Università degli Studi di Torino
Facoltà di Psicologia
Anno accademico 2001-2002

Corso di Psicosomatica

Materiali per il corso a cura degli studenti:

Lo stress nelle organizzazioni

A cura di Marco Donatiello


Ultimo aggiornamento: lunedì 13 aprile 2015 17.26

Tutta la vita organizzativa è percorsa da “ansietà”, inerenti sia la dimensione operativa (azioni e decisioni che dovrebbero consentire di raggiungere gli obiettivi prefissati), sia la dimensione relazionale (intreccio di sentimenti ed emozioni che scaturiscono dalla collaborazione e dal confronto tra gli individui, dal loro lavorare assieme in vista degli stessi obiettivi).

La stessa concezione di lavoro presuppone ansietà: l’idea stessa di lavoro come produzione di beni o servizi che possono essere considerati utili sembra infatti essere soppiantata dall’idea del lavoro come costante preoccupazione per la sopravvivenza dell’organizzazione stessa; la vera finalità del comportamento organizzativo non è quella di “sopravvivere per lavorare”, ma quella di “lavorare per sopravvivere”.

L’ansietà insita nelle organizzazioni è legata ai temi della vulnerabilità, della provvisorietà; il senso di incertezza che può accompagnare lo svolgimento dei compiti di lavoro non sfugge quasi  mai alla “compagnia” dell’ansia. Le fonti di ansia sono principalmente tre:

1) Le frontiere organizzative: le frontiere dell’organizzazione hanno la funzione primaria di proteggere l’attività operativa dalle influenze esercitate dall’ambiente esterno, quando le frontiere sono mal disegnate o mal gestite possono creare stress o ansietà, in quanto viene a mancare la necessaria barriera protettiva all’incertezza e alla turbolenza esterna.

2) L’esercizio del potere: la dimensione del potere rappresenta un crocevia nodale particolarmente insidioso, in quanto l’esecuzione di ogni tipo di lavoro, dal più scontato a quello più complesso, apre in ogni occasione pericolosi interrogativi in tema di potere, anche il più banale: chiedere o rifiutare un consiglio, tentare o lasciarsi convincere, concedere tempo o prendersi tempo per riflettere, rendersi disponibile… Gli individui, secondo Hirschhorn, temono l’esercizio di autorità quando non hanno “…un’immagine di sé sufficientemente buona, cioè quando si sentono fondamentalmente cattivi…”

3) La dinamica di ruolo: l’incertezza sulla presa di ruolo può indurre ad esempio a sottovalutarsi e a non ritenersi all’altezza dei compiti affidati, sostenendo in tal senso le istanze superegoiche di autoaccusa e di punizione che, non potendo proporsi come impulso positivo verso l’azione , vengono proiettate verso l’esterno attribuendo ad altri il ruolo di persecutori.

Si hanno in questi casi l’attivazione di un processo di progressivo disimpegno dal proprio ruolo nell’organizzazione , gli individui si allontanano dalla realtà lavorativa e si creano un mondo alternativo in cui gli eventi possono essere affrontati con modalità difensive quali la fantasia di onnipotenza, la dipendenza o la negazione.

Inoltre ci possono essere altre cause importanti a generare lo stress: lo sviluppo di carriera, le relazioni di lavoro (relazioni con i vertici, con i dipendenti, ma anche con i colleghi)…

Se l’ansietà al lavoro è troppo grande, troppo difficile da controllare e da rielaborare, gli individui la fuggiranno, cioè tenderanno ad abbandonare il loro ruolo nell’organizzazione. Il ruolo è, infatti, l’elemento che dà forma alla visione oggettiva della realtà di lavoro, per cui se gli individui  non possono tollerare la situazione di lavoro avranno bisogno di fuggire dal ruolo per fuggire dalla realtà. Bisogna notare che fuggire dal ruolo significa violare i legami e i confini sociali ed interpersonali, cioè proprio quelle condizioni di costrittività e di rischio che spesso sono percepite come all’origine dell’ansia: l’obiettivo è quello di  costruire un mondo fantastico nel quale i legami  sono distorti  modellati a proprio piacimento.

Una situazione di stress o di ansia psicosociale, se ripetuta e prolungata nel tempo, aumenta il logoramento individuale e produce danni funzionale strutturali: l’affrontare un problema complesso (ad esempio il tentativo di adattarsi ad una situazione psicosociale poco gradita o ostica) comporta l’attivazione di meccanismi di risposta identica a quelli dello stress che si manifestano di fronte ad una situazione fisica estremamente nociva.

La reazione allo stress dipende dal modo in cui il soggetto interpreta e valuta il significato di un evento pericoloso e potenzialmente dannoso, che è basato sulle esperienze personali dell’individuo, su tratti specifico di personalità, valori, circostanze di vita, abilità, intelligenza, addestramento e cultura.

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Il modello dello stress lavorativo secondo Cooper (clicca l'immagine per vederla ingrandita)

 

Bibliografia minima

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© 2001 Silvio A. Merciai