Inversione Figura-Sfondo nel piccolo gruppo

 

Abstract

 

Questo lavoro rappresenta un tentativo di coagulo, sia pur minimo, di una serie di frammenti mnestici, appunti, trascrizioni, estrapolazioni da vari seminari in cui alcuni aspetti del pensiero di Bion sono sviluppati attraverso il prevalente contributo di Corrao.

Non si tratta quindi di concettualizzazioni nuove bensì di una organizzazione di formulazioni verbali, espresse in diversi momenti e con varie formalizzazioni, relativamente all’ipotesi di inversione figura-sfondo o individuo-gruppo o ancora testo-contesto.

 

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Proporrei uno statuto della situazione di gruppo di cui desidero parlare, secondo un certo modello, ipotizzando che ogni parlante parli per tutti, più o meno chiaramente, vale a dire più o meno consapevolmente; a partire da questo spunto continuerei il discorso così, articolandolo alla prima formulazione: esiste, ogni volta che si crea una situazione di gruppo, un gruppo visibile, costituito dalle persone di cui si percepisce visivamente o acusticamente la presenza. Ma, nel caso che ci sia un discorso circolare in un insieme strutturato, unitario, oppure una totalità che funzioni come un insieme unificato, oppure un campo di comunicazione, un campo di partecipazione, si può parlare anche di un piano invisibile del gruppo.

Riguardiamo il gruppo in questo suo doppio aspetto, quello visibile e quello invisibile, e consideriamo un’altra configurazione, un vertice di osservazione che si può enunciare come modello della figura e dello sfondo.

La citazione di figura-sfondo è certamente familiare a molti e riguarda alcuni aspetti di una teoria ben nota in campo psicologico e cioè la Gestalt. Riguarda inoltre Douglas Hofstadter che segnala, nel suo bellissimo "Gödel, Escher, Bach," una serie di spunti e riflessioni su questo tema relativamente agli ambiti della matematica, delle arti grafiche e della musica. Naturalmente nel nostro caso la citazione non va adoperata in senso specifico, ma piuttosto in senso rappresentativo, raffigurativo.

In questa ottica, un gruppo è costituito da uno sfondo, che è il collettivo, e da una serie di figure individuali.

La ricchezza di informazioni che la figura individuale può fornire, se parla o si esprime, e la ricchezza di informazioni che può fornire il gruppo nella sua totalità sono differenti.

Possiamo adoperare un’altra terminologia per proporre lo stesso quesito: testo e contesto.

Per esempio, un discorso scritto o parlato è un testo, l’ambiente o lo sfondo su cui è pronunziato è il contesto. Allora potremmo domandarci: il testo è ricco di informazioni quanto il contesto? e, se no, che differenza c’è tra testo e contesto? Così, appunto in questa accezione, desidererei proporvi la differenza tra figura e sfondo o tra individuo e gruppo, con questo interrogativo: l’individuo ha più informazioni del gruppo? il gruppo ha più informazioni dell’individuo?

In verità spesso siamo limitati da pregiudiziali di vario ordine culturale, per cui, in generale, la risposta obbligata a un quesito di questo tipo è di carattere negativo; in questo senso, secondo la prassi comune, la figura ha più informazioni dello sfondo, contiene più informazioni dello sfondo; per esempio chi osserva la "Gioconda" di Leonardo, quasi certamente, valuta la figura come più pregnante dello sfondo.

Nel moderno approccio semiotico ciò è messo in discussione; in certi casi si può percepire che la massa di informazioni di una figura è uguale a quella che si trova nello sfondo, ovvero che la massa di informazioni fornite da un testo è equivalente a quella contenuta nello sfondo, nel contesto, o, certe volte, la situazione è addirittura invertita: è lo sfondo a essere più ricco, più interessante da indagare.

Questa concettualizzazione, applicata al gruppo, indicherebbe il seguente orientamento: che l’insiemità strutturata del gruppo, considerandola come contesto o come sfondo, sia molto più ricca di informazioni di quanto non lo sia l’espressione di un individuo o l’espressione della singola persona.

Cito Corrao: "L’esperienza di comunanza in gruppo è specificatamente legata al fatto che l’individualità delle persone a poco a poco si attenua o addirittura si dissolve e quindi si percepisce l’insiemità".

Come a dire che a un certo momento, quando nel gruppo si instaura ciò che Corrao definisce ti’ koinón, l’in comune, la persona in quanto tale in qualche modo perde in parte o in tutto la propria individualità di figura e viene in primo piano l’insieme, il collettivo.

Cito ancora Corrao: "Si potrebbe dire che ogni volta che si costituisce un gruppo che desideri individuare l’oggetto della sua percezione o apprensione, l’oggetto messo a fuoco è proprio questa comunanza tra gli elementi che compongono il gruppo, che ha come correlato il fatto di essere orientato verso una finalità, un télos, indicabile come l’obbiettivo o il bisogno di condividere le esperienze (il che spesso è inquietante) di questa relazione tra ciò che si pensa e ciò che si percepisce o viceversa tra ciò che si percepisce e ciò che si pensa. Nella situazione gruppale, l’orizzonte di percezione non è soltanto relativo al mondo convenzionalmente indicato come mondo esterno, mondo della realtà concreta abituale, ma bensì è anche legato al mondo interno, il mondo della realtà, altrettanto concreta, intra-individuale, intra-sub-obbiettiva".

In questo senso la proposta di inversione figura sfondo, cioè individuo gruppo, va considerata come strumento o, se volete, come una chiave di lettura delle dinamiche gruppali, tesa a privilegiare, nella ricerca della comprensione e della acquisizione di conoscenza, il contenuto di informazione dell’insieme rispetto a quello del singolo.

Il pensiero in gruppo quindi è un pensiero multiplo, né sembra azzardato affermare che ogni persona di un gruppo che si trovi nell’assetto ipotizzato in realtà non parla per sé, parla per tutti.

A questo proposito direi che c’è da esaminare il problema della dialettica o della interrelazione tra testo e contesto e vedere di considerare il parlante come un testo che si articola al contesto.

Il contesto è visibile nella misura in cui viene segnalato. Il contesto è invisibile fintantoché non lo si nomina, quando lo si nomina diventa visibile, e diventa più visibile la funzione del parlante se si considera che nel momento in cui sta zitto fa parte del contesto.

La proposta è che il conduttore si metta in gioco per sperimentare assieme agli altri questa oscillazione tra essere contesto e essere testo, cioè parlante; questa oscillazione tra essere visibile e essere invisibile ma nello stesso tempo nominato. Nel momento in cui parla, il conduttore è visibile, non fa parte del gruppo, ma nel momento in cui segnala che se sta zitto fa parte del gruppo, anche per una specie di accordo o convenzione, allora diventa invisibile, per lo meno entro certi limiti, probabilmente diventerà più visibile il parlante successivo, e allora bisognerà ristrutturare il rapporto tra figura e sfondo.

In questo senso sembrerebbe più facile spiegare la ritrosia a prendere la parola, ritrosia che forse può esserci in una situazione di questo genere, non tanto perché si abbia, per esempio, soggezione di assumersi la responsabilità di parlare, ma perché si può avere la sensazione vaga e confusa, ma tuttavia concretamente esistente, che, nel momento in cui la parola circola, la configurazione cambi e allora la responsabilità diventa non più di assumere la parola in contrasto al parlante designato ma qualche cosa di più: cioè si può temere di essere in qualche modo una specie di timoniere che orza la barca, e che però lo spostamento di rotta non sia semplicemente legato alla barca che si governa, ma addirittura alla flottiglia che viene dietro.

Non so se è possibile adesso qua innestare una famosa citazione dell’Eneide usata da Bion e ripresa da Corrao, la citazione riguarda la morte di Palinuro.

Essendo morto il padre di Enea, Anchise, erano stati fatti i funerali e Enea aveva dato l'ordine di reimbarcarsi e riprendere il viaggio. Durante la notte è Palinuro a reggere il timone della barca o nave ammiraglia. A un certo punto compare il dio Sonno che, con le sembianze dell’amico Forbante, gli dice che il mare è calmo e la brezza costante; chiuda pure le stanche palpebre, lui per un po’ lo sostituirà al timone. Ma Palinuro non si lascia ingannare, tenta di respingere la seduzione del dio Sonno e questi, irato, lo afferra e lo scaraventa fuori dalla barca con tanta violenza, specifica Virgilio, che un pezzo della murata si rompe e casca giù.

Nessuno sente le grida di aiuto di Palinuro che annega. Enea percepisce che la nave straorza, si sveglia, si accorge che Palinuro non c’è e va su tutte le furie perché non c’è nessuno alla barra del timone, col rischio che la nave non solo perda la rotta per sé, ma la perda anche per tutte le altre navi che stanno dietro.

Si può interpretare la situazione del mito o del racconto virgiliano in questo senso, che chiunque sia parlante possa sentirsi con le responsabilità di Palinuro. Potrebbe essere metaforicamente evocato qualcosa del genere di quello che capita a Palinuro, cioè a dire che si venga colti dal sonno e si vada a finire a mare.

Il fatto di avere scelto queste due figure, se volete tre: figura-sfondo, visibile-invisibile, testo-contesto, è di uso metaforico, non tecnico, non strumentale, quindi non c’è una correlazione stretta tra la figura del parlante come testo e, un po' per analogia, per similarità, l’udienza come contesto.

Se prendiamo nell’accezione percettiva la distinzione tra figura e sfondo, lo sfondo non si può identificare nella figura nel senso psicologico del termine, sarebbe una contraddizione; se usiamo il termine "identificare" nell’accezione lessicale comune, se consideriamo i punti di contatto e di corrispondenza, allora tutti i limiti della figura sono in contatto con lo sfondo, non se ne può fare a meno, è una correlazione di bordo, diciamo così, i contatti di tutti i contorni della figura sono inerenti al contesto che la sostenta, che la sostiene.

Quindi per esempio assumere che il parlante può percepire la compresenza degli altri attorno a lui o di fronte a lui o con lui, tradotto in termini di testo e contesto non è puntuale. Il modello non è molto rigoroso, però approssimativamente allude al fatto che effettivamente ci siano queste ricezioni, questi flussi comunicazionali.

Allora il contesto sarebbe il gruppo invisibile, il gruppo mentale, cioè immaginario, non reale, non situazionale, vale a dire quello che Bion chiama in assunto di base.

La situazione di laboratorio ideale per l’individuazione e lo studio di questi fenomeni è rappresentata dal microgruppo. Nella condizione microgruppale, la situazione comunicazionale consente di percepire più direttamente gli stati d’animo che spesso non sono espressi verbalmente ma mimicamente.

Si verifica così un assetto dinamico della struttura personale e relazionale per cui molto spesso è come se ci fosse un’inversione di figura-sfondo, in questo senso, se consideriamo l’inconscio come profondo e il conscio in superficie, in una situazione microgruppale accade molto spesso esattamente l’inverso, cioè quello che è inconscio diventa conscio e esprimibile, e quello che era cosciente va in secondo piano.

Se il gruppo si muove emotivamente guidato, in generale c’è proprio una chiara inversione, ci possono essere fenomeni emotivi, anche non verbalizzati, che sopravanzano di gran lunga l’attività del pensiero razionale.

Concluderei così: siamo spesso portati a dire che in ogni personalità, nell’inconscio, ci sono parti psicotiche; e allora, soprattutto nei gruppi terapeutici con psicotici, appare estremamente dimostrativo quanto la dinamica del piccolo gruppo possa essere trasformativa; cioè accade che un individuo, che non è capace di produrre un discorso razionalmente comprensibile se è solo o a due, nella situazione gruppale, resta psicotico com’è, però in verità produce un discorso razionale e comprensibile.

Così anche può accadere che una persona considerata assolutamente razionale, controllata, non pazza, non psicotica, nella situazione di gruppo pazzia, come soleva dire Corrao, anzi una delle regole di procedura del piccolo gruppo, all’inizio, si sa benissimo qual è: che cosa dobbiamo fare? fare un discorso e pazziare un po’ assieme.

Questo non significa che gli individui diventino pazzi! C’è proprio una specie di inversione figura-sfondo.

Quale può essere l’utilità di questo modello?

Per esempio, se c’è un sogno che riguarda il gruppo come oggetto, in realtà non c’è da arrovellarsi su una decifrazione simbolica, alla ricerca di parti manifeste e parti latenti, inconsce; il gruppo in genere lo recepisce e lo utilizza come se fosse in un piano, cioè a dire parti manifeste e parti latenti sono poste su un piano con lo stesso gradiente di informazione, appunto, come dicevo prima, il contesto e il testo hanno lo stesso coefficiente di informazione.

Nella situazione gruppale è una cosa palese, il contesto ha lo stesso valore informativo del testo.

 

Riferimenti bibliografici

 

Douglas R. Hofstadter (1979). Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante. Adelphi Milano, 1984.

Inediti di Francesco Corrao - A cura di Anna Baruzzi e Elena Mobasser - Koinos - Gruppo e Funzione Analitica - Luglio-Dicembre 1995 Anno XVI numero 2 - Borla Roma

Agazarian N., Peters R. (1981), Visible and Invisible Group, Routledge and Kegan Paul London Boston and Henley.

Bion Wilfred R. (1974), Il cambiamento catastrofico, Loescher, 1981.

Segre Cesare, Semiotica filologica, Einaudi Torino, 1979.


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