IL GRUPPO ANALITICO INTERMEDIO

(MEDIAN GROUP)

 

ROCCO A.PISANI

L’Autore illustra i concetti fondamentali di P. de Maré relativi al Gruppo Analitico Intermedio (12 - 30 membri).

Il Gruppo Analitico Intermedio, a metà strada tra il piccolo ed il grande gruppo, proprio per le sue dimensioni maggiori rispetto al piccolo gruppo, rappresenta meglio la comunità e la sua cultura che pone al centro della terapia.

L’obiettivo è trattare il contesto socioculturale in cui l’individuo si origina e si esprime.

Il conflitto intrapsichico, viene considerato soltanto il rovescio della medaglia del conflitto individuo-gruppo.

Il reciproco odio originato dalla struttura più ampia è gradualmente trasformato, attraverso il dialogo, in senso di comunanza, condivisione ed appartenenza alla stessa matrice culturale (Koinonia).

L’Autore riporta la propria esperienza con un Gruppo Analitico Intermedio di pazienti eterogenei da lui condotto nell’Ambulatorio del Dipartimento di Scienze Neurologiche dell’Università degli Studi di Roma "La Sapienza", dal 1991 a tutt’oggi.

Viene fatta in particolare la correlazione tra la matrice culturale della comunità di appartenenza e quella del Gruppo Intermedio.

Prima di parlare del Gruppo Analitico Intermedio (Median Group) debbo premettere alcune nozioni fondamentali relative alla Gruppoanalisi. Mi aiuterò con alcuni schemi in cui cercherò di sintetizzare i concetti nella maniera più semplice possibile.

(Schema 1)

L’individuo è in stretta relazione con il sistema madre-bambino, a sua volta collegato con il sistema della famiglia che è in relazione con il gruppo sociale.

Per dirla con Foulkes (Foulkes S.H, Anthony E.J.) il bambino è determinato dai suoi genitori che sono a loro volta determinati dalla loro famiglia, regione, cultura, religione e nazione. Dal contesto relazionale, cioè, che l’individuo a sua volta contribuisce a creare man mano che cresce.

Lo schema seguente (Schema 2) rappresenta l’interdipendenza tra l’intrapsichico che possiamo far coincidere con la struttura tripartita della mente in Es, Io e SuperIo, l’interpersonale o rete d’interazione, ed il transpersonale o matrice gruppale.

La rete di interazione significa che l’equilibrio individuale intrapsichico è strettamente legato all’equilibrio delle relazioni interpersonali e che ogni rottura o modifica individuale comporta una rottura o modifica dell’intera rete o viceversa.

Matrice gruppale significa che questa rete di comunicazione e di relazione contiene dei contenuti che consistono nel patrimonio biologico e culturale che gli individui hanno in comune.

La rete di interazione è responsabile della psicopatologia individuale.

Il paziente è l’espressione della psicopatologia gruppale, è il portavoce cioè, ed in quanto punto nodale più debole di questa rete finisce per diventare spesso il capro espiatorio.

I meccanismi di difesa in tanto esistono in quanto l’Io deve tenere conto del Super Io (che è una struttura sociale) e della realtà esterna.

Essi sono modelli interattivi sociali appresi fin dalla primissima infanzia.

I sintomi pertanto sono una formazione di compromesso, non solo del conflitto intrapsichico tra l’Es e l’Io, ma prima di tutto del conflitto individuo-gruppo. Il conflitto intrapsichico è il rovescio della medaglia del conflitto individuo-gruppo.

L’individuo non può esprimersi nella relazione gruppale per paura di esser attaccato, punito, emarginato, frammentato e distrutto. Per difendersi ricorre al mascheramento ed alla distorsione e si ritira in un isolamento narcisistico di cui i sintomi sono l’espressione.

Si potrebbe dire che tutto questo ha a che fare anche con la teoria dei sistemi. E’ vero, ma vediamo la differenza.

La gruppoanalisi è una psicoterapia psicoanalitica.

Parliamo di psicoterapia psicoanalitica quando prendiamo in considerazione:

- 1) L’inconscio;

- 2) Il contenuto dell’inconscio: le pulsioni istintuali dell’Es, il rimosso, i meccanismi di difesa per quanto riguarda l’inconscio personale, e gli archetipi per quanto riguarda l’inconscio collettivo;

- 3) L’analisi: tutto il lavoro che viene fatto per rendere conscio l’inconscio e per ottenere il cambiamento.

La psicoanalisi opera su una relazione duale basata sul transfert-controtransfert.

La gruppoanalisi opera invece su una relazione multipersonale basata su un transfert multiplo ma anche su molti altri fattori non transferali più inerenti all’hic et nunc: il rispecchiamento, la risonanza, l’esperienza emotiva correttiva e l’Ego training in action.

La situazione totale di terapia (T) comprende il transfert (t) e tutti gli altri fattori dell’hic et nunc (x).

Schema 3: Psicoterapie psicoanalitiche

 

PSICOTERAPIE PSICOANALITICHE

 

INCONSCIO: PULSIONI ISTINTUALI, RIMOSSO

MECCANISMI DI DIFESA

ARCHETIPI DELL’INCONSCIO COLLETTIVO

 

ANALISI: TUTTO IL LAVORO FATTO

PER RENDER CONSCIO L’INCONSCIO

CAMBIAMENTO

 

PSICOANALISI

 

RELAZIONE DUALE: TRANSFERT - CONTROTRANSFERT

 

 

 

GRUPPOANALISI

 

(PICCOLO GRUPPO DI FOULKES)

(7-8 persone)

RELAZIONE MULTIPERSONALE

T = t + x

t = TRANSFERT MULTIPLO

x = HIC ET NUNC: RISPECCHIAMENTO, RISONANZA,

ESPERIENZA EMOTIVA CORRETTIVA, EGO TRAINING IN ACTION

 

 

La gruppoanalisi è una psicoterapia psicoanalitica fatta da tutto il gruppo, sotto la guida del conduttore, attraverso la comunicazione ed il lavoro di traduzione del significato delle comunicazioni.

Questo lavoro conduce alla maturazione della matrice gruppale che a sua volta genera il cambiamento individuale. La maturazione dell’individuo va ad ulteriore vantaggio della matrice gruppale, in un continuum dinamico e circolare (schema 3).

 

 

 

Vediamo ora che cos’è un gruppo analitico intermedio (Median Group).

Nel 1991 ho deciso di organizzare un gruppo intermedio nell’ambulatorio del Dipartimento di Scienze neurologiche (ex Clinica delle Malattie Nervose e Mentali). Sono stato stimolato dalle nuove idee di Patrick de Maré che rappresentano uno sviluppo significativo della Gruppoanalisi di Foulkes.

Freud in "Psicologia delle Masse ed Analisi dell’Io" (1921) aveva affermato che "una massa primaria è costituita da un certo numero di individui che hanno messo un unico medesimo oggetto al posto dell’ideale dell’Io e si sono identificati gli uni con gli altri nel loro Io"...

"Nella Chiesa, come nell’esercito, vige la medesima illusione in base alla quale esiste un capo supremo (nella Chiesa Cattolica il Cristo, nell’esercito il comandante in capo) che ama di amore uguale tutti i singoli componenti della massa. Tutto risulta subordinato a tale illusione: se venisse lasciata cadere, Chiesa ed Esercito non tarderebbero a disgregarsi".

In entrambe queste masse artificiali ogni singolo individuo è libidicamente legato da un lato al Capo, dall’altro agli altri individui componenti la massa... "Fenomeno fondamentale della psicologia collettiva è l’assenza di libertà del singolo all’interno della massa"...

Già Freud aveva fatto riferimento all’inconscio collettivo ed alle fantasie primordiali che hanno un’origine filogenetica ed appaiono nei miti, nelle fantasie e nei sogni.

Nel Compendio di Psicoanalisi Freud scriveva: "Il sogno mette in rilievo dei contenuti che non possono trarre origine né dalla vita adulta, né dall’infanzia dimenticata del sognatore. Siamo obbligati a considerarli parte della eredità arcaica che il bambino porta con sé quando viene al mondo per influsso di ciò che i suoi progenitori hanno vissuto, prima ancora di avere sperimentato personalmente alcunché. Tracce di questo materiale filogenetico si trovano nelle leggende più antiche dell’umanità oltre che negli usi e costumi che di esse sopravvivono. Il sogno è quindi una fonte non disprezzabile per la conoscenza della storia umana".

E’ stato però Jung che ha ampiamente studiato l’inconscio collettivo e gli archetipi, contenuti universali dello psichismo normale e patologico, che appartengono a tutte le culture ed a tutte le epoche. Nell’inconscio collettivo è contenuta l’eredità filogenetica.

Per Jung (citato da Jacobi) "L’inconscio collettivo, in quanto totalità di tutti gli archetipi, è il deposito di tutte le esperienze umane fino ai più oscuri primordi; non un deposito morto ma sistemi vivi di disposizioni e reazioni che determinano la vita individuale per vie invisibili... è la fonte degli istinti, in quanto gli archetipi non sono altro che le forme di manifestazione degli istinti...".

L’inconscio collettivo, matrice sovrapersonale, in quanto somma illimitata di condizioni psichiche fondamentali accumulate in milioni di anni, possiede un’ampiezza incommensurabile ed una profondità non esplorabile. "E’ l’equivalente interno della creazione dal primo giorno del suo essere e del suo divenire, un cosmo interno di infinità uguale a quella del mondo esterno... L’inconscio collettivo comprende in sé tutti i contenuti dell’esperienza psichica umana, i più positivi come i più negativi... La vita dell’archetipo è senza tempo e senza confini..." (Jacobi).

Per Jung il processo di maturazione ed individuazione è un processo archetipico che implica l’integrazione nella personalità di tutte le parti scisse.

W. Bion è stato uno dei pionieri dell’approccio psicoanalitico alla psicoterapia di gruppo. Bion ha il merito di avere tentato per primo, nel primo esperimento di Northfield, di trattare un gruppo grande, anche se l’esperimento durò in tutto sei settimane.

Come riferisce P. de Maré "Bion considerava il gruppo allargato, da cento a duecento membri, come il tronco principale dell’albero, da cui partire ed esplorare le tensioni dei gruppi di attività più piccoli, una volta che questi fossero stati spinti a riunirsi" (in P. de Maré: "Il Maggiore Bion").

Il contributo fondamentale di Bion sta nell’avere individuato gli assunti di base. Gli assunti rappresentano, a mio avviso, un completamento delle osservazioni di Freud sulle masse. Sono particolarmente evidenti nelle prime fasi e si ripetono specie in momenti di regressione del processo gruppale.

Bion ha individuato nella difesa dall’ansia psicotica individuale di scissione, frammentazione e distruzione una delle spinte basiche alla aggregazione gruppale.

Il concetto di gruppo di lavoro è infine una anticipazione, sia pure approssimativa ed incompleta, di quello di Idiocultura di de Maré (come esposto in seguito).

L’esperienza di Bion, tuttavia, relativa ai gruppi è stata di breve durata. Pur avendo avuto intuizioni sulla dinamica di gruppo, è rimasto ancorato ad un approccio psicoanalitico individuale: il gruppo inteso come bambino da trattare.

 

 

Schema 4: Evoluzione della Gruppoanalisi da Freud a de Maré

FREUD: PSICOLOGIA DELLE MASSE E ANALISI DELL’IO

JUNG: INCONSCIO COLLETTIVO - ARCHETIPI

BION: ASSUNTI DI BASE

FOULKES: MATRICE DI GRUPPO (PICCOLO GRUPPO)

de MARE’: SOCIETA’ (GRUPPO INTERMEDIO)

La gruppoanalisi di S.H. Foulkes (1948) comincia esattamente al punto dove Freud, Jung e Bion si fermarono. Con la costituzione del piccolo gruppo analitico, composto da 7-8 membri, Foulkes struttura un processo di individuazione. Il conduttore inizia una graduale ritirata strategica in un crescendo di decentralizzazione, a vantaggio della libera comunicazione tra i singoli membri (free floating discussion). Gli individui vengono messi cioè in condizione di acquisire una autonomia funzionale svincolata dal capo e dagli altri membri.

 

Schema 5: Gruppo Intermedio

Gruppo Intermedio

- Contesto socio-culturale come oggetto di terapia .

- Conflitto individuo-gruppo di fondamentale importanza.

- Precetti affini a quelli dei piccoli gruppi di Foulkes: faccia a Faccia, unica

fila di sedie in circolo, discussione libera, convenor non direttivo, etc.).

- Trasposizione culturale più che transfert. Focus su hic et nunc: rispecchiamento,

risonanza, esperienza emotiva correttiva, ego training in action.

- Odio primario reciproco trasformato attraverso il dialogo in compartecipazione,

comunione, condivisione (KOINONIA).

 

 

Il gruppo intermedio di de Maré è uno sviluppo del piccolo gruppo analitico di Foulkes e si situa in uno spazio intermedio tra il piccolo ed il grande gruppo, molto più vicino al contesto sociale. Esso ha una dimensione compresa tra i 12-30 membri. I principi sono gli stessi della Gruppoanalisi di Foulkes ma applicati ad un setting più ampio.

Possiamo così riassumere le principali idee di Patrick de Marè (Schema 5):

- il gruppo intermedio pone il gruppo al centro come oggetto della terapia, cosicché la cultura ed i miti sociali (l’inconscio sociale) possano essere compresi in una situazione che si avvicina a quella della comunità;

 

- l’enfasi è molto più "outsight" che sull’"insight";

 

- l’attenzione è volta prevalentemente allo scontro tra individuo e gruppo;

 

- l’obiettivo non è tanto quello di socializzare l’individuo umano, quanto quello di umanizzare il contesto socio-culturale;

 

- il gruppo intermedio segue precetti simili a quelli applicati da Foulkes ai piccoli gruppi:

 

disposizione faccia a faccia in un unico cerchio;

sedute regolari (una o due volte alla settimana, durata un’ora e mezza);

discussione libera (free floating discussion);

4) Il terapeuta non è direttivo e rimane relativamente disimpegnato, evitando di prefissare argomenti e mete da raggiungere. Il suo scopo è quello di mettere le persone in condizioni di dialogare. Il dialogo costituisce il processo trasformativo che converte ciò che non ha senso in comprensione e significato;

 

- nel gruppo intermedio gli aspetti non transferenziali sono molto più ampi in confronto al piccolo gruppo. L’attenzione è rivolta principalmente ai fattori del hic et nunc: rispecchiamento, risonanza, esperienza emotiva correttiva, Ego training in action. Il rispecchiamento (Pines M., 1984) e l’Ego training in action rivestono un’importanza di primo piano;

 

- mentre nel piccolo gruppo il conduttore è una figura transferenziale e la principale proiezione delle figure genitoriali, nel gruppo intermedio l’intero gruppo costituisce la tela sulla quale il Super Io è proiettato. Lo stesso terapeuta sostiene più il ruolo degli individui a livello dell’Io, incoraggiando la libertà di dialogo ed interpretando la natura delle pressioni culturali e sociali;

 

- l’odio primario reciproco generato dal setting più grande è gradualmente trasformato, attraverso il dialogo, in compartecipazione, condivisione, comunione (Koinonia).

 

In sintesi il gruppo intermedio è una microcomunità e quindi una microcultura creata artificialmente, per così dire in "laboratorio", a fini terapeutici.

Il gruppo intermedio spazia dal mondo interno individuale fino alla comunità alla quale l’individuo appartiene. Esso offre un setting adatto a capire i modelli culturali gruppali. Tali modelli trasposti nel gruppo ingrandito si estendono da un modello istintuale pre edipico, ad uno edipico di genitori e fratelli (cultura familiare) fino alla cultura sociale.

Per de Marè "la cultura del gruppo è la mente del gruppo". Le culture sono tre:

 

 

BIOCULTURA: equivale all’Es della mente individuale. È’ costituita dai modelli comportamentali basati sulla fase di sviluppo psicosessuale ampiamente condiviso. Comprende cioè livelli pre edipici ed edipici: orale, anale, fallico e gli archetipi dell’inconscio collettivo;

 

SOCIOCULTURA: equivalente al SuperIo della mente individuale. E’ costituita dalle ideologie, dalla morale, dalle leggi, dai valori, dagli ideali ecc. dominanti. E’ repressiva, frustrante, antilibidica, antiincestuosa;

 

3) IDIOCULTURA: equivalente all’Io della mente individuale. E’ la cultura che coltiva l’affermazione dell’Io e del Sé.

 

Nel gruppo intermedio lo scontro tra la Biocultura e la Sociocultura è trasformato, attraverso il dialogo, nella Idiocultura (Schema 6).

La Idiocultura del gruppo intermedio permette alle pulsioni della Biocultura di essere espresse, ridimensiona le pressioni della Sociocultura e determina il trionfo dell’Io e l’affermazione del Sé. Il gruppo impara a parlare ed a gestire le emozioni suscitate, la qualcosa diventa un esercizio molto attivo per l’Io (ego training in action), che impara come far fronte alle forze repressive ed alle emozioni sollevate. L’Io individuale impara gradualmente come pensare e parlare spontaneamente Le relazioni tra Es e Io da una parte e il Super Io dall’altra si modificano a favore di una maggiore libertà e forza dell’Io.

All’inizio il pericolo dell’attacco persecutorio da parte del gruppo nei confronti dell’individuo e della dissoluzione dell’individuo nella massa dà origine ad un panico di intensità quasi psicotica. La paura di parlare e di perdere l’identità conduce ad un isolamento narcisistico.

Ma se il dialogo procede, l’identità (il Sé) sorge dall’atmosfera Koinonica dell’interazione sociale. Il dialogo incoraggia la caduta dei meccanismi di difesa e la libera espressione individuale. Esso permette il superamento delle barriere narcisistiche individuali nei confronti del mondo esterno.

Il dialogo con l’esterno permette una rielaborazione del dialogo interno. L’individuo arriva a conoscere sé stesso attraverso la reazione che provoca negli altri e l’immagine che gli viene restituita. Aspetti inconsci del Sé vengono scoperti attraverso l’interazione ed il dialogo con gli altri. L’individuo si differenzia attraverso un continuo confronto di somiglianze e differenze con gli altri (Brown D.J., 1986).

La relazione gruppoanalitica si traduce in definitiva in un lavoro di individuazione attraverso il riconoscimento e la ricucitura delle parti scisse del Sé.

 

Il gruppo analitico intermedio pone così la cultura gruppale al centro della terapia. Parliamo di cultura ogni volta che ci riferiamo agli usi, costumi, tradizioni, folklore, miti, religione, credenze, superstizioni e così via.

I miei pazienti provengono tutti dall’Italia centromeridionale.

Al 7° Simposio Europeo in Gruppoanalisi, Oxford 1987, nella mia relazione concludevo dicendo: "I costumi, i riti e le tradizioni dell’Italia centro meridionale sono basati su alcuni temi principali come quello della fertilità e della impotenza. La figura dominante tuttavia nei riti, nelle cerimonie religiose e nelle immagini iconografiche è la madre sentita come onnipotente ed iperprotettiva". Conclusioni ricavate dalle ricerche di antropologi culturali (De Martino E., Lombardi Satriani L. etc.).

All’8° Simposio Europeo in Gruppoanalisi, Oxford 1990, ho approfondito il tema (Pisani R.A., 1993).

In Italia centromeridionale molti riti sono basati sulla magia e la stregoneria. Le streghe sono considerate le amanti del demonio, terribili, infanticide ed omicide. A Benevento, ad es., il Sabba è la riunione delle streghe che, si dice, danzano e banchettano con bambini, gatti morti, ecc.

Sempre a Benevento le janare sono considerate responsabili delle deformità prodotte nei bambini da esse toccati (Lombardi Satriani L., Foglia S.).

In Basilicata a lungo il tema dominante è stato quello della fascinazione, uno stato di condizionamento fisico e psichico. Ogni parte del corpo femminile veniva considerato fascinatorio: ad es. i peli del pube ed il sangue mestruale erano ritenuti capaci di condizionare l’attività sessuale maschile (De Martino E.).

In Albano (Basilicata), fino a pochi decenni fa, si parlava di "Maciare", personaggi femminili che si divertivano a legare, cioè dominare, i dormienti (De Martino E.).

La stregoneria ha una struttura matriarcale: si tramanda di madre in figlia.

In Sardegna un tipico rito esorcistico è il ballo dell’Argia, ragno nero di sesso femminile. La vittima è sempre un maschio. Le Argie sarebbero anime cattive, condannate che trasferiscono la propria pena sulla persona colpita. Chi viene punto viene posseduto dall’Argia, balla e personifica ritualmente la propria Argia particolare: la nubile, la fidanzata, la sposa, la vedova, ecc. Il rituale ha lo scopo di individuare il tipo di Argia e placarla assecondandone le richieste (Gallini C.).

Per Jung il ragno è la rappresentazione archetipica della madre terribile che divora i bambini.

Nell’Italia centromeridionale la figura dominante è la madre, spesso sentita come arcaica, cioè nutrice onnipotente ed iperprotettiva, ma anche maligna e divorante. La relazione madre bambino si basa sul dare cibo, calore e protezione da parte della madre e sulla devozione da parte del bambino verso la madre. E’ un legame ambivalente, potenzialmente distruttivo: amore e devozione per il cibo ricevuto ed odio per la dipendenza.

Al livello più profondo della Matrice culturale dell’Italia centromeridionale l’archetipo della Grande madre primordiale ha un ruolo molto importante.

La Grande Madre appare nella versione positiva come madre buona che nutre i bambini (per es. la Vergine Maria) e nella versione negativa come strega che uccide i bambini o come ragno che tesse la tela per catturare e divorare.

L’archetipo del Grande Padre positivo che aiuta il bambino a separarsi dalla madre è spesso secondario o assente (oppure è addirittura distruttivo).

La maggior parte dei riti di esorcismo sembrano diretti alla protezione di danni causati magicamente da streghe, fattucchiere e fascinatrici. Forse è molto significativo che molti di questi riti esorcistici siano basati su oggetti di simbolo fallico come chiavi, chiodi, corna, ecc. o su gesti come toccare i testicoli, o spargere sale, che è simbolo di sperma.

La dipendenza dalla madre profondamente radicata nella cultura dell’Italia centromeridionale, esprime due aspetti: la paura di separazione e perdita e quella della fusione divorante. L’angoscia di separazione è percepita come panico e frammentazione, l’angoscia fusionale come assimilazione ed annullamento.

L’angoscia fusionale riguarda l’aspetto negativo e aggressivo dell’archetipo della Grande Madre che è espresso sotto forma della strega che divora i bambini.

Le circostanze che favoriscono l’emergenza dell’aspetto negativo e aggressivo della madre sono le continue richieste, il "succhiare", il caricare ogni genere di peso sulla donna. La predazione, spesso senza compenso, determina l’insofferenza della madre, che, stanca, si mostra nel suo aspetto negativo.

La donna è così sperimentata come un oggetto diabolico, un pericolo da esorcizzare. In ogni donna viene temuta la madre onnipotente ed invasiva.

L’attacco contro la donna è collegato alla paura dell’uomo di essere privato della sua virilità, reso passivo, schiacciato e femminilizzato.

La possessività per il bambino maschio è all’origine della sua passività e per la bambina di un circolo vizioso prima di masochistica sottomissione e poi di identificazione sadica.

La donna madre rende il bambino passivo e questi, per difendersi dalla passività, tenterà successivamente di passivizzare la donna rendendola succuba.

La donna succuba del padre e del marito diviene incuba del figlio con una possessività chiamata "amore materno".

Questo circolo vizioso (vedi schemi) è all’origine del conflitto tra i sessi ed appartiene alla matrice gruppale come è chiaramente espresso da riti, cerimonie, ecc.

 

La relazione primaria madre bambino, che caratterizza il contesto culturale, è il tema comune del mio Gruppo Intermedio. Le ansie di separazione e quelle fusionali sono opposte al bisogno di emancipazione ed individuazione. Lo scontro tra i sessi ed il problema dell’identità maschile e femminile emergono come tema culturale.

Il gruppo intermedio da me condotto è formato da 18-20 pazienti in media. E’ un gruppo semi aperto. L’età media dei partecipanti è compresa tra i 22 e i 40 anni ed il livello di istruzione scolastica varia dalle scuole elementari alla laurea. Molti sono tuttavia studenti universitari.

Il gruppo è socialmente eterogeneo; include operai, infermieri, studenti, impiegati, casalinghe e laureati, ed è pertanto molto vicino al contesto sociale.

La selezione dei pazienti è fatta in un preliminare gruppo di prova e si basa sulla capacità di insight-outsight e sulla motivazione alla terapia.

Trattasi di pazienti nevrotici (ansia, depressione, fobie, allarme ipocondriaco, idee ossessive etc.), psicosomatici (emicrania, alopecia, psoriasi, disturbi sessuali etc.), borderline e psicotici con una relativamente buona strutturazione dell’Io.

La frequenza delle sedute è una alla settimana della durata di un’ora e mezza.

(Materiale clinico omesso)

Conclusioni

 

Per concludere la dipendenza dalla madre, così profondamente radicata nella cultura dell’Italia meridionale, è espressa sotto forma di paura di separazione e di perdita e sotto forma di fusione divorante.

L’angoscia fusionale riguarda l’aspetto negativo ed aggressivo dell’Archetipo della Grande Madre, espresso sotto forma di strega che divora i bambini.

Nel gruppo intermedio lo scontro tra i sessi ed il problema dell’identità maschile e femminile emergono come tema culturale gruppale. Essi sono strettamente collegati con l’angoscia di separazione e di fusione e con quello di identità personale.

Le sedute mostrano come il gruppo è impegnato nel superamento delle barriere e dell’isolamento narcisistico per raggiungere una migliore identità personale e sessuale.

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