Mirella Curi Novelli, Renato De Polo e Daniela Moggi Fici

RAPPORTO TRA INDIVIDUO E GRUPPO

 

Considerazioni sul testo Cogitations di W.R. Bion

"... il narcisismo, apparentemente il narcisismo primario, e' collegato al fatto che il senso comune e' una funzione del rapporto del paziente con il proprio gruppo e che nel rapporto con il gruppo il benessere dell'individuo viene dopo la sopravvivenza del gruppo. La teoria di Darwin della sopravvivenza del piu' adatto a sopravvivere in un dato ambiente naturale deve venire sostituita da una teoria della sopravvivenza del piu' adatto a sopravvivere in un gruppo, almeno per quanto riguarda la sopravvivenza dell'individuo. Cioe', l'individuo deve possedere un alto grado di senso comune: 1) la capacita' di vedere tutto quello che tutti gli altri vedono in relazione al medesimo stimolo, 2) la capacita' di credere nella sopravvivenza dopo la morte in una specie di Cielo o di Valhalla o di qualche altra cosa del genere e, 3) la capacita' di allucinare o manipolare i fatti in maniera tale da produrre materiale per la convinzione delirante che esista nel gruppo un fondo inesauribile di amore nei propri confronti. Se per qualche motivo il paziente non ha queste capacita' o una qualche simile serie di capacita' che gli consentono di raggiungere un buon grado di subordinazione al gruppo, allora e' costretto a difendersi contro la sua paura del gruppo - e' ben noto che il gruppo e' indifferente al destino del paziente in quanto individuo - tramite la distruzione del suo senso comune o del senso delle pressioni del gruppo su di lui in quanto individuo: questo e' l'unico metodo disponibile attraverso cui preservare il suo narcisismo. Nella forma estrema di difesa, nello psicotico, il risultato di questi attacchi distruttivi appare come una sovrabbondanza di narcisismo primario. Ma questa e' solo un'apparenza: quello che si presuppone essere narcisismo primario deve invece venir riconosciuto come secondario alla paura del 'social-ismo'".

Questo brano, tratto da Cogitations di Bion, mi sembra riassuma in modo molto denso alcuni punti di riflessione rispetto alla relazione fra individuo e gruppo.

Da un lato l'individuo come concetto filosofico e religioso (l'Uno) e la sua centralita' rispetto al mondo (il sociale), o come concetto psicoanalitico: con Freud l'individuo perde il valore sia di centralita', sia dell'ideale di "essere padrone in casa propria", ma acquista nuovi approfondimenti con la metapsicologia e nella sua relazione con l'altro (il transfert).

Parallelamente la psicoanalisi di gruppo ha indagato il problema intraprendendo originali apporti all'approfondimento del sociale nel suo insieme, come per esempio il concetto di "assunto di base".

Indubbiamente Bion confrontandosi direttamente con entrambi i punti di vista ha arricchito la metapsicologia con la "teoria del pensiero" e con la ricerca sul gruppo cio' che Freud in Totem e tabu', in Psicologia delle masse e analisi dell'Io e nel Disagio della civilta' aveva sviluppato come relazione fra l'individuo e il sociale.

Il testo Cogitations offre ulteriori spunti all'indagine di questa relazione e il brano riportato propone tra l'altro:

1) la relazione fra narcisismo e social-ismo,

2) il concetto di "senso comune" sia che si riferisca all'individuo, sia al gruppo.

MIRELLA NOVELLI

 

 

La teoresi freudiana a proposito del gruppo e dell'istituzione sociale (Freud, 1912, 1921, 1929) lascia ben poco spazio ad un'idea di liberta' dell'individuo.

"La liberta' individuale non e' frutto della civilta' essa era massima prima che si instaurasse qualsiasi civilta'... Il desiderio di liberta' si volge dunque o contro particolari forme o pretese della civilta', o contro la civilta' in quanto tale... Non sembra possibile influire sull'uomo fino ad indurlo a cambiare la sua natura in quella di una termite" (Freud 1929, pag. 586).

In Freud come testimonia questo passo, appare che la societa' tenta di trasformare l'uomo in una termite! senza tuttavia riuscirci ovviamente. La societa' civile si pone comunque come l'antitesi dell'aspirazione individuale alla libera realizzazione personale...

Il vivere sociale, in Freud, si sviluppa in uno spazio prevalentemente intessuto di illusioni, dove l'individuo, per sua natura contrario al "socius", si dispone ad accettarlo per mantenere l'amore del capo, sul quale e' stata trasferita l'originaria dipendenza infantile dal padre. In Freud il conflitto tra la liberta' individuale e la vita sociale e' estremizzato, senza possibilita' di risoluzione tanto che l'individuo nella societa' non puo' che lottare duramente, come si e' visto, contro di essa, per non diventare simile a una termite.

La societa' si basa su un'organizzazione fantasmatica dove il clan dei fratelli deve espiare, ma anche ricordare l'uccisione del padre, e l'individuo puo' solo accettare il posto che gli viene assegnato o combattere contro questo suo destino. Rimane tuttavia in Freud un "luogo" mentale dove collocare un'idea di emancipazione dell'individuo dalla massa e dove quindi dare un senso ad una prospettiva individuale, sebbene non sia per nulla agevole rintracciare nel contesto delle opere "sociologiche" freudiane questo luogo che puo' essere scoperto la' dove si parla del mito dell'eroe che uccide il padre, del poeta epico che narra le vicende dell'eroe. Il poeta continua a ricordare l'omicidio originario arrivando ad identificarsi con l'eroe stesso che si e' attribuito la responsabilita' individuale del tragico evento, che era stato invece l'esito di un'azione collettiva.

"Il mito e' pertanto il passo in cui il singolo esce dalla psicologia collettiva" (Freud 1921) ... "il poeta che ha fatto questo passo e che in tal modo nella fantasia si e' svincolato dalla massa, e' capace nella realta', secondo un'ulteriore osservazione di Rank, di ritrovare il cammino che riconduce alla massa. Egli infatti va in giro e racconta alla massa le azioni dell'eroe da lui inventate. Quest'eroe non e' in sostanza altri che lui stesso (ibidem).

In questo scenario Freud - poeta epico cantore di antichi vicende entra improvvisamente in una dimensione senza tempo, dove si annullano le differenze tra passato e presente, e accetta di occupare il posto di chi ha ucciso il padre. Cosi' diventa per lui possibile differenziarsi dalla massa di coloro che non hanno compiuto questo percorso mentale verso una consapevolezza decisiva per il costituirsi della propria individualita'.

L'assunzione di responsabilita' nei confronti di una propria volonta' omicida e' un atto fondamentale e conclusivo per la propria individuazione. Ma qual e' la via che permette di accedervi? Tentiamone una descrizione: l'individuo progressivamente viene trascinato all'interno della scena mitica e ne diventa parte nel ruolo del protagonista. In questo modo recupera nello stesso momento sia la matrice originaria della socialita' (il suo essere partecipe del mito dell'orda primitiva) sia la condizione per la sua individuazione, la' dove afferma di essere protagonista attivo del mito. E' un processo dove l'iniziale posizione di differenza individuo gruppo si scioglie sino al punto che l'individuo ritrova il suo essere identico a tutti in quanto partecipe di un'identica vicenda collettiva, ma cosi' ritrova anche la propria vicenda personale come possibile oggetto del proprio desiderio svincolato dalla massa.

Bion. Cercando di organizzare il suo lavoro di psichiatra con i soldati del reparto di Northfield, Bion si accorge di essere continuamente disturbato nei suoi obiettivi di lavoro. La soluzione poteva essere quella di ripensare alla propria difficolta' emotiva nell'organizzare il proprio rapporto con il gruppo cosi' da trovare una relazione piu' soddisfacente con esso. La sua soluzione e' invece apparentemente folle, ma sostanzialmente geniale e in forte connessione ed analogia con il processo precedente riferito al poeta epico. Invece di trattare il problema come un suo problema individuale (non riesce ad organizzarsi nei confronti dei disturbi esterni) decide di trattarlo come un problema del gruppo. Decide che il gruppo ha un problema nevrotico a proposito della disciplina cosicche' si creano disturbi che riguardano tutti.

Mette percio' in sospensione la differenza tra individuo e gruppo per recuperare l'esistenza dell'individuo nel gruppo e quindi la sua liberta' d'azione. Bion tratta il problema come fece quell'individuo che alla domanda: "Dove sta la tua mente?" rispose che la sua mente stava negli altri. E in cio' procede come il poeta epico che, trattando della sua pulsione omicida attraverso il racconto del mito dell'eroe, la rappresenta sullo schermo del mito fino al punto di poterla riconoscere come propria.

Fornari. "La nascita dei movimenti collettivi ha nell'inconscio la stessa struttura decisionale che si mobilita intorno alla nascita di un bambino. Ogni progetto culturale collettivo umano nasce dall'idea di qualcuno, dunque da un pensiero. Il pensiero nasce come un sogno dall'oscurita' di noi stessi, come un uccellino ferito che non puo' sperare di sopravvivere se non trova un processo sociale, un collettivo, che lo riconosca come degno di essere fatto vivere." (Fornari, Il codice vivente.)

RENATO DE POLO

 

Il mio contributo alla discussione prendera' le mosse da una vignetta clinica tratta da una seduta di gruppo di preadolescenti con problematiche nell'area socio-relazionale e dell'affettivita'.

Facendo riferimento al brano di Bion citato come stimolo dalla dott.ssa Curi Novelli, mi propongo di affrontare il tema in discussione in relazione alla formazione, o meno, nel gruppo, di immagini mentali che consentano all'individuo di pensarsi "uno", pensarsi "molteplice", senza che debbano essere chiamate in causa ne' un'idea di sviluppo, ne' un'esclusione reciproca del tipo aut/aut.

A tal fine accostero' alla seduta di gruppo il seguente brano di Winnicott: "... per ogni donna, vi sono sempre tre donne: la bambina, la madre, la madre della madre. Nei miti appaiono costantemente tre generazioni di donne, oppure tre donne con funzioni diverse... ella (la donna) comincia da tre, mentre l'uomo comincia con l'urgenza di essere uno. Essere 'uno' significa essere solo, ed esserlo sempre di piu'".

"Donna" e "uomo" non sono qui proposti in senso concreto, ma come "funzioni", nel senso in cui utilizza Bion questo termine, e cioe' "attivita' mentali proprie di una certa quantita' di fattori che operano in concordanza", atte quindi a consentire una trasformazione in direzione di una nuova idea fruibile e pertanto trasmissibile e comunicabile.

DANIELA MOGGI FICI


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