Università degli Studi di Torino
Facoltà di Psicologia


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Tesi di laurea


Graziella Tornello 

La psoriasi: una malattia psicosomatica?

    Questo lavoro intende indagare se la psoriasi possa considerarsi o meno una patologia psicosomatica, influenzata cioè da fattori emotivi oltre che organici.

    Per fornire al lettore un quadro il più possibile esaustivo dell’argomento, si è pensato di introdurre brevemente, nel primo capitolo, la storia della psicosomatica, per poi descriverne i principali modelli teorici, partendo da Freud e giungendo sino alle teorizzazioni più recenti.

Il secondo capitolo indaga alcune teorie sul concetto di malattia, che sottolineano la necessità di considerare qualsiasi affezione come una modalità di comunicazione del proprio malessere psichico oltre che fisico, e che esplicitano le possibili correlazioni con particolari modelli cognitivi errati. Ampio risalto è stato dato al concetto di stress, ai significati da esso assunti nel corso dei secoli, alle più importanti teorie formulate, all’influenza sulle dermatosi psicosomatiche.

Per concludere, si è accennato al nuovissimo approccio neurobiologico che ha chiarito come le varie modificazioni fisiologiche che seguono stimoli stressanti di varia natura, compresi quelli psicologici, siano modulate anche dai neuropeptidi, molecole che sembrano gettare un ponte tra lo psichico e il somatico.

Al momento sono stati identificati oltre 50 neuropeptidi diversi, e relativi recettori, nel sistema nervoso centrale e periferico, ma anche in altri organi particolarmente reattivi alle emozioni quali lo stomaco, l’intestino, i polmoni, e molti sono stati isolati nella cute: tali localizzazioni e la capacità di queste molecole di alterare l’umore e il comportamento hanno fatto ipotizzare che siano proprio i neuropeptidi i mediatori primari delle emozioni.

Il terzo capitolo si occupa della pelle, delle sue innumerevoli funzioni biologiche e dei molteplici significati psicologici.

La cute è l’organo di senso più importante per l’individuo: esso è strettamente collegato all’accrescimento ed allo sviluppo dell’organismo, non soltanto dal punto di vista fisico, ma anche da quello comportamentale (Montagu) e rappresenta il luogo ove si compiono capitali dinamiche di strutturazione psicologica.

Un’adeguata stimolazione tattile, nell’infanzia e nell’adolescenza, è di importanza fondamentale per il sano sviluppo comportamentale dell’individuo. I risultati di ricerche sperimentali e di altro tipo sugli animali e sull’uomo dimostrano che la deprivazione tattile nell’infanzia ha normalmente come conseguenza carenze comportamentali nell’età adulta.

Un’analisi dell’intera letteratura sulla “pelle psichica” non sarebbe stata utile ai fini del presente lavoro, così si è deciso di ricordare esclusivamente i contributi teorici degli autori più significativi tra i quali Didier Anzieu, che individua nella pelle il primo e più semplice involucro psichico indispensabile affinché la psiche si sviluppi in forme più complesse. Egli elabora quindi la nozione di involucro psichico precipuo: l’Io-pelle.

Il quarto capitolo affronta la tematica del rapporto medico-paziente ed intende sottolineare la necessità che il primo affini le sue capacità osservative, mantenendo un atteggiamento di ascolto e recettivo nei riguardi del suo interlocutore, nonché delle proprie emozioni controtransferali.

Per secoli, la medicina si è avvicinata al paziente utilizzando il principio di causalità e cercando di spiegare le malattie fondandosi su dati obiettivi e correlabili fra loro in modo diretto, in modo schematico e classificatorio.

La tendenza attuale, non solo del medico che si occupa di psicosomatica, ma di ogni medico in generale, è quella di perseguire una visione unitaria del soggetto e della sua malattia, ricostruendo quel filo narrativo che dà significato alla sua vita e nella quale la patologia è venuta traumaticamente a inserirsi.

Questo nuovo approccio pone numerosi interrogativi, tra i quali questo: come fare accettare una consultazione psicologica ad una persona che non l’ha richiesta?

Una valutazione superficiale di questi problemi può essere gravida di conseguenze: il paziente può opporre un deciso rifiuto a procedere per questa strada, fino ad interrompere definitivamente la relazione con il medico.

L’esperienza di un servizio integrato di dermatologia psicosomatica presso un ospedale di Brindisi ha tentato di rispondere in modo efficace a tale scottante quesito realizzando un servizio di psicoterapia negli ambienti della Divisione Dermatologica; in questo modo, il paziente non perde il rapporto con i suoi sintomi cutanei e per gli esperti rimane aperta una via di accesso ai suoi problemi psichici. L’ipotesi di fondo è che l’affidamento esclusivo ad un servizio di psicoterapia non rispetti la necessità, da parte del paziente, di proteggersi dalla definizione psichica della sua malattia e lo ponga troppo bruscamente di fronte ad una diagnosi che, per quanto esatta, egli non è ancora disposto ad accettare.

Con il quinto capitolo, si è voluto offrire al lettore un’ampia panoramica sulle principali modalità di diagnosi in psicosomatica.

L’excursus parte dalla descrizione del colloquio clinico, valido strumento preliminare per l’indagine psicologica dell’individuo, per poi soffermarsi sugli strumenti psicometrici in generale e, nello specifico, su quelli di utilizzo più comune in psicosomatica.

Ovviamente un’attenzione particolare è stata dedicata alla diagnosi in dermatologia psicosomatica, anche attraverso la descrizione di test per la valutazione della qualità della vita dei pazienti con dermatosi ed un accenno alle tecniche diagnostiche utilizzate presso la Clinica Dermatologica dell’Università di Firenze, che annovera tra i suoi membri più illustri Emiliano Panconesi.

    La seconda parte del volume è interamente dedicata alla psoriasi, una patologia sicuramente molto conosciuta, ma della quale, comunque, si è voluto dare una descrizione dettagliata nel sesto capitolo. Ne sono state illustrate le caratteristiche, le molteplici manifestazioni, sia nell’adulto che nel bambino, ed i trattamenti.

Questi ultimi comprendono terapie farmacologiche (topiche e sistemiche) e cure alternative quali l’omeopatia, la pranoterapia, l’agopuntura e i trattamenti termali. 

Il settimo capitolo indaga gli aspetti psicologici della psoriasi, i profondi effetti sulla qualità della vita del paziente, sulle sue relazioni interpersonali, nonché sull’autostima. Gli inevitabili sentimenti depressivi devono essere fronteggiati innanzitutto dal dermatologo, attraverso diagnosi e previsioni non catastrofiche, ma che al contrario mettano in luce i progressi della ricerca in questo campo e l’importanza che alle terapie si accompagnino sentimenti il più possibile positivi.

Il capitolo esamina quindi l’approccio olistico alla malattia, quello cioè che associa alle terapie prettamente mediche un supporto psicologico, portando ad esempio l’esperienza del Mavena Center di Torino, un centro sorto da poco in questa città e specializzato nella cura dei pazienti dermatologici.

L’ultimo paragrafo, al fine di chiarire meglio i sentimenti di sconforto, impotenza e stigmatizzazione provati dai soggetti psoriasici, presenta alcuni messaggi tratti dai forum di internet dedicati a questa patologia.

L’ottavo capitolo, infine, sintetizza i risultati delle più importanti ricerche che hanno indagato la relazione tra stress e psoriasi nonché la presenza di eventuali tratti di personalità peculiari nei soggetti psoriasici; intende quindi rispondere ai seguenti quesiti: gli eventi stressanti possono scatenare la patologia? Se si, quali? Esiste un “ritratto psicologico” tipico del soggetto affetto da psoriasi?

Come è stato evidenziato più volte nel corso dei capitoli, ogni patologia fisica può essere indagata attraverso una prospettiva multifattoriale, che prende in considerazione cioè, non solo fattori organici ma anche sociali e psicologici.

Per quanto riguarda la psoriasi, la letteratura sottolinea l’esistenza di un terreno psoriasico geneticamente determinato, sul quale fattori scatenanti di varia natura come ad esempio lo stress, evidenzierebbero le lesioni.

Sono stati condotti numerosi studi al riguardo: alcune certezze sembrano essere state raggiunte, molti quesiti restano ancora aperti.

La maggior parte delle ricerche indica la presenza di uno o più eventi stressanti nel periodo precedente l’esplosione della patologia. Alcuni autori ritengono che siano da ritenersi stressanti soprattutto quelle situazioni che implicano un profondo cambiamento nell’esistenza dell’individuo, un’esperienza di perdita definitiva di qualcosa o di perdita del vecchio ed acquisizione del nuovo. Non a caso, in molti soggetti la patologia si è manifestata in occasione di eventi anche positivi, come il matrimonio, ma che rappresentano momenti di profondo cambiamento.

Le ricerche hanno quindi identificato come stressanti quegli eventi esistenziali che modificano la situazione e l’assetto di vita dell’individuo, richiedendone un notevole sforzo di adattamento.

Una recente ricerca di Picardi e Abeni ha però sottolineato quanto sia debole l’evidenza, di una relazione tra stress e psoriasi, raggiunta da quegli studi che hanno utilizzato misure non standardizzate: infatti, solo poche ricerche si sono avvalse si standard metodologici accettabili per la misurazione dello stress.

Secondo gli autori, oltre ad un adeguato gruppo di controllo, le future indagini che volessero nuovamente studiare l’associazione tra stress e psoriasi dovrebbero prendere in considerazione anche gli stress della vita quotidiana, altrettanto nocivi per la salute.

Sono state condotte anche diverse indagini per verificare l’esistenza di tratti di personalità comuni ai pazienti psoriasici.

La semplice osservazione dei soggetti affetti da questa patologia, dà l’idea di come essi si siano costruiti addosso una sorta di corazza, con la quale sembrano proteggersi dal mondo esterno. Anche se non è possibile parlare di una vera e propria “personalità psoriasica”, le caratteristiche più frequentemente riscontrate nei pazienti sono: inibizione emotiva, controllo dell’aggressività, forte ansietà, coartazione della vita fantasmatica, alessitimia. I pazienti affrontano le esperienze della vita con difese psicologiche sostanzialmente di tipo nevrotico: “evitano”, “negano”, “reprimono”, “isolano” i sentimenti.

L’ipotesi più accreditata oggigiorno è quella che, nella psoriasi, solo il concomitante intervento di un fattore organico e di alcune caratteristiche di personalità conduca alla malattia. Quindi, il paziente psoriasico può essere compiutamente indagato solo in un ambito sistemico unitario, in cui la patologia risulta e si mantiene per la concomitanza di fattori psichici e somatici, che continuamente interagiscono e si influenzano a vicenda.

L’approccio olistico intende aiutare il paziente psoriasico fornendo non solo indicazioni terapeutiche prettamente mediche, ma anche un valido supporto psicologico che permetta di “sgretolare” la corazza che avviluppa il soggetto.

Il maggior ostacolo a quest’approccio è rappresentato, però, proprio dalle resistenze dei pazienti che, fortemente legati ai loro sintomi fisici, rifiutano strenuamente ogni collegamento ad eventuali disagi psicologici, ribadendo con forza la loro sanità mentale, quasi a volersi difendere da una diagnosi di “pazzia”.

L’impressione è quindi che, nonostante si faccia un gran parlare di approccio psicosomatico, la cultura attuale mantenga ancora un’impostazione prettamente medica, nella quale la psicologia fatica ad inserirsi.