Università degli Studi di Torino
Facoltà di Psicologia
Anno accademico 2001-2002

Corso di Psicosomatica

Materiali per il corso a cura degli studenti:

Scheda riassuntiva dell’articolo
Osservazioni sul trattamento psicoanalitico di un caso di rettocolite ulcerosa
di O. Todarello e P. Porcelli 

A cura di Cinzia Gerbaldo e Serena Giampaolo


Ultimo aggiornamento: lunedì 13 aprile 2015 17.26

L’articolo vuole evidenziare il paradosso epistemologico in cui cade la psicoanalisi quando vuole indagare il rapporto mente-corpo con un metodo che è solo psicologico, attraverso l’esposizione di un caso clinico riportato dall’analista canadese P. Lefebvre, aderente alla scuola psicosomatica francese di P. Marty.

“La paziente, Laura, a 31 anni iniziò un’analisi durata 5 anni, più altri 6 di brevi periodi analitici. Sposatasi a 19 anni, subito dopo la morte del padre, Laura cominciò a soffrire di RCU (rettocolite ulcerosa) a 28 anni, dopo la separazione dal marito ed essere tornata a vivere con la madre insieme ai suoi due figli. Era molto insoddisfatta di sé, soffriva di crisi ricorrenti di depressione e bulimia, aveva rapporti saltuari con diversi uomini.”

I primi due anni di analisi: “la distanza”.

Laura ha negato il transfert per il timore che l’analista le fosse troppo vicino e diventasse intrusivo, ha utilizzato prevalentemente i meccanismi di difesa della scissione e della identificazione proiettiva, quest’ultima (inconsciamente) allo scopo di comunicare i sentimenti di rifiuto, abbandono, rabbia, provate nelle relazioni oggettuali primitive e successive (il controtransfert dell’analista era di noia e collera).

Lefebvre ha diagnosticato una nevrosi di carattere: tale definizione (derivante dalla teoria di Marty) indica una forma clinica di disorganizzazione del livello mentale e di psicopatologia che si cristallizza in una formazione caratteriale stabile nel tempo, fragile nel funzionamento e con oggetti interni scarsamente interiorizzati. In occasione di eventi traumatici si verifica una regressione che non riesce ad organizzarsi attorno a nessun punto di fissazione ed esita in automatismi comportamentali o agiti di tipo perverso. La teoria della Scuola di Parigi aggiunge che, cronicizzandosi la disorganizzazione, le strutture della mentalizzazione (simbolismo, associazioni, metafore, sogni, pensiero  astratto, tonalità emotiva del discorso) e della relazione scompaiono e si installa quello che viene definito “pensiero operatorio”, caratteristico delle personalità definite “psicosomatiche”.

Lefebvre ha utilizzato le associazioni cibo-merda e un sogno di Laura in cui la donna si è sorpresa di avere delle feci in bocca ( a cui ha associato le abitudini di fare “giochi con la lingua” e di masturbarsi, immaginando un essere che la ami incondizionatamente) per sostanziare un nesso causale (che Todarello e Porcelli considerano avventato) tra le modalità di relazione oggettuali della paziente e la sua RCU: ne deriva l`ipotesi implicita di potervi intervenire psicoanaliticamente

“Tutto ciò che viene messo all’interno, era destinato ad essere fecalizzato, trasformato rapidamente da orale ad anale, ossia dall’esperienza dello stomaco a quella dell’intestino…secondo un fantasma sadico-anale di espulsione”.

La seconda parte dell`analisi: “l’impasse narcisistica”.

A partire dal secondo anno, Laura ha cominciato ad avvertire il bisogno dell’oggetto, rappresentato dall’analista nella situazione transferale. Parallelamente  la capacità di simbolizzazione onirica della paziente è migliorata, come ci viene segnalato dall’esposizione di un sogno della donna, in cui un cane divora avidamente un topo e il barattolo di vetro in cui è contenuto, ferendosi le budella. Il sogno e le modalità relazionali di Laura evidenziavano un’incapacità di mantenere la giusta distanza dall’oggetto: viene intensamente desiderato (“fame oggettuale”) ma poi non riesce ad essere introiettato, perché ciò rappresenta una minaccia di disintegrazione. La personalità della paziente ricorda quella del “paziente psicosomatico” descritta da Marty.

Il paziente psicosomatico cerca un rapporto identificatorio con l’oggetto o in modo fusionale (oneness), oppure cercando un doppio di sè (sameness). Ogni differenza dell’oggetto da sè non è tollerata: una modalità relazionale di questo genere rappresenta una minaccia per i propri confini, per la propria identità, quindi gli oggetti, che peraltro non si rivelano mai soddisfacenti, devono essere espulsi, ritornando ad una situazione di vuoto ed abbandono. Questa situazione viene definita “impasse narcisistica”, per l’incapacità di mantenere una distanza ottimale tra sé e l’oggetto ed è considerata un fattore di rischio aspecifico per la “vulnerabilità somatica”.

Nello specifico caso di Laura, Lefebvre ipotizza che, l’azione dell’impasse narcisistica si esplichi in Laura attraverso il conflitto tra due opposti:

-il bisogno di incorporare l’oggetto che, a livello della sintomatologia somatica, si esprime con la bulimia;

-la paura di distruggere e di essere distrutta dagli oggetti incorporati che per questo motivo devono essere espulsi, meccanismo che, somaticamente, si manifesta attraverso la diarrea emorragica della RCU.

L’impasse narcisistica è inoltre legata al “fantasma del patto faustiano”, che consiste nella finzione irraggiungibile che ci spinge fin dall’inizio dell’esistenza alla ricerca dell’oggetto capace di amare in modo perfetto e incondizionato.

Ogni bambino sa che i chi si prende cura di lui non può amarlo incondizionatamente ma che la sua sopravvivenza dipende da un patto: nel caso del paziente psicosomatico, caregivers non sufficientemente empatici gli hanno comunicato che per essere amato egli deve essere completamente compiacente, deve sviluppare un Falso Sè e operare una scissione, perdendo il contatto con il vero Sè e con il corpo. Di fronte ad una rinuncia così penosa il bambino si sente in diritto di essere indefinitamente soddisfatto.

Terza parte dell’analisi: la “guarigione”?

Nel quarto anno, Laura è riuscita a verbalizzare le sue vere emozioni riguardo alla madre che “faceva pagare a caro prezzo ciò che dava”, autoritaria e dipendente, che desiderava una relazione simbiotica con la figlia in cambio del proprio amore: è emerso dunque il “fantasma del patto faustiano”. La paziente ha cominciato a chiedersi se la RCU non sia stata un modo per pagare per la rottura del legame simbiotico con la madre con il matrimonio.

A livello psicologico la terapia analitica ha ottenuto buoni risultati, ad esempio il riuscire  a piangere, ad associare, l’abbandono delle relazioni sessuali compulsive: Laura è passata dalla posizione persecutoria ad una depressiva.

Lefebvre, sulla base delle comunicazioni della paziente, ha asserito che il trattamento analitico ha influito anche sulla rettocolite: gli episodi di diarrea sono diminuiti, poichè la rabbia della donna ha iniziato ad esprimersi a livello psichico. Tuttavia un esame endoscopico ha rivelato la presenza di polipi sulla parete intestinale e Laura ha subito una colostomia.

Commento esplicativo: perché questo caso?

Lefebvre ha presentato questo caso allo scopo di dimostrare la possibilità d’intervenire con il trattamento analitico su un disturbo organico. Tale intervento  può essere interpretato secondo due prospettive.

TESI A: la psicoanalisi mira  a ricostruire il senso mentale delle funzioni somatiche: il paziente potrà modificare le modalità di relazioni d’oggetto patologiche e con esse anche le modalità di rapportarsi alla rettocolite, intesa anch’essa come oggetto.

Secondo i due autori dell’articolo è possibile affermare che le relazioni oggettuali siano il versante mentalizzato delle funzioni somatiche, rifacendosi al pensiero di Gaddini, che afferma che le fantasie precoci sono fantasie del corpo (in quanto mentale e somatico non sono ancora differenziati, non c’è ancora mentalizzazione): ad esempio l’introiezione è la mentalizzazione dell’incorporazione fisica e la proiezione quella dell’espulsione violenta delle feci.

TESI B: la psicoanalisi trova la causalità dei disturbi somatici nel simbolismo inconscio. La rettocolite è concepita come il risultato di un conflitto da cui la paziente si difende costruendo un oggetto-malattia da preservare al fine di dirottare su di esso la rabbia e la domanda di terapia, lasciando inalterato il suo mondo di relazioni oggettuali patologiche di cui la RCU stessa è simbolo e contenitore.

Punti critici

1)      ESISTE LA CAUSALITÀ LINEARE TRA PSICHICO E SOMATICO?

 Todarello e Porcelli sottolineano che il nesso causale tra le modalità di relazioni oggettuali e la rettocolite introdotto dall’analista canadese è improprio, in quanto non verificabile nel setting analitico in cui ha operato. Le osservazioni cliniche sul caso indicano unicamente che Laura riproduce nelle sue manifestazioni comportamentali e relazionali il rapporto interiorizzato della relazione oggettuale primaria con la madre  e che le sue funzioni somatiche seguono lo stesso andamento delle sue relazioni oggettuali.

 Possiamo dire di trovarci in presenza di un parallelismo ma non abbiamo elementi verificabili per attribuire al funzionamento del primo un ruolo nell’eziopatogenesi della rettocolite di Laura.

Lefebvre nel trattamento ha aderito implicitamente ad un’ipotesi secondo la quale la psicoanalisi consente di rintracciare le cause dei fenomeni biologici all’interno del simbolismo dei fantasmi inconsci, ad un modello di conversione isterica esteso al SNA e agli organi interni, assumendo che essi abbiano una funzione di simbolizzazione sessuale e conflittuale, come ipotizzavano ad esempio Groddeck, Deutsch, un tempo. Secondo Todarello e Porcelli il modello della “conversione estesa” è applicabile a sintomi funzionali, come la diarrea ma non alla RCU, che presenta alterazioni organiche documentabili endoscopicamente e istologicamente, solo perchè a tutt’ora la sua eziopatogenesi è sconosciuta. Possiamo solo affermare che la diarrea riproduce il senso mentale della funzione escretoria perturbata, mentre il sintomo organico di per sè  è muto, proviene dal biologico.

2)      IL PAZIENTE PSICOSOMATICO È UNA SOTTOCLASSE DELL’ORGANIZZAZIONE BORDERLINE?

 Il lavoro analitico di Lefebvre è stato guidato dall’ipotesi iniziale di una “nevrosi di carattere”, che ha come punto nodale la situazione di impasse narcisistica, riscontrabile nella categoria borderline (personalità schizoidi per i kleiniani, sindromi marginali o personalità stato al limite per Kernberg, disturbi narcisistici di personalità per i kohutiani) e nella “personalità psicosomatica”(Sami-Ali, Ammon, Ruesh). Da queste considerazioni sorge una domanda: esiste una personalità “psicosomatica” o siamo di fronte ad una sottocategoria dell’organizzazione borderline di personalità?  Nel caso di Laura come paziente borderline, l’intervento ha avuto successo, integrando la parti scisse del suo mondo oggettuale. Ma

3)      L’INTEGRAZIONE PSICHE-SOMA È AVVENUTA?

La donna non era solo una “borderline” , in quanto paziente psicosomatica l’intervento analitico avrebbe dovuto raggiungere l’integrazione psiche-soma. Invece, a fronte di una psiche “risanata”, di una diminuzione dei sintomi funzionali (la diarrea emorragica), resta un corpo aggredito dal cancro intestinale.

4)      IL SOMATICO HA UNA PROPRIA AUTONOMIA DI FUNZIONAMENTO?

Se la risposta è “sì”, il disturbo psicosomatico è un oggetto eterogeneo rispetto all’oggetto psichico trattato dalla psicoanalisi, che si rivela inadeguata a questo campo. (Questa è l’IPOTESI  “MASSIMA”).

Se la risposta è “no”, i nuovi paradigmi psicoanalitici possono fungere da ponti metodologici per lo studio dell’oggetto psicosomatico.

(Questa è l’ipotesi “MINIMA”).

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© 2001 Silvio A. Merciai