabilità ma, generalmente, la
direzione preferisce accettare i pregiudizi suffragati da caratteristiche
negative di personalità della vittima. Tale atteggiamento conduce alla
negazione dei diritti della vittima: non le si da' modo di difendersi; le si
assegnano mansioni impossibili; si dà luogo a trasferimenti continui;
“demansionamenti” ecc.: l'obiettivo non dichiarato è la quarta fase.
Fase 4
- Esclusione dal mondo del lavoro. Leymann ha isolato quarantacinque
comportamenti costitutivi del mobbing raggruppate in cinque condotte:
·
Condotta
tendente ad impedire alla vittima di esprimersi;
·
Condotte
tendenti ad isolare la vittima;
·
Condotta
tendente a provocare la disistima presso i colleghi;
·
Condotta
tendente a provocare il discredito del lavoro della vittima;
·
Condotta
tendente a compromettere la salute della vittima.
Perché si possa parlare di mobbing la frequenza
delle condotte, in ragione di almeno una volta la settimana e per un periodo non
inferiore ai sei mesi, diventa una condizione assolutamente determinante.
Lo studio di questo fenomeno complesso ha dato come
risultato che esso può avvenire:
·
Tra
colleghi pari grado (mobbing orizzontale).
·
Tra il
capo e un collaboratore e viceversa (mobbing verticale discendente ed
ascendente).
·
Misto -
insieme dei due casi precedenti.
Evoluzione dei
disturbi
Quando il soggetto tenta ancora di opporsi alle
aggressioni si evidenziano stati d'ansia e di agitazione accompagnati da forme
di patologia psicosomatica. Durante il periodo che va dai sei ai ventiquattro
mesi la patologia si aggrava e sovente si evolve verso disturbi di ansia, e il
tentativo, non riuscito di riequilibrare il gruppo in funzione di una propria
riabilitazione, può causare disturbi depressivi. Dopo i ventiquattro mesi si
registra una cronicizzazione dei disturbi associati a incapacità
affettivo-relazionali. Con il tempo si crea nella vittima un automatismo mentale
ossessivo che sovente genera un fenomeno di mobbing anche nella vita privata
della vittima.
Le conseguenze del mobbing si possono così riassumere:
Sull'individuo:
alterazione dell'equilibrio psicofisico con manifestazioni psicosomatiche, ansia
e depressione.
Sul gruppo
di lavoro e sull'azienda: un clima deteriorato corrisponde sempre ad una
cattiva qualità del lavoro svolto e quindi ad una produzione non ottimale.
Tutto ciò causa anche una negativa immagine esterna.
Sulla società:
impone alti costi per malattia, per l'abbandono del lavoro e per il
prepensionamento.
Come uscirne?
Poiché si tratta di un fenomeno complesso è
indispensabile un intervento coinvolgente tutti gli attori o possibili tali.
Oltre a dare una risposta a tutti coloro che soffrono la situazione di
mobbizzati è necessario dar luogo ad un circolo virtuoso che possa prevenire
l'instaurarsi del mobbing. Perché ciò si verifichi e' necessario che ciascuno
faccia la sua parte:
Gli
individui
debbono comprendere che certi comportamenti sono causa di profonda sofferenza e
malattia.
Le aziende
avendo il compito di garantire il clima di lavoro debbono sorvegliare, con
strumenti appropriati e personale specializzato al fine di prevenire. E' altresì
necessario, che coloro che hanno responsabilità decisionali siano messi in
grado, attraverso corsi specifici, di riconoscere un probabile mobbing.
Infine la società tutta deve dotarsi di normative che sanzionino il mobbing stesso.
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