Università degli Studi di Torino
Facoltà di Psicologia
Anno accademico 2003-2004


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Materiali per il corso a cura degli studenti

La neurofenomenologia di Francisco Varela
Introduzione al pensiero di Varela sulle scienze cognitive

a cura di

fabrizio guidi


"Un uomo che vuole la verità diventa scienziato; un uomo che vuol lasciare libero gioco alla soggettività diventa magari scrittore; ma che cosa deve fare un uomo che vuole qualcosa di intermedio tra i due?"

Musil r. L’uomo senza qualità

Abstract

Introduzione al pensiero di Varela riguardo ad una nuovo approccio al problema difficile della coscienza sollevato da Charmers. (sciamers). Nell’integrazione tra approccio in prima persona e terza persona Varela propone un nuova direzione di ricerca nell’affrontare la coscienza che superi le tradizionali dicotomie: soggettivo-oggettivo, corpo-mente, interno-esterno.

Varela è un antiriduzionista che non concorda con le proposte eliminativiste sulla coscienza (Dennett, Crik) ma utilizza, in una prospettiva non dualistica, concetti come "fenomeno emergente" per spiegarne le caratteristiche. La nuova direzione di ricerca (neurofenomenologia) richiede nuovi strumenti pragmatici per la sua attuazione, lo sviluppo di "metodologie in prima persona" per l’esplorazione dell’esperienza vissuta. L’integrazione tra metodologie in prima e terza persona, secondo il pensiero di Varela, permetterà lo sviluppo di uno studio del modo in cui conosciamo una: "scienza della coscienza".Varela si pone all’interno delle scienze cognitive dinamiche in cui viene abbandonata l’ipotesi computazionale tradizionale con i suoi modelli mutuati dall’informatica a favore di un ipotesi dinamica che prende i suoi modelli dalla teoria dei sistemi dinamici (TSD) senza rinunciare, al contempo, alla potenza di calcolo degli strumenti informatici.

Autore

Varela, Francisco J. (1946-2001) neurobiologo e epistemologo di origine cilena.Ha diretto il gruppo di ricerca in Neurodinamica (dinamica cerebrale non-lineare) del laboratorio di Neuroscienze cognitive (LENA), presso l'Ospedale Universitario Salpêtrière di Parigi. E' noto in Italia per i volumi scritti con H. Maturana, Autopoiesi e cognizione (Venezia 1995); L'albero della conoscenza (Milano 1987) e con Thompson e Rosch, La via di mezzo della conoscenza (Milano 1994).

Linee di ricerca del LENA :

Neurofenomenologia: l’interfaccia tra neuroscienze cognitive e analisi fenomenologica

Ricerca sulle metodologie in prima persona (First-person Methodologies)

Studi empirici che combinano approcci in terza e prima persona.

 

La neurofenomenologia è una proposta metodologica che cerca di analizzare e comprendere l’attività cerebrale (descrizioni in terza persona) in termini compatibili con l’esperienza soggettiva della stessa (descrizioni in prima persona). La domanda che ci si pone e’:

Come si puo’ mettere insieme il descrittivo neuronale e il vissuto? Come si può passare da un discorso di qualcosa conosciuto oggettivamente a un discorso conosciuto personalmente, dalla terza alla prima persona? (Armezzani, 2002 pg.115)

 

Inquadriamo i termini della questione:

approccio prima-terza persona, problema difficile della coscienza (Hard problem)

Per una esemplificazione di descrizioni in prima e terza persona prendiamo in prestito il modello di Damasio che distingue le configurazioni mentali (immagini) dalle configurazioni neurali (mappe) visualizzate mediante tecniche di neuroimmagine. Le configurazioni neuronali rimandano sempre ad una prospettiva in terza persona. Se ad esempio il signor Rossi dicesse "quelle sono le mie configurazioni" indicando uno schermo mentre è collegato ad un strumento di risonanza magnetica le osserverebbe comunque dalla prospettiva in terza persona. Diversamente l’accesso alle configurazioni mentali avviene solo attraverso la prospettiva in prima persona (le mie immagini le tue immagini). Damasio riconosce due livelli descrittivi (cervello e mente) e dichiara che il passaggio tra questi due, "la formazione delle immagini" (Damasio,1999) è ancora irrisolto. Damasio non vuole con questo promuovere una lettura dualistica del suo lavoro. Le immagini non fanno parte di un processo immateriale dell’intelletto (idealismo: il mondo è nella mia mente sotto forma di idee) ma "dipendono e scaturiscono" (Damasio,1999) da mappe neurali pur non riducendosi ad esse.

Per Varela la prospettiva in prima persona deve trasformarsi in una metodologia in prima persona (first person Methodologies) che permetta il rigore necessario allo studio degli eventi in prima persona intesi come:

"Esperienza vissuta associata a eventi cognitivi e mentali. A volte si usano termini come "coscienza fenomenica" o anche "qualia" [...] ma è naturale parlare di esperienza cosciente o semplicemente di esperienza. Questi termini implicano qui che il processo in fase di studio (visione, panico, memoria, immaginazione etc) appare come rilevante e manifesto per un o soggetto che può fornire una descrizione; hanno un lato soggettivo."

Varela e Shear (First-person Methodologies: What, Why, How? )

Le descrizioni in terza persona invece riguardano, per Varela:

" Le esperienze descrittive associate con lo studio di altri fenomeni naturali. Sebbene ci siano sempre agenti umani nella scienza che […] producono descrizioni, il contenuto di tali descrizioni (ad esempio reazioni biochimiche, buchi neri o voltaggi sinaptici) non è chiaramente o immediatamente collegato agli agenti umani che le forniscono. Le loro caratteristiche distintive rinviano a proprietà degli eventi del mondo senza una diretta manifestazione nella sfera mentale-esperenziale (experiential-mental sphere); possono essere collegati a questa sfera indirettamente ( attraverso la vita attuale di laboratorio, i modi della comuncazione scientifica e così via). Tali descrizioni "oggettive" hanno una dimensione sociale-soggettiva, ma questa dimensione è nascosta all’interno della pratiche sociali della scienza. L’apparente, diretto riferimento è all’ "oggettivo", il "fuori", il contenuto della scienza corrente che abbiamo oggi riguardante vari fenomeni naturali, [..] fisici e biologici.

In questo passo si può intuire che per Varela la divisione tra descrizione in prima e terza persona, non è così netta e rimanda ad una divisione dicotomica della realtà in "interno ed "esterno" da lui definita "ingannevole" (Varela ,Shear) che in questa sede non approfondiremo.

Il problema dell’esperienza soggettiva nelle neuroscienze è l’ "l’hard problem" degli studi della coscienza, secondo le parole di Chalmers filosofo e matematico americano:

"In realtà il problema più difficile (the hard problem) della coscienza è il problema dell’esperienza. Quando noi pensiamo o percepiamo c’è un’enorme attività di elaborazione dell’informazione, ma c’è anche un aspetto soggettivo. Per dirla come Nagel, si prova qualcosa a essere un organismo cosciente. Questo aspetto soggettivo è l’esperienza" [Chalmers, 1995, p. 201 cit. in Varela "Neurofenomenologia"].

Quindi il problema difficile è quello di spiegare il rapporto tra processi cognitivi e l’esperienza vissuta in prima persona. Si cercano risposte a domande del tipo:

"E’ possibile una descrizione totalmente oggettiva e impersonale dell’esperienza dell’ gustare la cioccolata?"

I problemi "facili" riguardano invece i meccanismi del sistema cognitivo che hanno ha che fare con le "unità modulari delle capacità cognitive " e rispondono a domande del tipo: in che modo il cervello integra le informazioni e le usa per controllare il comportamento; Come può un soggetto umano discriminare degli stimoli sensoriali reagendo di conseguenza?

La maggior parte dei neuroscienziati tende a risolvere il problema con un approccio eliminativista nel quale concetti come coscienza e Sé sono retaggio di vecchie filosofie e inutili concetto esplicativi come ad esempio il concetto di "magnetismo animale" usato per spiegare i fenomeni ipnotici nel settecento. I fenomeni della coscienza non hanno alcuna realtà e sono:

"Una successione di stati costituiti da vari processi che avvengono nel cervello e non qualcosa che sta oltre e sopra ed è causato da essi" (Dennett,Kinsbourne,1992, p236 cit. in Armezzani 2002)

Dennet, ironicamente, descrive cosi la ricerca del Sé:

"Entri dal cervello attraverso l’occhio, risali lungo il nervo ottico, giri e rigiri sulla corteccia, cercando dietro a ogni neurone, e prima di rendertene conto emergi alla luce del giorno sulla punta di un impulso mervoso motorio, grattandoti la testa e domandandoti dove sia il Sé" (Dennett,1984 cit. in Varela,Thompson,Rosch 1991)

 

F. Crick, scopritore con Watson del DNA è ancora più sintetico:

" Non sei che un ammasso di neuroni" (1994, p.2 cit. in Varela,2001)

L’approccio eliminativista è una nuova forma di riduzionismo; come ad esempio il comportamentismo che riduce l’esperienza umana a comportamenti osservabili; che viene incoraggiato dalla filosofia analitica della mente statunitense (philosophy of mind) Varela,al contrario, si riconosce nella tradizione della filosofia continentale Europea (Heidegger, Merlau-ponty) pur proponendo una rilettura degli autori alla luce delle scienza attuale. Nella prospettiva antiriduzionista, di cui Varela è sostenitore, l’esperienza cosciente, ha un carattere di irriducibilità rispetto agli eventi cerebrali e la mente non e’ "una specie di fumo che esce dal cervello" (Varela,2001).

Varela non si considera un olista , termine ormai superato, in quanto non esiste più un programma di riduzionismo forte nella scienza-al quale l’olismo appunto si contrapponeva in modo altrettanto forte- ma afferma di fare "buona scienza". La buona scienza di Varela si discosta da una concezione olistica forte per l’attenzione ai fenomeni particolari (livello locale) che nell’olismo invece sono considerati un livello di descrizione non euristico in quanto mancante delle proprietà del "tutto". Un approccio olistico alla coscienza ad esempio, si concentrerebbe unicamente su una prospettiva in prima persona.

Nel panorama del cognitivismo contemporaneo (Fig.1) è vicino agli autori che assegnano:

un ruolo esplicito e centrale ai resoconti in prima persona e alla natura irriducibile dell’esperienza, pur rifiutando al contempo qualunque concessione al dualismo e a qualsiasi abbandono pessimistico alla questione, come fanno quelli che si sono rassegnati al "mistero" (Varela,"Neurofenomenologia")

Le diversità, all’interno degli autori dell’area fenomenologica, si caratterizzano dal modo di prendere in considerazione l’esperienza. Varela indica il suo specifico approccio ad un indagine rigorosa dell’esperienza con la denominazione Neurofenomenologia. Come le tecniche di neuroimmagine hanno permesso l’evoluzione dalle neuroscienze alle neuroscienze cognitive così Varela propone un ulteriore passaggio alla "neuroscienza esperienziale" (Varela,2001). Un programma di ricerca che dia "strumenti pragmatici", quindi pratici, operativi per esplorare il mondo del vissuto. La Neurofenomenologia, con le parole di Varela è:

Una direzione di ricerca abbastanza radicale per il modo di collegare i principi metodologici agli studi scientifici sulla coscienza. "Neurofenomenologia" è la denominazione[..] della ricerca di una maniera per sposare la moderna scienza cognitiva con un approccio rigoroso all’esperienza umana, ponendomi così lungo la linea della tradizione filosofica europea della fenomenologia. [..] Io sostengo che il "problema difficile" può essere affrontato in maniera produttiva solo se si raccoglie una comunità di ricercatori forniti di nuovi strumenti pragmatici per lo sviluppo di una scienza della coscienza. Inoltre sono convinto che in questa fase non saranno di alcun ausilio concreto né correlati empirici frammentari,(si riferisce allo studio sui Correlati Neuronali della Coscienza) né principi puramente teorici. Occorre [..] volgerci a un’esplorazione sistematica dell’unico legame fra mente e coscienza che appare al tempo stesso ovvio e naturale: la struttura della stessa esperienza umana. (Varela,"Neurofenomenologia" corsivo aggiunto)

Nella Neurofenomenologia si cerca un dialogo tra scienze cognitive e fenomenologia nel tentativo di istituire una metodologia che tenga conta della:

"Natura della codeterminazione tra un’analisi in prima persona e un’analisi esterna dell’esperienza umana, il che descrive la posizione fenomenologica in fertile dialogo con la scienza cognitiva."(ibid.)

L’approccio al corpo malato solo dal punto di vista anatomico, oggettivo è un esempio di mancata codeterminazione tra i due livelli (prima e terza persona;oggettivo e soggettivo; naturale e fenomenico). L’approccio fenomenologico ritiene necessario aggiungere la dimensione del corpo vissuto, soggettivo. Il corpo della fenomenologia e non il "cadavere" dell’anatomia delle scienze naturali (Galimberti, 1979).

Come Damasio mette il lettore in guardia da letture dualistiche del suo lavoro ugualmente Varela non porta avanti un approccio per collegare entità diverse (naturali e mentali) ma si muove all’interno di una visione unitaria, la mente incarnata (embodied Mind) con lo scopo di spiegare come:

"Un entità, non due sostanze, può avere sia le proprietà caratteristiche della materia sia le proprietà caratteristiche del mentale a dispetto dall’apparente eterogeneità tra di loro."

(Roy,Petitot,Pachoud,Varela,1999 op.cit. Armezzani)

L’unità corpo-mente dietro l’apparente eterogeneticità delle proprietà fisiche-mentali è spiegata tramite il concetto di "proprietà emergente" e di "autoorganizzazione": la coscienza è una proprietà emergente derivante da una base fisico-neurale.

Varela (2001) porta l’esempio del tornado per descrivere il fenomeno dell’emergenza è il suo rapporto con l’autoorganizzazione. All’inizio in circolazione nell’atmosfera abbiamo innumerevoli particelle di aria e acqua (fenomeno locale). Le fluttuazioni casuali cioe’ il movimento disordinato delle particelle, possono condurre,non necessariamente, ad un "ordine per fluttuazione" (Prigogine,Stengers) che chiamiamo autoorganizzazione. Nel meccanismo dell’autoorganizzazione,secondo Prigogine, caos e necessità giocano lo stesso ruolo la cui caratteristica è appunto quello che sembra un ossimoro: l’ordine caotico. Attraverso l’autoorganizzazione emerge dall’oceano delle fluttuazioni una nuova struttura, un fenomeno globale - il tornado- con una diversa identità e diverse proprietà: le goccie di aria e acqua non sfondano case. Il tornado non ha un esistenza sostanziale materiale ma esiste unicamente come pattern relazionale. Ugualmente agli atomi di sale che buttiamo nell’acqua della pasta che dissolta la loro struttura (si sciolgono) perdono la loro proprieta emergente di cristallo. La struttura cristallina del sale è qualcosa di non riducibile agli atomi che la compongono cosi come le proprietà della coscienza non sono riconducibili ai suoi correlati neuronali (NCC). L’approccio riduzionista spiega il tornado come formato e dipendente dalle particelle di aria-acqua o in un ottica di dualismo moderato come epifenomeno delle stesse. Contro questi approcci Varela porta l’evidenza della causalità discendente: le proprietà globali retroagiscono su quelle locali. Lo slogan usato dall’autore è:" la mente non è nella testa" ma si trova nel "non-luogo della co-determinazione di interno ed esterno" (Varela,2000). Il biologo Cileno porta ad esempio della co-determinazione reciproca tra locale e globale studi su pazienti epilettici ai quali erano impiantati elettrodi nel cervello con i quali era possibile:

"Analizzare i momenti che precedono la crisi ed effettivamente di prevedere il loro arrivo alcuni minuti prima. Questo è certamente un buon esempio di proprietà locali (le correnti locali) che conducono a una condizione globale (la crisi), in modo regolare. Ma eravamo anche in condizioni di avere segnali del contrario: se un paziente si impegnava in attività cognitive con uno scopo ben preciso (come riconoscere una forma visuale), potevamo notare cambiamenti nelle dinamiche epilettiche. Vale a dire: la conseguenza di una condizione globale che produce effetti verso il basso su attività elettriche locali in una modalità molto precisa."

La codeteminazione di questi elementi è quindi ha due vie: L’azione degli elementi locali, neuronali permettono l’emergenza, nel senso sopra descritto, della mente e a sua volta la mente emergente vincola e influisce sulle componenti locali.In quest’ottica l’enigma dei fenomeni psicosomatici si chiarisce. La mente non è una specie di fumo che esce dal cervello (vedi nota 2) ma una proprietà globale dipendente dal livello locale e irriducibile ad esso in quanto crea un individuo, un unità cognitiva con uno status ontologico diverso .

Questo non significa ricadere nel dualismo sostanzialista di Cartesio, le due sostanze pensanti ed estese che costituiscono il reale. I termini della questione non sono metafisici (realtà dell’essere) ma epistemologici (realtà del conoscere). Questo è il motivo del richiamo alla scienza della coscienza di Varela che è anche un epistemologo: studiare il modo in cui conosciamo in modo rigoroso. Mettendo il vissuto all’interno del campo di osservazione ma senza per questo attribuirgli una sostanza separata dalla materia. Varela usa lo slogan :" la mente né esiste né non esiste" come ad esempio uno stato come la comunità europea che esiste unicamente come struttura in mutamento nele sue varie relazioni politiche, sociali, economiche che lo trasformano in unità con una precisa identità.

Lo sviluppo della "scienza della coscienza" richiede nuovi "strumenti pragmatici" per aprire una via di accesso alla transizione corpo vissuto/corpo anatomico che permetta in una prassi concreta di superare l’atteggiamento dualista (Varela,2001). Nuove pratiche che permettano di produrre una "Visione tri-dimensionale della mente e dell’esperienza prese insieme" che tagli trasversalmente le divisioni cervello/corpo/mondo. Una visione della mente radicalmente relazionale che non è estranea alla psicologia. Varela, trova questi strumenti pragmatici nella pratica Buddista. Ma rimane aperto ad una psicologia che ripensi i suoi fondamenti. Nell’opera "La via di mezzo della conoscenza" accenna ad una "psicoanalisi re-incarnata".

 

Dalle scienza cognitive classiche alle scienze cognitive dinamiche: Ipotesi dinamica vs Ipotesi computazionale

La proprietà dell’autoorganizzazione o emergenza è tipica di Sistemici dinamici non-lineari studiati dalla neodisciplina neurodinamica. Varela abbandona il modello computazionale informatico a favore di un approccio neurodinamico. Il modello informatico sottende un modello causale lineare descritto dal processo: sensazione/input Þ elaborazione Þ output/risposta. I sistemi dinamici al contrario sono caratterizzati da una interazione circolare in cui ogni elemento agisce sul successivo, finchè, come nella chiusura di un cerchio, l’ultimo elemento ritrasmette l’effetto al primo. Questi legami non lineari sono chiamati: "anelli di retroazione" ( Freeman, 1999 cit. in Borrelli ).

Varela si pone nella corrente delle scienze cognitive dinamiche in cui la teoria dinamica ha lo stesso ruolo dell’informatica per la scienza cognitiva classica (Gelder,1997).Secondo l’ipotesi dinamica gli agenti cognitivi sono sistemi dinamici.Tali sistemi vengono descritti mediante modelli dinamici astratti e la teoria dei sistemi dinamici (TSD) che si estende a qualunque tipo di cambiamento descrivibile. I sistemi vengono concettualizzati geometricamente, in termini di posizioni,distanze, regioni e traiettorie nello spazio degli stati possibili, un po’ come la topologia di Kurt Lewin. L’attenzione si concentra sulle proprietà strutturali del flusso, ossia sull’intera gamma di possibili traiettorie. Per visualizzare queste proprietà strutturali si usano grafici. L’idea chiave per l’ID è che i fenomeni, come la coordinazione motoria, si possono studiare in modo più efficace non come controllati e diretti da un computer che invia istruzioni sotto forma di simboli al momento giusto ma come una proprietà emergente di un sistema dinamico che si auto-organizza

Un piccolo "esperimento " può essere di aiuto per descrivere alcune differenze tra i due approcci.

Immaginiamo di voler descrivere l’esecuzione di un compito che consiste nella coordinazione del movimento ritmico degli indici delle mani su una superficie.Secondo l’approccio computazionale si descriverà il battere gli indici, e le sue proprietà, secondo un algoritmo, ossia un insieme di istruzioni che specificano le operazioni di base. In questo modello, calcoliamo quando e come contrarre i muscoli in base ad una ricetta finita, l’algoritmo, che si concentra sugli stati del sistema. Il cambiamento è visto come ciò che conduce da uno stato all’altro. Pur essendo Cambiamento e stato due lati della stessa moneta l’ipotesi dinamica e l’ipotesi computazionale differiriscono per l’enfasi e sull’attenzione che porgono all’uno e all’altro. Se poniamo l’attenzione agli stati (ipotesi computazionale) possiamo vedere come, rispetto ad un ipotetico metronomo, ad una certa velocità (proviamo a battere gli indici a una velocità bassa) sono possibili due tipi di coordinazione. (in fase e in opposizione di fase). Nel nostro algoritmo potremmo decrivere questo aspetto indicando uno stato1, caratterizzato da una velocità1 , e da due possibili output (schema di coordinazione in fase e non in fase).Uno stato2 nel nostro modello potrebbe essere assegnato alla situazione in cui a una velocità2 (proviamo a battere gli indici a una velocità elevata) è possibile solo la risposta in fase. Si può giustamente obbiettare che una maggiore suddivisione in stati conferirebbe all’esperienza una maggiore caratteristica di continuità.Questo esempio è volutamente estremizzato (due soli stati descritti dasll’algoritmo). Si possono descrivere altri stati intermedi ma quel che conta è che l’attenzione è concentrata sugli stati.Il cambiamento è visto come ciò che conduce da uno stato all’altro ma in se stesso è privo di interesse, si descrive come evoluzione di stati. Per quanto si suddividano gli stati, il dinamismo non viene colto. Cerchiamo di capire perché, in modo intuitivo, osservando come si sviluppa il fenomeno nella realtà. Abbandoniamo il modello e cominciamo (di nuovo realmente) a battere le dita con uno schema di coordinamento in opposizione di fase aumentando progressivamente la velocità. Ponendo l’attenzione sui cambiamenti (ipotesi dinamica) nel flusso dell’esperienza, si percepisce un cambio di stato (ad un certo punto non si possono più battere in opposizione di fase gli indici) ma non così netto come nella prima prova. La separazione tra stato1 e stato2 dobbiamo immaginarla come non colmabile neanche da un infinita suddivisione di stati intermedi. Questo piccola esperienza credo serva a dare l’idea della continuità e della fluidità del fenomeno reale e della conseguente importanza di considerare i fenomeni in modo dinamico. Nella continuità del fenomeno che si esperisce nella realtà possiamo intuire uno dei vari ribaltamenti di prospettiva prodotti dall’Ipotesi dinamica in cui gli stati costituiscono il mezzo del cambiamento e possiedono uno scarso interesse intrinseco. Le proprietà di questo fenomeno possono essere descritte e predette dettagliatamente attraverso delle equazioni differenziali e non attraverso algoritmi.Tali equazioni possono essere rappresentate in un grafico, a più dimensioni, che aiuta nella descrizione del comportamento del sistema. Ai fini del tentativo di avvicinare psicoanalisi e cognitivismo è interessante rilevare che autori come Thelen e Smith (1993) hanno proposto descrizioni dello sviluppo basate sull’ipotesi dinamica che sono ampiamente utilizzate dalla corrente della psicoanalisi intersoggettiva (Stolorow R., Atwood G)..

Conlusione:

Alla domanda posta all’inizio credo che si possa ragionevolmente rispondere: lo psicologo.

Bibliografia:

Varela F. J. Quattro pilastri per il futuro della scienza cognitiva, Pubblicato su Pluriverso, 2, 2000

- Neurofenomenologia Una soluzione metodologica al "problema difficile"

- La coscienza nelle neuroscienze Conversazione con sergio benvenuto

fatta per rai educational, enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche

- Thompson, E. - Rosch, E. The Embodied Mind. Cognitive Science and Human Experience, MIT Press, Cambridge, 1991 (trad. it. La via di mezzo della conoscenza, Feltrinelli, Milano, 1992).