Pionieri o emigranti? In viaggio con la psicoanalisi nelle terre di confine ...


La psicoanalisi nelle terre di confine
Tra psiche e cervello

Raffaello Cortina Editore, Milano, marzo 2009

Ultimo aggiornamento: 25/02/2014

 

Cavarsela alla meno peggio

 

Quel che si apre oggi fra noi è la possibilità di un incontro, se con questa parola vogliamo intendere non un fugace contatto in cui ciascuno si pone come un frettoloso turista rispetto al mondo dell’altro, ma come l’inizio di un processo che tutti i partecipanti dell’incontro, pur se in misura e con modalità diverse, alimentano e da cui tutti hanno la possibilità, ciascuno a suo modo, di esserne trasformato. Ogni ‘vero’ incontro è quel momento in cui per ciascuno si decide dei modi, più estesi o più circoscritti, della propria esistenza futura, è quel momento sospeso fra la tentazione nostalgica di persistere nel già - noto e la sfida lanciata dall’ignoto e raccolta dalla propria curiosità.
[Diego Napolitani, 1986]

 

 

Imbattersi in qualcuno o in qualcosa, fare contatto, innamorarsi è sempre un brutto affare – ci ricorda Wilfred R. Bion, nel suo linguaggio immaginifico. Lo studio della mente ci ha affascinato da sempre: la psichiatria e la psicologia, la psicoanalisi, e poi ancora la psicosomatica e le neuroscienze sono state via via esperienze di incontro che hanno provocato cambiamenti catastrofici e stravolto la tranquilla continuità della nostra esistenza intellettuale ed emotiva: ci hanno complicato la vita, ogni volta spingendoci a cercare di arrangiarci alla meno peggio – ma anche insieme a sentirci grati per la percezione di un arricchimento, testimonianza di un nostro sforzo di rimanere mentalmente vivi, come ancora Bion ci raccomandava ...

Con La  psicoanalisi nelle terre di confine. vorremmo trasmettere al lettore l'affascinata meraviglia che l’ultimo di questi incontri, quello con le neuroscienze, ci ha lasciato e insieme la complessità di un intrigo concettuale che ci prende e al quale tentiamo di costruire risposte, per provvisorie che siano: che cosa vuol dire essere psicoanalisti oggi, occuparci della questione psicosomatica, immaginare o proporre una funzione terapeutica per i nostri pazienti? che cosa possiamo e dobbiamo salvare come lascito sostanziale e prezioso dell'intuizione psicoanalitica e che cosa dobbiamo accogliere e integrare dalla miriade di suggerimenti che le scoperte neuroscientifiche ci propongono a ritmo serrato? come possiamo costruire una cornice metodologica per rimanere aperti alle mille sollecitazioni dell'interdisciplinarietà senza esserne soffocati o cadere nella facile e confortevole lusinga dell'eclettismo? come possiamo cavarcela, in altre parole, in questo brutto affare in cui ci siamo trovati a vivere?

Lo stimolo lontano e insistente a questo impegno ci perveniva quotidianamente dalla riflessione sul lavoro psicoanalitico e dalla consapevolezza che mutamenti culturali e sociali importanti imponevano una revisione profonda dei modelli di funzionamento dell’operare psicoterapeutico che andavamo praticando e nei cui confronti ci sentivamo sempre più inquieti. La disponibilità e la frequentazione di Internet e l’accesso diretto alla cornucopia della letteratura internazionale consentito dalla consultazione delle banche dati ci inducevano d’altra parte a sentire che un tale ripensamento non poteva avvenire all'interno chiuso del mondo psicoanalitico tradizionale, ma invece a contatto con altre dimensioni disciplinari che indagano la natura del funzionamento umano, a cominciare dalle rivoluzionarie e sorprendenti acquisizioni delle neuroscienze ma anche senza trascurare le nuove epistemologie della fisica, le teorie della complessità e del caos, la provocazione delle culture orientali della meditazione. Pensavamo alla necessità di una revisione dell'impianto stesso della teoria psicoterapeutica psicodinamica, che scherzosamente definivamo come la necessità di fare un buon debugging  della psicoanalisi, così come lo si fa – prima e dopo la sua immissione sul mercato – di ogni software o applicativo informatico; in tal senso, per esempio, ci eravamo interrogati sulle basi teoriche e tecniche della cosiddetta psicoterapia online [1] ...

Ma siamo molto grati ai nostri studenti, alla loro generosa capacità di intrigarci e questionarci con la loro curiosità e le loro proposte di ricerca – sollecitate da una metodologia di insegnamento cooperativa improntata al lasciar scalpitare i cavalli selvatici – per esserci alla fine decisi – per averci, in un certo senso, costretto – a percorrere i camminamenti spesso accidentati e qualche volta vertiginosi delle terre di confine.

 

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Un itinerario impervio – ce ne accorgemmo rapidamente – nello stile di Avventure nel mondo: non un comodo viaggio organizzato e senza troppi imprevisti, come le tante Alpitour preconfezionate che ci era spesso sembrato di percorrere leggendo di psicoanalisi. Avventurarci per le terre di confine consultando sullo schermo dei nostri computer le tante riviste specialistiche del cui full-text disponevamo o leggendo i vari libri ormai disponibili in formato e-book si rivelò fin da subito impresa assai ardua, a contatto con epistemologie della ricerca, metodi di indagine e linguaggi espositivi molto lontani dalla nostra specifica formazione di base psicoanalitica: uno sforzo, però, sostenuto e premiato dal grande interesse per le scoperte e le ipotesi che la letteratura internazionale aveva cominciato ad offrirci; in un susseguirsi di acquisizioni e di ipotesi sul funzionamento mentale così frenetico ed entusiasmante che presto tememmo di essere finiti in una sorta di condizione di addiction

Dopo un primo periodo di affascinata confusione, pian piano, però, l‘esperienza che stavamo vivendo cominciò a sedimentare alcune direttrici di organizzazione del lavoro e a suggerirci prospettive di metodo su come proseguire la ricerca:

Ø  Innanzi tutto la necessità di mettere a fuoco un tipo di studi che ci offrissero sintesi intermedie e di livello medio - alto: la granularità degli studi di base – in particolare quando impiegano tecniche raffinate di biologia molecolare o di elettrofisiologia o di ibridazione genetica o simili – si rivelava decisamente poco percorribile ed anche scarsamente suggestiva: del resto non stava a noi cimentarci direttamente con le prime risultanze della ricerca di base. Dovevamo, cioè, cercare di connetterci con visioni più complessive della ricerca neuroscientifica, che fossero direttamente correlabili con i nostri modelli e le nostre concettualizzazioni psicologiche, a un livello di astrazione inevitabilmente più alto.

Ø  In secondo luogo, la presa d’atto che il nostro itinerario non poteva essere lineare, ma che invece inevitabilmente procedeva in modo imprevedibile, pur nell’ambito di alcuni grandi temi che avevano selettivamente sollecitato il nostro interesse (l’emozione, la cognizione sociale, le applicazioni delle neuroscienze all’etica ed alla decisionalità, la psicoterapia come terapia biologica, etc.): lasciandoci provocare e colpire da quello che in merito andavamo leggendo, ma senza aver preliminarmente organizzato una sistematica ricerca mirata, e quindi senza alcuna agenda predeterminata. E si trattava di accettare, contestualmente, la consapevolezza che andavamo così tralasciando argomenti importanti – come la memoria e il sogno e il linguaggio – che avrebbero invece meritato, essi pure, di essere studiati con attenzione e in profondità …

Ø  Da ultimo, la riflessione che l’esperienza che andavamo conducendo – prima come docenti poi come curatori del volume online che decidemmo di preparare e da ultimo nella stesura di questo testo – suggeriva il senso di una complessa dialettica nell’incontrarsi delle nostre due diverse formazioni di base, medica in un caso (S. A. M.) e psicologica nell’altro (B. C.): gli interessi, ma anche le difficoltà che andavamo sperimentando, potevano anche rivelarsi non del tutto allineati e non sempre facilmente componibili (a tratti, per esempio, l’entusiasmo di uno di noi due si scontrava con le perplessità dell’altro), del che occorreva tener conto nel cercare di rendere le nostre esplorazioni fruibili e ripetibili.

Abbiamo così deciso di limitarci a provare a trascrivere nel modo più semplice possibile i nostri appunti di viaggio, consapevoli di un’inevitabile ingenuità all’occhio dell’eventuale lettore di formazione neuroscientifica; di rendere disponibili in forma di citazione (e non invece, come per lo più si usa, di parafrasi riassuntiva) i brani più rilevanti delle fonti stesse che ci avevano ispirato (in particolare tutte le volte che si trattava di studi attinti al ricco potenziale delle banche-dati anglofone [2]); di offrire insomma, per quanto ci saremmo riusciti, la possibilità di un’esperienza diretta e non mediata. E di fronte al risultato inevitabilmente ipertestuale della nostra ricerca, articolata in numerosi spunti e rimandi e digressioni, abbiamo cercato di mante­nerne la genuinità con un testo intercalato da alcuni box e completato da numerose note a piè di pagina  [3].

 

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Il viaggio inizia nell’autunno del 2000 con il corso di Psicosomatica alla Facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino (http://www.sicap.it/merciai/psicosomatica) e una prima tappa fu nel 2005 quando, accogliendo le amichevoli sollecitazioni di Marco Longo, il benemerito fondatore ed editore di Psychomedia, accettammo di condensare l’esperienza di quegli anni di insegnamento curando la pubblicazione di un testo online, di un libro dunque che potesse essere aperto al contributo ed alla discussione dei lettori nonché facilmente aggiornabile (http://www.psychomedia.it/pm-books/merciai/volume.pdf): un solo capitolo era direttamente frutto del nostro lavoro di autori, mentre gli altri interventi erano opera dei nostri studenti (più una lezione che avevamo chiesto ad un collega nell’ambito del corso e che riproducevamo con poche variazioni); i temi toccavano, oltre che le neuroscienze, anche la fisica moderna, la medicina naturale, il rapporto mente-corpo anche alla luce di epistemologie di derivazione orientale. Alla ricerca di un titolo per quel lavoro, ci tornarono alla mente le parole – molti anni fa – di Diego Napolitani, quando parlava delle differenze tra il viaggio dei pionieri, improntato all'avventura della curiosità, e quello degli emigranti, costretti dalla necessità, e ci chiedemmo in quale tipo di itinerario ci avessero condotto le nostre incursioni sulle terre di confine: se al di là dei confini della psicoanalisi o sull'avamposto delle sue frontiere che avanzano, se fossimo stati dunque più spinti dall'amore per la psicoanalisi o dalla fascinazione luccicante dell'innovazione scientifica. Tra mille dubbi e incertezze, ci siamo risposti che il nostro viaggio con la psicoanalisi ci pareva sostenuto dalla necessità di fare i conti con una serie di provocazioni scientifiche e culturali che ne questionano l'intero edificio concettuale e conseguentemente la nostra modalità stessa di essere e sentirci terapeuti, secondo direttrici – sì, certo – radicalmente innovative rispetto a quelle su cui si era compiuta la nostra formazione, ma che non per questo ci sentivamo di aver abbandonato o tradito le nostre radici. Ci pareva che sentirci ed essere psicoanalisti, continuare ad amare la disciplina e la filosofia di pensiero inventata da Freud potesse voler dire continuare a confrontarci liberamente con ciò che ci perturba e ci appare poco comprensibile, secondo le vigorose parole di incitamento alla ricerca personale che costituiscono il testamento di Wilfred R. Bion:

Se l'intuizione psicoanalitica non ci fornirà un campo per fare scalpitare gli asini selvaggi, dove potremmo trovare uno zoo che preservi la specie? E d'altro canto, se l'ambiente è tolle­rante, cosa avverrà dei "grandi cacciatori" che giacciono là, non ancora rivelati o nuova­mente sepolti? [Wilfred R. Bion, 1975, pag. 5]

 

Gli psicoanalisti studieranno la mente vivente? O l'autorità di Freud verrà adoperata come deterrente, una barriera frapposta allo studio delle persone? Il rivoluzionario diventa rispet­tabile – una barriera contro la rivoluzione. L'invasione dell'animale da parte di un seme ov­vero l'anticipazione di un mezzo per pensare accuratamente costituisce un'offesa per i sen­timenti già posseduti. Questa guerra non è ancora terminata. [Wilfred R. Bion, 1979, pag. 247]

 

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Il clima accogliente e stimolante della Facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi della Valle d’Aosta ci permise di riprendere e continuare il viaggio: così due anni dopo, nel 2007, pubblicammo una seconda edizione del volume [4] , ancora in formato elettronico in stretta sintonia con le prospettive della nuova cultura scientifica che Internet stava diffondendo nel mondo [5]: conservammo l’impianto dei capitoli originari, pressoché tutti riscritti ed aggiornati, ed aggiungemmo nuovi contributi (sulle tecniche di imaging, sull’attaccamento, sulla prospettiva junghiana dell’incontro con le neuroscienze). Il testo che così presentavamo al nostro lettore virtuale accentuava la dimensione di polifonia già presente nella prima edizione: d’altra parte non avevamo inteso il nostro lavoro di curatori nel senso di direttori d’orchestra e non ci eravamo quindi minimamente preoccupati che stonature fossero presenti tra i diversi lavori; le posizioni che avevamo raccolto erano certamente a tratti discordanti tra loro, ma questo ci era sembrato il modo migliore di curare un volume aperto sulle frontiere del sapere e quindi sulle sue incongruenze ed incertezze. La stessa titolazione di nume­rosi contributi – Cavarsela alla meno peggio, Il mosaico del tutto, La scienza del dubbio – rimandava allo stato di necessaria inconclusività delle numerose domande che il libro intendeva sollecitare a fronte della scarsità e dell’incertezza delle risposte che provava a suggerire.

Mancava però l’aggiornamento del nostro capitolo, che nei due anni dal 2005 al 2007 era molto cresciuto e aveva assunto le dimensioni di un libro a sé … Ne parlammo con Franco Del Corno e la sua amichevole ostinazione nel credere alle possibilità che il nostro contributo potesse avere un sia pur piccolo ruolo nel panorama dell’editoria specialistica dell’argomento ci portò alla decisione di una pubblicazione a sé, questa volta nella tradizionale forma cartacea del libro classico. Così il libro è andato incontro a una nuova stesura, man mano che il nostro viaggio continuava, con ripetuti rimaneggiamenti e aggiornamenti fino alla data di chiusura prestabilita (5 ottobre 2008 [6]).

Ce ne congediamo dunque, affidandolo al lettore, con un misto di tenerezza e di rammarico – per le mille cose tralasciate o che andavano meglio illustrate, meglio articolate, meglio approfondite. Intanto i nuovi libri e articoli che popolano le nostre scrivanie elettroniche, gli studenti che ci aspettano a lezione e i pazienti che ci coinvolgono nei loro percorsi ci ricordano che il viaggio non può essere interrotto …


[1] Internet – Una sfida, in Psiche, 1998, 1, pagg. 161-166, reperibile a http://www.sicap.it/merciai/internet-psa/it/sfida.htm e Psicoterapia online: un vestito su misura, in @psychotherapy, a cura di Tonino Cantelmi, Simonetta Putti e Massimo Talli, Edizioni Universitarie Romane, Roma, 2001, pagg. 113-186, reperibile all’indirizzo http://www.psychomedia.it/pm/pit/olpsy/merciai.htm.

[2] Sono strumenti – pensavamo – ancora poco praticati dal professionista non impegnato nel lavoro di ricerca e spesso resi mal utilizzabili dall’italica scarsa propensione alla lingua franca dell’aggiornamento, l’anglo-americano …

[3] I box – crediamo – potrebbero anche essere saltati senza che questo faccia venir meno la comprensione e la successione logica del testo; non così le note, che sono spesso precisazioni e specificazioni importanti. Ci consola, come ricorda Ramachandran, che Sacks sostenga che un vero libro è nelle note

[4] All’indirizzo http://www.sicap.it/merciai/psicosomatica/badjob/updates.htm.

[5] Ci riferiamo qui all’atmosfera descritta con il malcerto alone semantico del termine di Web 2.0, dal quale recentemente è stato tratto per analogia quello di Science 2.0, per indicare una concezione della scienza fondata sullo scambio e sulla discussione, quindi sulla comunicazione di risultati e metodi e idee che superi la privatezza delle testate scientifiche a pagamento verso la prospettiva di riviste peer-reviewed gratuite e liberamente accessibili (come nell’esempio della PLoS, Public Library of Science On-Line Edition o dell’OpenWetWare Project al Massachusetts Institute of Technology per non parlare, ovviamente, di Wikipedia) che cercano di sostituire la cooperazione alla competizione

[6] In realtà, qualche ulteriore modesto aggiornamento ci è stato consentito fino alla correzione delle prime bozze, alla fine del gennaio 2009.

 


© Silvio A. Merciai e Beatrice Cannella, 2005-2010